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Emergenza Amianto: un rischio ancora drammaticamente presente

La presentazione nel novembre scorso del Ddl Testo Unico è un passo avanti per semplificare l’accesso a tutte le norme che riguardano la trattazione dei molteplici pericoli legati al materiale. Di seguito, la seconda parte di un’analisi sulla presenza dell’asbesto minerale in Italia

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(SECONDA PARTE)

Esistono molte patologie asbesto-correlate, dalle placche pleuriche benigne all’asbestosi, fino al carcinoma pleurico o polmonare e al mesotelioma. Ciascuna è associata a periodi di latenza piuttosto lunghi: il mesotelioma e le altre forme tumorali, ad esempio, insorgono tipicamente dai 20 ai 50 anni dopo la prima esposizione all’amianto, ma anche nelle altre malattie raramente si sono osservati periodi di latenza inferiori a 15 anni.
Tutti gli studi epidemiologici effettuati collegano direttamente l’incidenza di queste affezioni in una determinata popolazione al consumo di amianto, anche se la correlazione tra dose innescante e potenzialità patogena può variare sensibilmente.

GRANDI PRODUTTORI E CONSUMATORI
Il nostro Paese è stato un grande produttore e consumatore di asbesto, con quasi 3,8 milioni di tonnellate estratte tra la fine della seconda guerra mondiale e il 1992 e 1,9 milioni di tonnellate di minerale grezzo importato nello stesso periodo.
La più grande cava d’Europa si trovava in Piemonte, tra i Paesi di Balangero e Corio, in una zona estremamente ricca di crisotilo, uno dei minerali d’amianto maggiormente utilizzati. L’estrazione industriale iniziò qui nel 1920, ma a partire dal 1951, con la costituzione della società Amiantifera di Balangero, la miniera si collocò tra le principali su scala internazionale, con una produzione superiore alle 130 mila tonnellate annue.
A causa del largo consumo di amianto che si è protratto per molti anni, in Italia si sono contati oltre 600 mila siti produttivi con esposizioni storiche all’asbesto e circa tre milioni e mezzo di lavoratori potenzialmente a rischio, ma la presenza di cemento-amianto riguarda anche tetti di edifici pubblici, scuole, ospedali e aree residenziali.
Secondo uno studio realizzato dai ricercatori del Gruppo amianto del DIPIA, vi sarebbero ancora 32 milioni di tonnellate di amianto da smaltire sul territorio nazionale e poiché la bonifica procede al ritmo di circa 380 mila tonnellate all’anno, secondo il Centro nazionale delle ricerche ci vorranno ancora più di 80 anni per completarne la dismissione.
La questione non è di poco conto poiché, sugli oltre 21 mila casi di mesotelioma censiti dal quinto rapporto ReNaM, il 20% risale a tipi di esposizione ignota.
In poche parole, per un quinto dei casi analizzati non è stato possibile risalire con certezza alle modalità con cui la vittima è venuta a contatto con l’amianto che ha innescato la patologia.
La mappatura del territorio nazionale e il controllo sulla presenza dell’asbesto diventano dunque estremamente rilevanti e hanno finora permesso di individuare 34.148 siti contaminati e 44 siti di interesse nazionale (SIN,) classificati come altamente contaminati, nei quali sono stati registrati eccessi di malattie asbesto-correlate.
Intanto il numero delle vittime continua a crescere, e i più recenti dati forniti dall’Inail rilevano come, a fronte dell’attesa riduzione delle denunce per casi di asbestosi e placche pleuriche (malattie contratte a seguito di un’esposizione massiccia alle fibre di amianto, divenuta improbabile dal momento che l’uso e la lavorazione del minerale sono stati banditi), le denunce per neoplasie da amianto siano invece in continuo aumento.
IL PIANO NAZIONALE AMIANTO E IL FONDO VITTIME DELL’AMIANTO
Il 13 novembre 2014, con intesa tra Stato, Regioni e Province autonome, è stato sancito il Piano nazionale della prevenzione 2014-2018 (Pnp), sfociato nello stanziamento del Fondo per la progettazione preliminare e definitiva degli interventi di bonifica di edifici pubblici contaminati da amianto, istituito dal ministero dell’Ambiente con decreto 21 settembre 2016, in ottemperanza al disposto della legge 28 dicembre 2015, n. 221.
Il fondo ha predisposto lo stanziamento di 5,536 milioni di euro per il 2016 e 6,018 milioni di euro ciascuno per il 2017 e il 2018, per la rimozione e lo smaltimento di amianto e cemento amianto dalle coperture degli edifici pubblici, con priorità per quelli posti entro 100 metri da scuole, asili, parchi, impianti sportivi, strutture assistenziali e ospedali, oppure collocati all’interno dei SIN.
Nel frattempo, analogamente a quanto accade in altri Paesi, le vittime dell’amianto potranno contare sul contributo di un fondo, disciplinato e reso operativo con decreto interministeriale n. 30 del 12 gennaio 2011 e istituito presso l’Inail.
Tale fondo è finanziato in parte dallo Stato e in parte con un’addizionale sui premi versati all’Inail dalle aziende con riconosciuta esposizione all’amianto ed eroga, alle vittime e ai loro familiari, una prestazione aggiuntiva fissata in una misura percentuale della rendita riconosciuta dall’Inail stessa.
La legge 23 dicembre 2014 n. 190 ha esteso a tutto il 2017, nell’ambito delle disponibilità presenti e senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica, i benefici del Fondo per le vittime dell’amianto anche ai malati di mesotelioma che non abbiano contratto la patologia per esposizione lavorativa diretta ma familiare, ovvero per semplice esposizione ambientale.
Con legge 28 dicembre 2015, n. 208, infine, il beneficio è stato riconosciuto anche agli eredi dei lavoratori portuali deceduti per malattie asbesto-correlate.
Dalla sua costituzione ad oggi, L’Inail ha erogato la prestazione aggiuntiva prevista dal fondo a oltre 18 mila tecnopatici e loro eredi.

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