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La difficile circolazione dei beni donati

La tutela della “legittima” prevista dal nostro ordinamento determina di fatto un blocco alla circolazione degli immobili di provenienza donativa. Ad oggi l’unica alternativa per tutelarsi risiede in una specifica polizza assicurativa

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Come noto, la legge riserva a favore del coniuge, dei figli e degli ascendenti del defunto (c.d. legittimari) una quota di eredità (c.d. legittima) che non può essere oggetto di disposizione da parte del de cuius.
Per determinare l’ammontare della quota di cui il defunto poteva disporre (e, dunque, per accertare se vi sia stata una lesione della legittima) occorre procedere, ai sensi dell’art. 556 del Codice Civile, alla riunione fittizia di tutti i beni che appartenevano al defunto al tempo della sua morte (c.d. relictum), sottrarre i debiti e aggiungere (il valore de) i beni di cui sia stato disposto a titolo di donazione.
Qualora, così determinata la massa ereditaria, l’erede legittimo accerti l’avvenuta lesione della propria quota di legittima, potrà esperire la c.d. azione di riduzione (e successiva restituzione) volta a reintegrare la propria quota mediante, appunto, la riduzione, in tutto o in parte, delle attribuzioni fatte dal defunto sino alla misura necessaria alla reintegra del diritto leso.

Vincolati alla donazione
La sopradescritta azione è esperibile, entro dieci anni dall’apertura della successione), nei confronti dei beneficiari delle disposizioni testamentarie e, qualora la quota di legittima non sia ancora reintegrata, anche nei confronti dei beneficiari delle donazioni compiute in vita dal defunto.
Se i donatari, contro i quali è stata pronunziata la riduzione hanno nel frattempo alienato a terzi il bene ricevuto in donazione, il legittimario, premessa l’escussione dei beni del donatario, può chiedere ai successivi acquirenti la restituzione del bene (ovvero, a scelta di quest’ultimo, il pagamento dell’equivalente in denaro).
La sopradescritta disciplina si pone come un freno alla circolazione di tutti quei beni che abbiano una provenienza donativa posto che anche chi abbia acquistato a titolo oneroso potrebbe trovarsi esposto all’azione di restituzione qualora l’originario donante abbia leso la quota di legittima e il donatario sia incapiente e quindi impossibilitato a reintegrare la quota.
L’unico limite alla tutela del legittimario è legato al decorso del tempo. Infatti, salvo che il coniuge e i parenti in linea retta del donante notifichino e trascrivano un atto di opposizione alla donazione, l’azione contro gli aventi causa dai donatari soggetti a riduzione potrà essere esperita entro il termine di venti anni dalla trascrizione della donazione.

Manca una via d'uscita giuridica
Nella prassi si sono ideati molteplici strumenti volti ad attenuare o cercare di superare la predetta disciplina e gli indubbi effetti negativi sulla circolazione dei beni di provenienza donativa.
In taluni casi si è ipotizzato, prima di alienare l’immobile, di procedere a una risoluzione per mutuo consenso della precedente donazione. Una simile ipotesi, tuttavia, da un lato presuppone l’esistenza in vita del donante, dall’altro non considera la circostanza che la risoluzione della donazione, oltre a essere un istituto sconosciuto al nostro ordinamento, ha i caratteri di una nuova donazione (si tratta infatti di un ri-trasferimento a titolo gratuito del bene) e, dunque, non sfugge alla disciplina sopra richiamata.
Una seconda soluzione potrebbe essere la rinuncia da parte dei legittimari all’azione di riduzione. Tale ipotesi, tuttavia, da un lato dovrebbe presupporre che il donante sia già defunto (pare difficile ipotizzare la legittimità di un’azione di riduzione allorquando non si sia ancora aperta la successione), dall’altro non tiene conto della presenza di eventuali legittimari che dovessero palesarsi in data successiva all’atto (si pensi all’ipotesi del figlio che rivendichi e veda riconosciuto tale status in data successiva al decesso del padre ovvero all’alienazione dell’immobile).
Una terza soluzione prevedrebbe il rilascio da parte del donatario di una fideiussione a favore dell’acquirente. In tale ipotesi, tuttavia, la fideiussione personale non avrebbe ragione d’essere, posto che l’azione contro gli aventi causa dai donatari presuppone l’incapienza di questi ultimi, mentre la fideiussione bancaria potrebbe essere dichiarata nulla per illiceità della causa ex art. 1344 C.C. (Trib. Mantova, 24 febbraio 2011).

Il ricorso alla polizza assicurativa
L’unica soluzione in grado di dare certezza e garanzia è senza dubbio rappresentata dalla sottoscrizione di una specifica polizza assicurativa. Si tratta di prodotti innovativi proposti da diverse compagnie volte proprio a coprire il rischio riduzione e, dunque, a ristorare l’assicurato (avente causa dal donatario o successivo acquirente) dall’esborso economico che dovrebbe sostenere per liberarsi dall’obbligo di restituire in natura l’immobile acquistato a seguito dell’esperimento dell’azione di riduzione e restituzione. Tale polizza assicurativa può essere stipulata sia nel momento in cui viene perfezionata la donazione dell’immobile, sia al momento dell’acquisto da parte di un terzo avente causa dal donatario. Allo stesso modo può contrarre la polizza sia il donante in occasione della donazione (per attribuire, in tale modo, un ulteriore vantaggio al donatario) sia il donatario in occasione della donazione o in un momento a essa posteriore (per dotarsi di uno strumento che favorisca la successiva commerciabilità del bene) sia il terzo acquirente in occasione dell’acquisto del bene immobile per garantirsi dai rischi di cui sopra.

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