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Calcolare diversamente il danno che accresce il dolore

Secondo una sentenza della Cassazione di fine giugno, in materia di liquidazione dei danni derivanti da illecito civile, le privazioni e le sofferenze conseguenti alla menomazione delle funzioni vitali progrediscono con intensità geometricamente crescente rispetto al crescere dell’invalidità

Calcolare diversamente il danno che accresce il dolore hp_vert_img
Con la pronuncia n. 18442 del 28 giugno 2023 la Suprema Corte di Cassazione affronta in particolare l’argomento della liquidazione del danno derivante da illecito civile in ipotesi di preesistenza di altre malattie e/o menomazioni.
Trattasi di una vicenda di malpractice medica in cui una donna avanzava richiesta risarcitoria per i danni patiti in conseguenza dell’asportazione della tuba sinistra (l’unica che le era rimasta a seguito dell’asportazione dell’altra, in conseguenza di altro intervento chirurgico), con conseguente perdita della funzione riproduttiva.
Il giudice di prime cure per detto danno liquidò 109mila euro considerando che la vittima, priva della tuba e dell’ovaio destri per altre cause, avesse subito, in conseguenza dell’asportazione della tuba sinistra, una cosiddetta lesione prolicrona concorrente.
In ragione di ciò, applicò un coefficiente di maggiorazione al grado di invalidità permanente accertato dal Ctu (10%), addivenendo a valutare, utilizzando la cosiddetta formula di Gabrielli1, il danno sofferto in via equitativa nella misura del 22%, comprensiva anche del danno estetico.
Interposto gravame dalla convenuta, la Corte d’Appello ridusse l’importo dovuto a 48.214,37 euro considerando che la danneggiata possedeva, a causa dell’assenza della tuba e dell’ovaio destri, metà della funzionalità riproduttiva e fosse dunque congrua la percentuale di danno riconosciuta dal Ctu (10%).

VALUTARE IL CASO PARTENDO DALLA CONDIZIONE DI INTEGRITÀ
Ricorre dunque per Cassazione la danneggiata lamentando in particolare che la Corte territoriale aveva rideterminato il grado percentuale dell’invalidità permanente dalla stessa subito nella misura del 10%, a fronte di un grado percentuale obiettivamente accertato nella misura del 20%, sul presupposto che, prima dei fatti per cui era causa, possedesse la metà della funzionalità riproduttiva di una donna fertile, ma così facendo ebbe a considerare quale “concausa” della menomazione subita il suo stato anteriore, attribuendogli un’efficienza causale del 50%. 
A detta della ricorrente invece, ove il danneggiato sia portatore di una pregressa menomazione, i principi della causalità giuridica richiedono un accertamento che valuti quali sarebbero state le conseguenze dell’illecito in assenza delle condizioni preesistenti, e solo nel caso in cui si accerti che le conseguenze dell’illecito sono state più gravi in ragione della condizione preesistente detta condizione può assumere rilevanza giuridica ai fini della determinazione dei danni.
Inoltre, si denunzia l’erronea applicazione del criterio di calcolo del danno differenziale, secondo cui il giudice dell’appello avrebbe prima dovuto monetizzare il grado dell’invalidità complessiva al 100% e poi sottrarre la monetizzazione del grado d’invalidità preesistente.

MENOMAZIONE COESISTENTE DIVERGE DA CONCORRENTE
Detti due motivi di censura vengono ritenuti dagli Ermellini fondati.
Quanto al primo, la Suprema Corte ritiene di dare continuità ai principi da ultimo affermati (Cass, n. 28986/2019) secondo cui “in tema di risarcimento del danno alla salute, la preesistenza della malattia in capo al danneggiato costituisce una concausa naturale dell’evento di danno e il concorso del fatto umano la rende irrilevante, sicché di essa non dovrà tenersi conto nella determinazione del grado di invalidità permanente e nella liquidazione del danno. Può costituire concausa dell’evento di danno anche la preesistente menomazione, vuoi coesistente vuoi concorrente rispetto al maggior danno causato dall’illecito, assumendo rilievo sul piano della causalità giuridica ai sensi dell’art. 1223 C.c”
La menomazione coesistente di norma è irrilevante, viceversa quella concorrente assume rilievo in quanto gli effetti invalidanti sono meno gravi, se isolata, e più gravi, se associata ad altra menomazione (anche se afferente ad organo diverso), sicché di essa dovrà tenersi conto ai fini della sola liquidazione del risarcimento del danno e non anche della determinazione del grado percentuale di invalidità.

CONFERMATI I CONSUETI METODI DI CALCOLO
Quanto poi alla liquidazione del danno, la Suprema Corte ribadisce quelli che sono principi di calcolo oramai assodati, secondo cui in tema di liquidazione del danno alla salute, l’apprezzamento delle menomazioni concorrenti in capo al danneggiato rispetto al maggior danno causato dall’illecito va compiuto stimando, prima, in punti percentuali l’invalidità complessiva, risultante cioè dalla menomazione preesistente sommata a quella causata dall’illecito, e poi quella preesistente all’illecito, convertendo entrambe le percentuali in una somma di denaro, procedendo infine a sottrarre dal valore monetario dell’invalidità complessivamente accertata quello corrispondente al grado di invalidità preesistente (così anche Cass., 29/09/2022, n. 28327).
Detti principi, invero, non sono stati applicati dalla Corte d’Appello che, al contrario, nella stima del danno ha avuto riguardo solo all’incremento del grado percentuale di invalidità permanente ascrivibile alla condotta del responsabile.
Il sopra richiamato metodo di calcolo, invece, si impone, essendo le funzioni vitali perdute dalla vittima e le conseguenti privazioni a costituire il danno risarcibile, non il grado di invalidità, che ne è solo la misura convenzionale.
Dette privazioni e le connesse sofferenze, progrediscono con intensità geometricamente crescente rispetto al crescere dell’invalidità, mentre la misura convenzionale cresce secondo progressione aritmetica.

1 Dallo studioso che la propugnò con lo scritto “Valutazione delle condizioni preesistenti che sono concausa di invalidità”, in Rass. prev. soc., 1920, X, 22. Ad esempio: assicurato che riporta trauma alla spalla destra con danno valutabile in misura del 20%. Alcuni anni prima, in occasione di incidente stradale extralavorativo, aveva riportato trauma al gomito destro, da cui sono residuati postumi permanenti valutabili attualmente in misura del 10%. Pertanto: capacità lavorativa preesistente l’infortunio sul lavoro 100 −10 = 90; capacità lavorativa globale attuale: 100 − 10 − 20 = 70; formula Gabrielli 90 − 70: 90 =22,2 = 22%, cioè in misura maggiore rispetto all’iniziale 20%.

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