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Un chiarimento sulle polizze connesse ai mutui

Proseguiamo con la pubblicazione della seconda parte del testo che ricostruisce i diversi contributi delle autorità sul tema della richiesta di sottoscrizione di coperture vita in relazione ai mutui immobiliari. Si sottolinea il carattere facoltativo della scelta, prevalente su comportamenti che di fatto subordinano la sottoscrizione del prestito alla tutela assicurativa

Un chiarimento sulle polizze connesse ai mutui hp_vert_img
SECONDA PARTE

IL RAGIONAMENTO DELLA CASSAZIONE E LA VALORIZZAZIONE DEGLI INTERVENTI DELLE AUTORITÀ DI VIGILANZA; ENUNCIAZIONE DEL PRINCIPIO DI DIRITTO
Il percorso ermeneutico si è articolato in due distinte direzioni. 
In primo luogo la Cassazione ha inteso valorizzare a fini interpretativi la rubrica dell’articolo 28 che, a dispetto del tenore letterale della norma, faceva riferimento, già nella sua precedente versione, al concetto di connessione: “assicurazioni connesse all’erogazione di mutui immobiliari e di credito al consumo”. Sul punto, richiamando alcuni precedenti di legittimità (Cass. 16342/2017; Cass. 15123/2007; Cass. 1051/1964), la Suprema Corte ha affermato che “la rubrica d’una norma di legge costituisce anch’essa un elemento dal quale l’interprete, nei casi dubbi, non può prescindere [...]  ed essa va valorizzata in particolar modo proprio quando abbia una formulazione generica e lata, più ampia delle previsioni contenute nel testo della norma”. Ciò con la conseguenza che anche nella versione previgente al 2017, il riferimento alla “connessione tra contratto di mutuo e polizza assicurativa, contenuto nella rubrica dell’art. 28 dl 1/12 impediva di ritenere che tale norma si applicasse soltanto ai contratti di mutuo contenenti una clausola espressa che ne subordinasse l’efficacia alla stipula di una assicurazione”.
Più interessante, ad avviso di chi scrive, il secondo profilo di indagine, orientato a individuare la ratio sottesa alla norma anche nella sua versione originaria, mediante un procedimento di analisi del percorso storico che avrebbe condotto all’introduzione dell’art. 28.

UNA MAGGIORE TUTELA DEL CLIENTE E DEL MERCATO
La Cassazione, al riguardo, procede con una rassegna dei vari interventi delle autorità di vigilanza, a partire dalle indagini avviate nel 2009 dall’Agcm e dall’Isvap.
Quanto all’Agcm, la sentenza ricorda l’indagine conclusasi con delibera del 2012 n. 23764. 
In quella occasione, era emersa la prassi di subordinare “di fatto” la concessione dei finanziamenti alla sottoscrizione di polizze assicurative aventi come beneficiario l’istituto mutuante, a copertura dei rischi di decesso, invalidità permanente, inabilità temporanea totale, malattia grave e perdita di impiego, a dispetto delle indicazioni ricavabili dalla documentazione precontrattuale e contrattuale da cui emergeva il “carattere facoltativo di tali coperture”. Ad accertamenti analoghi era pervenuto Isvap rilevando anche una diffusa applicazione di aliquote provvigionali “esorbitanti” e la pratica di esigere il pagamento anticipato dell’intero e unico premio, aggiungendolo, di norma, all’importo mutuato. Ragion per cui Isvap diede corso alle ben note iniziative regolamentari che hanno portato, pur con qualche vicissitudine processuale, all’affermazione del divieto per l’intermediario di assumere, anche indirettamente, la contemporanea qualifica di intermediario e beneficiario o vincolatario dell’indennizzo dovuto in forza della polizza stipulata suo tramite; divieto motivato dall’esigenza “di prevenire conflitti di interessi, facilitare la mobilità del mercato dei mutui, colmare le asimmetrie informative tra imprese, intermediari e debitori”.
Sul piano legislativo, la Cassazione ricorda l’introduzione dell’art. 36 bis del dl 6 dicembre 2011, n. 201 (convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214), che inserì il comma 2 bis nell’art. 21 del Codice del consumo, ai sensi del quale “è considerata scorretta la pratica commerciale di una banca, di un istituto di credito o di un intermediario finanziario che, ai fini della stipula di un contratto di mutuo, obbliga il cliente alla sottoscrizione di una polizza assicurativa erogata dalla medesima banca, istituto o intermediario”.
Dipoi, tornando all’art. 2 del dl 24 gennaio 2012, n. 1, la sentenza richiama la relazione accompagnatoria del disegno di legge presentato al Senato per la conversione in legge, nella quale si individua, tra le ragioni dell’adozione del provvedimento, il fine di “favorire la concorrenza nel settore bancario e assicurativo; ridurre le rendite di posizione; abbassare il divario tra costi e profitti, nocivo per i consumatori”, mentre nella scheda tecnica di accompagnamento si afferma che la norma “è diretta a modificare la prassi bancaria consistente nell’abbinamento automatico tra erogazione di mutuo immobiliare e polizza vita, senza che al cliente sia offerta la possibilità di effettuare un confronto tra diversi preventivi”.
Scopo precipuo della norma, secondo la Cassazione, sarebbe quello di “contrastare il fenomeno dell’abbinamento (binding) tra mutui e assicurazioni sulla vita in due modi: a) vietando alle banche di imporre al cliente la stipula di un’assicurazione del gruppo; b) demandando all’Isvap di stabilire quali dovessero essere i requisiti minimi di tali contratti”.

EQUIPARAZIONE DEI CONCETTI DI CONNESSIONE E CONDIZIONAMENTO
Sulla base di tale excursus, la sentenza perviene al riconoscimento della ratio dell’art. 28, consistente nel “a) prevenire pratiche scorrette, aggressive o abusive da parte del mutuante; b) garantire al mutuatario la libertà di scegliere la compagnia con cui assicurarsi; c) evitare che il mutuante trasferisce il rischio d’impresa sul mutuatario, addebitandogli per di più il costo della traslazione del rischio (cioè il premio assicurativo)” e con tale premessa afferma che l’art. 28 dl 1/12 e il regolamento 40/12 dell’Isvap che ne ha dato attuazione “vanno dunque interpretati nel senso che il contratto di assicurazione non conforme al reg. Isvap 40/12 sarà nullo, con sostituzione automatica delle sue clausole, ex art. 1339 cc, in tutti i casi in cui la banca mutuataria [leggasi “mutuante”, ndr] abbia anche solo di fatto imposto al cliente la stipula della polizza o comunque limitato la sua libertà di scelta a prescindere dal dato formale della presenza o dell’assenza, nel contratto di mutuo, di una clausola che ne subordini l’efficacia alla stipula di un contratto di assicurazione”.
L’esito del ragionamento confluisce nella definizione del principio di diritto a cui dovrà attenersi il giudice del rinvio: “sono soggetti alle previsioni di cui all’articolo 1, comma 1, del regolamento Isvap 40/12 i contratti di assicurazione connessi o condizionati a un contratto di mutuo, per tali dovendosi intendere le polizze la cui stipula è stata pretesa, imposta o capziosamente indotta dal mutuante anche in via di mero fatto, a prescindere dall’inserimento nel contratto di mutuo di clausole formali che ne subordinino la validità o l’efficacia alla stipula del contratto assicurativo”.

(La prima parte dell’articolo è stata pubblicata su Insurance Daily di giovedì 21 aprile. La terza e ultima parte sarà pubblicata su Insurance Daily di martedì 26 aprile). 

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