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Un chiarimento sulle polizze connesse ai mutui

Una recente sentenza della Corte di Cassazione punta a chiarire la liceità della sottoscrizione di coperture vita in concomitanza con un mutuo immobiliare. Perché sussista il legame non è necessario che la subordinazione sia inserita nel contratto

Un chiarimento sulle polizze connesse ai mutui hp_vert_img
PRIMA PARTE

Con la recente sentenza2989 pubblicata il primo febbraio 2022 (relatore Rossetti), la Cassazione ha affrontato il delicato tema della qualificazione e riconoscibilità delle polizze connesse ai mutui, aggiungendo un autorevole tassello al lavoro ricostruttivo svolto in materia da Ivass, Banca d’Italia e Agcm, autorità di cui il provvedimento che si annota ha ripreso alcune valutazioni al fine di motivare la propria decisione. 
La sentenza riguarda, segnatamente, la corretta interpretazione dell’articolo 28, comma 1, del dl numero 1 del 24 gennaio 2012, convertito con legge 27 del 24 marzo 2012, nella sua formulazione letterale antecedente alle modifiche introdotte dalla legge 124 del 2017, quando, cioè, la norma faceva riferimento solo a un rapporto di condizionamento tra mutuo e polizza e non menzionava ancora il concetto di “connessione” (se non nella rubrica) e di “accessorietà”.
L’arresto in commento si segnala per almeno due motivi: da un lato, per la rilevanza, innegabile, considerata la durata media dei mutui immobiliari, che riveste nella qualificazione delle polizze stipulate prima della modifica del 2017. Dall’altro, perché nel descrivere le condotte rilevanti ai fini ermeneutici, si affianca alle indicazioni che le diverse autorità di vigilanza hanno fornito negli ultimi anni e che, in parte, devono ancora sviluppare (come preannunciato da Ivass e Banca d’Italia nel 2020 in relazione alle polizze cosiddette “decorrelate”).

LA VICENDA PROCESSUALE NEI GRADI DI MERITO
Prima di entrare nel vivo dei temi, occorre spendere qualche parola sulla vicenda processuale, invero non ancora conclusa avendo la Suprema Corte “cassato con rinvio”. La controversia trae origine dalla contestuale stipulazione, nel 2013 e da parte del medesimo soggetto, di un contratto di mutuo fondiario destinato all’acquisto di un immobile e, mediante lo stesso istituto mutuante, di un contratto di assicurazione sulla vita. Deceduto il mutuatario/assicurato, l’assicuratore aveva rifiutato il pagamento dell’indennizzo eccependo il mancato decorso del periodo di carenza iniziale, previsto dalla polizza, al momento del decesso. 
Secondo il contratto di assicurazione, il periodo di carenza avrebbe avuto durata semestrale e dunque superiore al termine massimo di 90 giorni dalla decorrenza della copertura previsto dall’art. 1, comma 1, lettera h), del regolamento Isvap 40/2012, provvedimento che reca “la definizione dei contenuti minimi del contratto di assicurazione sulla vita di cui all’articolo 28, comma 1, del decreto legge 24 gennaio 2012 n. 1, convertito con legge 24 marzo 2012, n. 27”. Talché, essendo il decesso intervenuto dopo il novantesimo giorno dalla decorrenza della copertura, il beneficiario designato, lamentando l’illegittimità del termine semestrale, si rivolgeva al tribunale di Venezia per ottenere l’indennizzo pattuito.
Il tribunale, ravvisando l’esistenza di uno “stretto collegamento” tra mutuo e contratto assicurativo e ritenuta pertanto applicabile la previsione regolamentare, accoglieva la domanda attorea condannando l’assicuratore al pagamento dell’indennizzo. Il verdetto, tuttavia, veniva rovesciato in sede di gravame: la Corte d’Appello di Venezia rilevata la non vessatorietà ai sensi dell’art. 1341 del Codice civile della clausola contrattuale che prevedeva il “periodo di carenza” (trattandosi di clausola di delimitazione del rischio), optava per l’inapplicabilità al caso di specie del termine regolamentare e dunque per la piena legittimità del termine semestrale previsto dal contratto. 
Ad avviso della Corte d’Appello, il regolamento Isvap 40/2012 avrebbe trovato applicazione (sostituendosi alle previsioni pattizie eventualmente difformi) solo allorché “la banca erogatrice del mutuo avesse preteso, quale condizione per la stipula del contratto, che il mutuatario stipulasse altresì una assicurazione sulla vita”. Dunque, posto che “al di fuori di questa ipotesi non vi sono motivi per applicare alla clausola di carenza la diversa e minore durata del periodo di inoperatività della copertura assicurativa previsto dal regolamento Isvap”, e rilevato che il mutuo non conteneva “alcun patto che ne subordinasse la validità o l’efficacia alla stipula di una assicurazione sulla vita”, la Corte negava l’esistenza di “alcun collegamento diretto o indiretto tra i due contratti”, accogliendo il gravame e rigettando la domanda attorea.

IL TESTO DELLA NORMA PRIMA E DOPO LA LEGGE 124/2017: DUBBI INTERPRETATIVI, INCIDENZA DELLA RIFORMA DEL 2017 SUL PIANO ERMENEUTICO E SOLUZIONE DELLA CASSAZIONE
La ragione di fondo di tale decisione risiede nella lettera dell’art. 28 del dl 1/2012, di cui il regolamento Isvap è attuativo, che fa (e faceva, al momento della stipula dei due contratti) espresso riferimento a un rapporto di condizione tra mutuo e assicurazione: “le banche, gli istituti di credito e gli intermediari finanziari, se condizionano l’erogazione del mutuo immobiliare o del credito al consumo alla stipula di un contratto di assicurazione”. 
Le modifiche apportate all’art. 28 dalla legge 4 agosto 2017, n. 124 (quindi successive alla stipulazione dei contratti) hanno ampliato tale formulazione, ricomprendendovi anche l’ipotesi in cui “l’offerta di un contratto di assicurazione sia connessa o accessoria all’erogazione del mutuo o del credito”: ciò ha rafforzato negli interpreti il dubbio (non nuovo) che laddove la norma parla di “condizione”, lo faccia per alludere alla rintracciabilità nel contratto di mutuo di una clausola che ne subordini l’efficacia alla stipulazione della polizza. Diversamente, sarebbe difficile cogliere l’apporto della novella del 2017 su questo specifico profilo e in particolare l’importanza di aver aggiunto i riferimenti a “connessione” e “accessorietà”.
La Cassazione, con la sentenza in commento, pur avendo ben presente la modifica che ha interessato l’art. 28 (dandone atto al paragrafo 1.3), non ha ravvisato una contrapposizione tra i due termini del binomio (condizionamento da un lato; connessione/accessorietà dall’altro) e anzi ha sviluppato una tesi interpretativa volta, in sostanza, a equiparare le due ipotesi e dunque a escludere, anche per i contratti stipulati prima della novella del 2017, la necessità di indagare l’esistenza di clausole che espressamente ne condizionino l’efficacia alla stipulazione dell’assicurazione.

(La seconda parte dell’articolo sarà pubblicata su Insurance Daily di venerdì 22 aprile)

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