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Bancassurance danni, nuova frontiera del mercato assicurativo?

Gli ultimi anni hanno visto in crescita il mercato vita a scapito del danni: le banche, che sono leader nel primo, si affacciano con interesse nel secondo. Innovazione e rete agenziale sono i punti di forza con i quali le compagnie possono difendere per proprie quote di mercato

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I dati indicano la via. C’è grande spazio in Italia: un Paese sotto-assicurato (rispetto agli altri europei) nel mercato danni, dove, al di là dell’assicurazione auto (obbligatoria) le altre forme di tutela trovano poco spazio. Si tratta di una grande opportunità, ma anche di un ambito cui guarderanno sempre di più le banche. Negli ultimi 10 anni (2008-2017) la raccolta premi del business vita è quasi raddoppiata, passando da 56 a circa 100 miliardi di euro, mentre quella danni si è ridotta di circa il 25%, diminuendo dai 40 del 2008 ai 30 miliardi del 2017. Questi dati assumono ancora più significato se si considera che i tre quarti del business vita è ormai realizzato dalle banche, la cui incidenza nel totale raccolta premi in questo segmento è salita nel tempo dal 50% del 2008 al 75% di oggi. Di fronte a tale scenario, le compagnie assicurative si sono negli ultimi anni attrezzate per recuperare o mantenere le proprie quote nel mercato vita. 
Ciò tuttavia può sottendere un rischio: quello di trascurare il mercato danni. Un atteggiamento che sarebbe molto negativo se si considera che le banche, che già primeggiano nel vita, prevedono di presidiare sempre più anche il mercato danni. Intesa Sanpaolo nel suo ultimo piano industriale (2018-2021) si è data l’obiettivo di quintuplicare il fatturato nella bancassurance danni, e ciò escludendo l’assicurazione sull’auto. Le stesse Poste Italiane hanno dichiarato nel loro piano industriale (2018-2022) di voler incrementare sensibilmente la propria raccolta premi danni, comprendendo nell’offerta anche l’auto. 

Valorizzare le peculiarità dell’assicurazione 
Le compagnie sono consapevoli che la competizione nel mercato danni è destinata a intensificarsi in modo presumibilmente anche significativo? Che cosa fare quindi? La risposta va ricercata nelle peculiarità dell’organizzazione di una compagnia assicurativa rispetto a quella della banca. Occorre valorizzare i tradizionali punti di forza del settore: presenza territoriale capillare grazie a una rete distributiva agenziale che, ben guidata, può anche esprimere un elevato grip commerciale se supportata attraverso nuovi e adeguati modelli organizzativi e di servizio. Innanzitutto il cambiamento deve avvenire sui prodotti, che devono essere più innovativi: le compagnie assicurative, essendo specialiste del settore per tradizione rispetto alle banche, hanno più competenze sia tecniche che sui meccanismi di pricing e sono quindi meglio attrezzate per realizzare operazioni di innovazione della gamma prodotti e servizi. A tutto ciò sarebbe poi utile che corrispondesse anche l’introduzione di modelli di relazione con la clientela basati sul paradigma consulenziale, come già stanno facendo peraltro le banche. Si tratta di una nuova visione, un approccio cliente-centrico che si focalizza sulla tutela del cliente, della sua persona e di quella dei suoi familiari, del suo lavoro e del suo patrimonio. Il sentiero è tracciato e il gioco si farà più sfidante: vedremo chi riuscirà meglio ad approfittarne.

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