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Rivoluzione alle porte per i fondi pensione

Un’indagine di State Street rivela i processi di cambiamento strutturale relativi a governance, costi e diversificazione del portafoglio

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L’invecchiamento della popolazione e l’incertezza dei mercati spingono i fondi pensione a muoversi alla ricerca di nuove soluzioni per affrontare le sfide legate al sistema pensionistico. Partiamo dalla fine: la ricetta miracolosa non esiste. Tuttavia, in questa direzione, pur con una serie di contraddizioni implicite, il comparto sta implementando cambiamenti radicali per correggere il proprio focus, per assicurarsi di avere il giusto mix di talento, strategia, gestione dei rischi e miglioramento dell’efficienza. Per sviluppare una mission chiara e strategie sostenibili i fondi pensione stanno, perciò, pianificando cambiamenti sostanziali alla governance, ai costi e alla diversificazione del portafoglio. In sostanza, a fronte di un universo di sottoscrittori di fondi pensione in continua espansione, i principali player del settore intendono imprimere una svolta al loro futuro mettendo a punto nuovi modelli in grado di offrire risultati più efficienti sul lungo termine. A testimoniare questa tendenza è un sondaggio realizzato da State Street, condotto su 400 professionisti del settore in 20 Paesi. La survey, presentata alla stampa nella giornata di ieri a Milano, rivela che ben il 92% degli intervistati - in Italia la quota arriva addirittura al 100% -  sostiene che i fondi per i quali lavorano hanno in programma di fare una o più modifiche sostanziali ai loro modelli di governance.

Consolidamento dei fondi pensione

A presentare i dati della ricerca, Pensions with Purpose: Meeting the Retirement Challenge, sono stati Federico Viola, responsabile asset owner solutions per il Sud Europa di State Street e Riccardo Lamanna, country head Italia di Ssgs. Guardando allo scenario macro, nei prossimi tre anni, il 54% del campione ha mostrato l’intenzione di consolidare il patrimonio investito in diversi fondi pensione e un ulteriore 19% intende farlo su un orizzonte di più lungo termine. In Italia queste percentuali sono rispettivamente del 56% e del 16%. Sempre in prospettiva 2019, il 35% (per quanto concerne l’Italia il 29%) ha l’obiettivo di consolidare attività e passività di diversi fondi pensione e un ulteriore 45,5% (per l’Italia la percentuale qui sale al 62%) intende farlo su un orizzonte di più lungo termine. Il vantaggio principale ottenuto da questa strategia di consolidamento, secondo il 24% del campione, è dato dalla riduzione dei costi, seguito da un 22% che sostiene che questo andrà a migliorare l’efficacia operativa, mentre il 18% ha indicato livelli più elevati di coerenza e governance.

Fondi a prestazione definita e fondi ibridi

Considerando l’arco temporale che va fino al 2019, dall’indagine emerge come il 56% dei fondi a prestazione definita (defined benefit plan, che per l’Italia riguarda il 67% del campione) intende lanciare nuovi fondi a contribuzione definita (defined contribution plan). Un ulteriore 13% ha intenzione di farlo oltre i tre anni. Accanto a questi fondi il 47% intende promuovere i fondi ibridi che presentano le caratteristiche dei due fondi sopra menzionati, e un altro 22% (in Italia il 33%) intende farlo dopo il 2019. Tuttavia, solo il 76% (anche se in Italia questa percentuale sale al 100%) ritiene di possedere le infrastrutture necessarie per gestire con successo questa transizione e trarne i relativi vantaggi.

Un cambiamento strutturale della governance

Questi cambiamenti avvengono in quanto, come rivela la ricerca, solo il 38% degli intervistati considera molto solida la preparazione in materia di investimenti dei propri organi amministrativi e decisionali. La survey evidenzia in modo analogo che quando si parla di comprensione dei rischi legati ai fondi pensione, solo il 36% degli intervistati ritiene che le loro competenze siano molto solide. Solo un terzo (32%) ripone un alto livello di fiducia nelle abilità dei loro organi amministrativi e decisionali di guardare oltre le problematiche di breve termine per affrontare i fattori strategici e di lungo periodo che riguardano il portafoglio. Coloro che adottano un approccio più avanzato in materia di governance si aspettano di eliminare le loro carenze in modo più rapido rispetto al resto del settore e di aumentare anche la loro esposizione agli alternativi. Sei su dieci rivelano che nel corso del prossimo anno investiranno sempre di più nelle strategie degli hedge fund, rispetto al 34% di tutti gli intervistati.  I cambiamenti nella governance andranno di pari passo con i piani di riduzione dei costi e di diversificazione del portafoglio.

La strategia dei fondi pensione italiani

I fondi pensione italiani stanno modificando i loro board per seguire un nuovo orientamento all’investimento. E se da un lato stanno aumentando la loro esposizione agli alternativi, dall’altro non hanno, però, gli strumenti per gestire i rischi. Ecco perché, in ottica di risultati ottenibili, le priorità di governance nel prossimo anno per i fondi pensione italiani sono quelle di bilanciare le responsabilità tra board e management team, e di aumentare le opportunità di formazione per i membri del board. Questo almeno è quanto dichiarato dal 52% degli intervistati. Mentre il 48% aumenterà il dettaglio o la frequenza del reporting al board. A livello strategico, invece, nei prossimi tre anni il 67% si aspetta un aumento dell’esposizione a fondi di hedge funds, mentre il 52% nel private equity. Da segnalare, inoltre, un forte appetito per investimenti in tematiche ambientali, sociali e di governance (Esg). Il 91% esprime un interesse moderato o elevato su queste tematiche da qui al 2019: a tal proposito, i due terzi dei fondi italiani a prestazione definita stanno valutando di introdurre un fondo a contribuzione definita entro i prossimi tre anni. ¬Sul fronte rischi, il 71% dei fondi pensione italiani intende ridurre il proprio profilo di rischio di investimento. Mentre il 14% ha intenzione di aumentarlo: e ciò perché ritiene che i propri risk team siano molto forti (punteggio 9 o 10 su una scala 1-10). In definitiva, seppure la tendenza è quella di muoversi verso la creazione di un proprio team interno di investimento, cercando di razionalizzare il ricorso a manager esterni, la figura dei  consulenti rimane comunque centrale: la stragrande maggioranza dei fondi nostrani (72%) ritiene infatti  che i loro consulenti sono fondamentali per guidare il processo di investimento.



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