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Inizio anno sprint per la legislazione sanitaria

Con l’inizio del 2017 si concretizzano due attesi provvedimenti legislativi che modificheranno lo status quo della responsabilità sanitaria e dell’accesso alle prestazioni assistenziali garantite. E la loro introduzione può servire da benchmark sull’efficienza delle strutture

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Se l’anno 2016 si è chiuso con tante aspettative per le auspicate riforme sanitarie e con qualche timore per le incertezze sui loro impatti, il 2017 si apre con la conferma di un cambio di passo rispetto al passato.
Riprendendo infatti le fila dello stato dell’arte del cantiere sanità, confermiamo che i due principali provvedimenti legislativi che intendono riformare in modo sostanziale l’attuale sistema sanitario hanno avuto un’accelerazione importante nelle ultime settimane. Infatti in data 13 dicembre 2016, dopo oltre 15 anni, sono stati approvati i nuovi Lea  (Livelli essenziali assistenza) che ora attendono solo il visto della Corte dei Conti per essere pubblicati in Gazzetta Ufficiale. Inoltre, lo scorso 17 gennaio, il Senato ha dato l’ok al disegno di legge, già approvato dalla Camera dei Deputati, che reca Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie (noto come il ddl Gelli). È attesa la conversione in legge di quest’ultimo nel corso del mese di febbraio.
La sostanziale simultaneità dei due provvedimenti normativi impone una riflessione sul comune contesto di partenza per tentare di identificare gli impatti di breve e medio periodo sul sistema sanitario e su quelli ad esso connessi (mondo assicurativo in primis, sia per la copertura della responsabilità civile di operatori e strutture sanitarie sia per l’offerta di coperture sanitarie integrative).

UNA RISPOSTA ALLE DIFFICOLTÀ DEL SSN
Il contesto di riferimento è piuttosto complesso e caratterizzato da difficoltà ormai consolidate, cui i due provvedimenti vorrebbero tentare di dare risposta. In primo luogo, un tessuto sociale sempre più logorato dal perdurare di difficoltà economiche e tensioni sociali, l’invecchiamento progressivo della popolazione ele conseguenti implicazioni sull’esigenza di assistenza sanitaria erogata dal Ssn, le situazioni emergenziali per la salute dei cittadini (siano esse dovute o no a calamità naturali), la crescente disparità tra le regioni virtuose e le altre nella gestione della sanità pubblica, etc.
 Ciò ha indotto il Governo a dare massima priorità a riforme che portassero a una modifica strutturale dell’attuale sistema sanitario, ristabilendo la serenità e la fiducia nel rapporto medico–paziente e governo–cittadini.
In tale contesto, il ddl Gelli intende, tra gli altri, ridefinire la gestione del rischio clinico e le conseguenze di errori in sanità allo scopo di omologare il trattamento giuridico del danno derivante da errore sanitario a quello già previsto per altre forme di danno alla persona. Tale provvedimento legislativo è già stato oggetto di confronto e scontro tra gli attori coinvolti dal cambiamento (e.g. strutture sanitarie, operatori sanitari, associazioni di categoria, assicurazioni, etc.) e sarà oggetto nei prossimi mesi di analisi e approfondimenti. Rimandiamo quindi alle prossime settimane un approfondimento alla luce del testo che verrà convertito in legge prossimi giorni.

BASE ALLARGATA E MAGGIORE TRASPARENZA
Concentriamo quindi l’analisi sulla modifica dei Lea, piuttosto rilevante da diversi punti di vista. Oltre all’evidente impatto quantitativo del provvedimento, che espande i livelli attuali includendo patologie ad oggi non previste, va evidenziato il tentativo della norma di introdurre migliorie nella gestione dei processi di utilizzo del denaro pubblico, con l’obiettivo di efficientare il Ssni.e. massima tutela della salute dei cittadini nel rispetto delle difficoltà economiche). Il provvedimento normativo, infatti, si preoccupa di ridefinire l’articolazione dei Lea con maggior dettaglio nella descrizione delle prestazioni, aggiorna i nomenclatori delle prestazioni di specialistica ambulatoriale e di assistenza protesica, definisce in dettaglio programmi e prestazioni di assistenza socio-sanitaria, ridefinisce i criteri di appropriatezza per tutti i regimi di ricovero, introduce misure per migliorare l’appropriatezza professionale sulle prestazioni di specialistica ambulatoriale e l’individuazione di criteri di appropriatezza prescrittiva e condizioni di erogabilità per 98 prestazioni. In sintesi, cerca di evitare l’insorgenza di zone grigie nell’applicazione operativa.
Ciò posto però, la vera rivoluzione cui è stato dato scarso rilievo mediatico, è il tentativo, che dovrà essere compiutamente declinato in pratica, di elevare la qualità del Ssn e di ripartire l’attuale budget sanità secondo criteri di efficienza delle prestazioni. I nuovi Lea vorrebbero infatti, in linea di principio, dedicare la finanza pubblica alle sole prestazioni dall’elevato value.
Il quadro sopra indicato sembrerebbe risolutivo di molte difficoltà attuali del Ssn ma è necessario fare i conti con le problematiche applicative dei principi sopra enunciati. L’aspetto più evidente è quello quantitativo, con la necessità di integrare gli 800 milioni di euro stanziati per il finanziamento dei nuovi Lea. Anche prescindendo da verosimili sbavature di stima del costo della normativa, è innegabile la difficoltà delle Regioni che faticano già ad adempiere all’erogazione dei vecchi Lea.

COME MISURARE L’EFFICIENZA
Va poi osservato che vi è un aspetto oggi poco evidente, ma che avrà un rilevante impatto nel medio – lungo periodo, e che deriva dalla difficoltà applicativa di identificare le prestazioni a elevato value.
La premessa è che la definizione dei parametri e delle metodologie di governo dell’efficienza delle prestazioni sanitarie è una priorità per la pressoché totalità dei paesi e la stessa Organizzazione mondiale della sanità si è unita ad associazioni, istituzioni e altri enti, effettuando ricerche e pubblicazioni sul tema . La difficoltà deriva dalla necessità di definire in modo oggettivo una quantificazione di efficienza che sia al contempo in grado di recepire le numerose sfaccettature del fenomeno (e.g. costi, tempi di attesa, efficacia delle prestazioni in termini di miglioramento della salute, etc.) ma anche di sintetizzare tali informazione in un parametro sintetico che sia facilmente misurabile, monitorabile e gestibile nel tempo al fine di inserirlo in un processo strutturato di governance di sistema.
L’approccio metodologico deve anche essere in grado di recepire dinamicamente i mutamenti sostanziali di contesto e di tradurli prontamente in modifica nella ridistribuzione della finanza pubblica per mantenere inalterati i livelli di tutela della salute del cittadino.
La soluzione potrebbe arrivare da metodi e strumenti utilizzati oltreoceano per la gestione enterprise risk management (Erm) quali ad esempio l’utilizzo appropriato di key driver indicator di rischio e performance.
L’attuale situazione italiana è molto lontana dagli obiettivi sopra indicati e, al momento, i Lea includono anche prestazioni a basso value. La definizione operativa di approcci, metodi e strumenti per la definizione e aggiornamento del value delle prestazioni, l’individuazione di valori-soglia da utilizzare per il loro monitoraggio e la conseguente movimentazione dell’elenco sono ancora da definire.
Va infine ricordato come gli strumenti Erm sopra indicati potrebbe divenire, come già accade in molti paesi, anche uno strumento per creare benchmark di efficienza minima cui tutte le strutture, private o pubbliche, di regioni virtuose e non, devono attenersi per la tutela del cittadino e del denaro pubblico.

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