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Bad baby cases: i sinistri da parto

I valori dei risarcimenti per danni subiti dai neonati sono superiori ai costi medi e in continuo aumento, tanto da poter determinare la scelta delle compagnie di non coprire questo tipo di sinistro. A propria tutela è quindi ancora più importante che le strutture sanitarie attivino processi di gestione del rischio

Bad baby cases: i sinistri da parto hp_vert_img
I sinistri verificatisi durante il parto all’interno delle strutture ospedaliere impattano enormemente sulla qualità del rischio delle stesse e sulla loro assicurabilità.
Per le compagnie, essi costituiscono veri e propri eventi catastrofali e determinano spesso la scelta di rifiutare la copertura delle cliniche che offrono servizi di ostetricia e degli specialisti che operano al loro interno.
Non si tratta soltanto di un problema italiano. Quasi ovunque l’assicurazione della responsabilità civile degli specialisti in ginecologia e ostetricia raggiunge costi elevatissimi e sono pochi gli assicuratori che accettano di prestarla. 
Tuttavia, nel nostro Paese, il danno connesso all’attività di questi specialisti comporta particolari peculiarità, legate soprattutto al modo di valutarlo, specialmente per quanto attiene alla liquidazione dei cosiddetti danni non patrimoniali, ovvero a quella parte del danno risarcibile, conseguente a lesioni personali o morte, che non riguarda la sfera patrimoniale della vittima. 
Parliamo del cosiddetto danno morale, definito anche pain and suffering, che si distingue dalle altre voci che determinano l’ammontare della somma risarcibile, perché non collegato alla capacità di produrre reddito della vittima. 
Il danno non patrimoniale ha invece a che vedere con la sofferenza interiore e il peggioramento della qualità della vita del danneggiato o dei suoi aventi diritto: tutte circostanze che caratterizzano dolorosamente la perdita di un nascituro. 

UN DANNO MORALE CHE SFUGGE ALLA PREVEDIBILITÀ
La nostra giurisprudenza è assai sensibile a queste tematiche, che sono da anni al centro di una copiosa produzione giuridica e hanno condotto allo sviluppo delle ormai famose tabelle milanesi, allo scopo di aiutare gli addetti ai lavori a quantificare questa parte del risarcimento, assai complessa da valutare.
L’idea che sta alla base delle tabelle è quella di garantire prevedibilità e uniformità nelle liquidazioni su tutto il territorio nazionale, evitando il più possibile le sperequazioni che hanno a lungo caratterizzato la liquidazione di questa parte del danno risarcibile, da una zona all’altra del Paese. La questione è che, in confronto a quanto accade in altre giurisdizioni, in Italia il danno non patrimoniale risarcibile per un neonato può comportare cifre assai cospicue. Senza arrivare ai risarcimenti che vengono accordati negli Stati Uniti, che possono facilmente ammontare a decine di milioni di dollari, se non a centinaia addirittura, nel nostro Paese è possibile che un risarcimento per un caso di questo tipo arrivi alla somma di un milione di euro, o anche più.
Da qui, la decisione di molte compagnie di non assicurare i rischi che possano implicare questo tipo di risarcimenti. 

SINISTRI A LUNGHISSIMA CODA
Ma quanto sono frequenti i sinistri in sala parto nel nostro Paese?
Le poche compagnie specializzate nell’assicurazione della responsabilità medica di questo settore specialistico, cercano di monitorarne gli andamenti su tutto il territorio. I dati più recenti sembrano registrare una tendenza incoraggiante, in termini di riduzione del numero dei sinistri, nelle strutture ospedaliere italiane.
È possibile e augurabile che questo fenomeno sia legato agli sforzi prodotti dagli ospedali per adeguarsi alle indicazioni della vigente normativa (l’ormai nota legge Gelli), volte al costante miglioramento della gestione del rischio clinico.
Il numero degli eventi avversi occorsi durante i parti sembrerebbe registrare, una certa riduzione, assestandosi su 0,60 casi ogni 1000 nascite.
Per contro, si registrerebbe un forte allungamento dei tempi di risoluzione delle pratiche, come stigmatizzato a più riprese dall’Ania, a sottolineare come i tempi di liquidazione in questo settore della responsabilità civile siano talmente lunghi, da giustificare la definizione di ramo a lunghissima coda per questa categoria di rischi.
Sarebbero necessari più di tre anni per chiudere il 65% dei fascicoli aperti e cinque anni per archiviarne il 95%. La coda, comunque, è assai più lunga di quanto sembri, perché occorrono almeno cinque o sei anni perché il sinistro venga effettivamente denunciato alla compagnia, a partire dal momento in cui l’evento avverso si è verificato. Il picco di denuncia si registrerebbe dopo quattro-cinque anni dalla nascita, ovvero in corrispondenza dell’età scolare, quando emergono drammaticamente le eventuali problematiche causate da un errore medico al momento del parto. Intorno ai nove-dieci anni di vita, invece, si registrerebbe il picco relativo alle denunce dei casi più delicati e complessi. La durata della “vita” di questi sinistri, pertanto, potrebbe arrivare a otto-dieci anni e anche più.

IL COSTO DEI RISARCIMENTI È IN AUMENTO
La loro distribuzione geografica rivelerebbe un maggior coinvolgimento delle strutture ubicate nell’area centrale del Paese, mentre il Nord Italia si connoterebbe come l’area più virtuosa.
Anche la tipologia delle strutture interessate sarebbe differente: i policlinici universitari presenterebbero un numero maggiore di casi, probabilmente per la maggiore casistica di parti registrata, seguiti dalle strutture di primo livello, cioè le Asl e le aziende ospedaliere che svolgono attività a bassa complessità. Le strutture connotate da attività più complesse, infine, sarebbero caratterizzate da un minor numero di eventi di questo tipo.
I dati sui Bad Baby Cases forniti dal broker Marsh, che ogni anno pubblica un interessante report sulla responsabilità medica (Report Med-Mal, 12esima edizione, 2021), pongono le unità operative di ostetricia e ginecologia al quarto posto, in termini di incidenza del numero dei sinistri, dopo ortopedia, pronto soccorso e chirurgia generale. Al loro interno, l’errore da parto incide per oltre il 32% dei casi. Il costo dei sinistri, invece, manifesta un trend di graduale e continuo aumento e, a fronte di un costo medio generale di poco più di 100mila euro per sinistro, registra un valore medio che sfiora i 430mila euro.
Ciò fa sì che l’incidenza di questo settore specialistico sul costo totale dei sinistri da Rc medica preoccupi più degli altri, con oltre il 20% della casistica totale, e giustifica la cautela di molti assicuratori nell’accettare strutture che offrano questi servizi.

UNA GRADUALE APPLICAZIONE DELLA LEGGE GELLI
Da tali dati, inoltre, traspare quanto importante sia l’adozione di una gestione del rischio virtuosa in questo specifico settore di attività delle cliniche, poiché da essa può dipendere la possibilità di trasferire il rischio a una compagnia di assicurazione, mettendo in pratica quanto dettato dalla legge Gelli in tema di miglioramento del servizio reso ai pazienti e di obbligatorietà, per le strutture, a contrarre un’assicurazione, come previsto all’articolo 10 della legge medesima.
È necessario che tutte le procedure di risk management siano ben delineate, monitorate e rispettate, già a partire dall’accettazione della partoriente.
Si rende quindi necessaria un’analisi puntuale delle eventuali insufficienze, attive o latenti, che possono annidarsi lungo tutto il percorso che accompagna la nascita, imparando a riconoscere per tempo gli eventi avversi e a segnalarli, identificando le diverse funzioni che caratterizzano il rischio connesso a questo settore operativo.
È poi necessario assicurarsi che la documentazione clinica sia compilata, gestita e archiviata correttamente, non solo in modo tale da ridurre la possibilità che un sinistro da parto si verifichi, ma permettendo poi di gestire la fase seguente all’eventuale evento avverso, per diminuirne l’impatto su tutti i soggetti coinvolti. 
Tutto questo con lo scopo di migliorare la gestione del rischio clinico nel suo complesso, proprio come auspicato dalla normativa vigente.

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