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Le misure di accelerazione dei processi civili

Il dieci novembre scorso hanno visto la luce, con la legge 162, le attese “Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile": cambia l’approccio al giudizio, alla ricerca dell’accordo preventivo tra le parti e della disincentivazione del contenzioso “esplorativo”

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Con il decreto 12.09.2014 n.132 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.212 del 12 settembre ed entrato in vigore il giorno stesso), convertito dalla legge 10 novembre 2014, n.162, il Governo ha varato un pacchetto di misure che mirano a introdurre modifiche sostanziali su diversi aspetti del nostro processo civile.
Quella che segue è una sintesi delle principali novità e modifiche.
L'art. 1 del Capo I è finalizzato alla definizione dell'arretrato ed al trasferimento in sede arbitrale dei procedimenti civili pendenti. La disposizione introduce la possibilità per le parti di promuovere, con un'istanza proposta congiuntamente, un procedimento arbitrale secondo le disposizioni del codice di procedura civile.

Le condizioni perché si possa accedere a tale strumento di devoluzione delle liti ad arbitri sono essenzialmente che le cause pendano dinanzi al tribunale o in grado di appello alla data di entrata in vigore del decreto legge; che si tratti di cause che abbiano ad oggetto diritti disponibili e che le stesse non siano state ancora assunte in decisione.
Essendo una mera facoltà delle parti, occorrerà dunque che le stesse ritengano entrambe di preferire la regolazione della controversia con arbitri al proseguimento della lite (magari perché la sentenza è attesa dopo molti anni).

La negoziazione è tra i legali di fiducia
Un altro strumento del tutto innovativo riguarda l'introduzione della così definita "negoziazione assistita".
Con tale strumento gli avvocati sono indicati come unici soggetti deputati all'attività di negoziazione e viene loro affidata la possibilità di raggiungere un accordo idoneo a valere quale titolo esecutivo.
Il procedimento viene introdotto in tre forme: la negoziazione volontaria (art. 2, comma 1), la negoziazione obbligatoria (art. 3) e la negoziazione «per le soluzioni consensuali di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o discioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio» (art. 6).
In questo caso le parti decidono di affidarsi, per la soluzione di una controversia in corso non ancora sfociata in contenzioso, alla negoziazione gestita dai propri legali fiduciari i quali, in contraddittorio fra loro e nel rispetto di regole di condotta diligente e di buona fede, potranno accedere ad una soluzione che trovi l'accordo di entrambe ed evitare così il ricorso alla lite.
In particolare il ricorso a questo strumento si pone come condizione di procedibilità dell'azione giudiziaria (quindi diviene obbligatorio) nelle controversie che abbiano ad oggetto:
.Il risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti,
ovvero
.domande di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti cinquantamila euro (ad esclusione dei casi che prevedano il ricorso alla mediazione obbligatoria).
Per incentivare il ricorso a tale strumento alternativo, è bene dire che il legislatore ha previsto che la mancata risposta all'invito o il rifiuto possano essere valutati dal giudice ai fini dell'addebito delle successive spese di giudizio.
Utile segnalare, infine, che tale nuova disciplina entrerà in vigore per i giudizi incardinati solo dopo il 9 febbraio 2015.

La compensazione pesa sul soccombente
Sempre con lo scopo di disincentivare il ricorso strumentale al giudizio civile, la novella ha inasprito il regime dell'art. 92 del codice di procedura civile che disciplina i casi in cui il giudice può compensare le spese di lite in caso di soccombenza di una delle parti in causa.
La novella infatti mantiene in vigore il primo caso di compensazione delle spese tra le parti, che si fonda sulla sussistenza della reciproca soccombenza, ma sostituisce l'altra ipotesi ("gravi ed eccezionali ragioni"), prima prevista per l'applicazione del regime di compensazione delle spese, con quella della "assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti". L'effetto di tale modifica porta ad escludere, dunque, che il giudice possa mai compensare le spese in presenza di una sola parte soccombente, salvo il caso detto di eccezionale peculiarità ed aleatorietà della materia trattata.
Di fatto viene sottratta al giudice qualunque discrezionalità in ordine alla possibilità di compensare le spese legali, legando di più tale provvedimento alla soccombenza in causa.
Il rischio di subire una condanna al pagamento delle spese legali dovrebbe, nelle intenzioni del legislatore, spingere le parti ad evitare il così detto contenzioso "esplorativo", quello, per intenderci, ove la parte abbia ragionevole certezza di non vincere la causa, ma intenda comunque "tentare la sorte".

Gli interessi legali costano come i commerciali
In un'ottica di riduzione della durata dei processi è stato ridotto, a partire dal prossimo anno, il periodo di sospensione feriale dei termini, che ora si prevede dal primo al 31 agosto di ciascun anno (e non più dal 1 agosto al 15 settembre).
L'art. 17 aggiunge due importanti commi all'art. 1284 del codice civile, anch'essi finalizzati a disincentivare il ricorso al processo civile da parte del debitore che, al fine di non adempiere alle proprie obbligazioni, intenda posticipare la data dell'effettivo pagamento sfruttando i tempi lunghi del processo.
In questo caso, la norma prevede che il saggio degli interessi legali che accrescono la somma dovuta dal debitore in esito alla sentenza debba riferirsi a quello che si applica ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. Si tenga in evidenza che, ad oggi, il tasso nelle transazioni commerciali è pari al 8,15% contro l'1% di quello legale.
Trattasi dunque di un insieme di norme che hanno tutte lo scopo dichiarato di accelerare l'iter giudiziario e, ove possibile, di sostituirlo con attività di "alternative dispute resolution" demandate a procedimenti arbitrali ovvero a negoziazioni affidate alle parti ed ai loro legali.
Certamente la giustizia civile in Italia è, come si suol dire, al collasso, anche se non di tutt'erba un fascio è lecito fare.
Vero è che un efficace intervento normativo deve avere sempre quale obbiettivo quello di consentire il ricorso all'azione giudiziaria, nei casi ove sia necessario, senza sottrarre però il pieno diritto dei cittadini al ricorso all'azione legale, quando tale sia non uno strumento per sottrarsi alla giustizia, ma per ottenerla.

Filippo Martini e Mauro De Filippis, Studio MRV


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