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Quali responsabilità per lo sport a distanza

Con le restrizioni dovute alla pandemia, molte società sportive hanno proseguito l’attività avviando corsi online. Il tema è l’occasione per un’analisi sulla portata della garanzia Rc in termini di obbligo di vigilanza di gestori di impianti sportivi e istruttori

Quali responsabilità per lo sport a distanza hp_vert_img
Come raccordare l’obbligo di vigilanza che incombe normalmente in capo agli istruttori e ai gestori degli impianti sportivi in relazione alle attività che vengono svolte con modalità a distanza?
La necessità è quella di interrogarsi sull’equiparazione del rischio derivante da queste attività al rischio normalmente corso e coperto durante le attività svolte in palestra, e di comprendere se lo stesso debba, quindi, intendersi incluso o meno nella portata delle garanzie tradizionali.
La questione ha iniziato ad assumere particolare rilevanza a partire dai noti transiti emergenziali e, in particolare, durante la condizione di lockdown, nell’ambito della quale si è sperimentato un sempre maggiore ricorso ai canali online e digitali che permane tuttora.

Per i gestori la responsabilità è legata all’impianto
Partendo dai titoli di responsabilità sussistenti in capo a gestori di impianti sportivi e istruttori, può innanzitutto distinguersi tra quelli afferenti ai danni che gli utenti possono provocarsi a causa degli impianti e degli attrezzi presenti all’interno dei centri sportivi e quelli afferenti ai danni derivanti dall’attività sportiva in senso stretto. Dal punto di vista prettamente giuridico, la responsabilità civile specificamente connessa alla gestione degli impianti sportivi si configura di natura extracontrattuale, in ossequio al generale dovere del neminem laedere, sia con riferimento all’articolo 2043 C.c., sia con riferimento alle forme di responsabilità speciali (artt. 2050 e 2051 C.c.). Spesso, a detta forma di responsabilità può sovrapporsi anche quella di natura contrattuale, di cui agli articoli 1218 e 1228 C.c.. Ciò si verifica, ad esempio, nel caso di iscrizioni presso un centro sportivo, nell’ambito del quale il titolare assume l’obbligazione di assicurare lo svolgimento e la fruizione dell’attività, predisponendo ogni più efficace misura atta a garantire la sicurezza degli utenti. Il gestore, pertanto, è tenuto a predisporre ogni più ampia e idonea misura di cautela, e tutto quanto si renda necessario a impedire il pregiudizio dell’integrità fisica di chi abbia accesso e fruisca degli impianti, a qualunque titolo.
In tal senso, quindi, il gestore è titolare di una posizione di garanzia che, però, non è senza limiti. Egli, infatti, potrà essere chiamato a rispondere solo degli eventi dannosi prevedibili ed evitabili, i quali impongono a quest’ultimo un potere-dovere di intervenire al fine di scongiurarne l’insorgere. 

Dovere di condotta e vigilanza anche per gli istruttori
Alla responsabilità del gestore si affianca quella dell’istruttore. Difatti, nel momento in cui un soggetto si iscrive a un corso sportivo, sorge tra quest’ultimo e l’associazione sportiva un rapporto di affidamento. Dall’instaurazione di tale rapporto deriva, quindi, in capo all’istruttore sportivo l’obbligo di vigilare con la dovuta diligenza - commisurata all’età, alla capacità motoria, e allo sviluppo psico-fisico, dell’allievo - che quest’ultimo non venga a trovarsi in situazioni di pericolo, pregiudizievoli sia per la sua incolumità, sia per quella di terzi. Il dovere di condotta gravante in capo all’istruttore, che naturalmente varia in relazione alle circostanze, impone a quest’ultimo di astenersi dal compiere azioni che possano ledere un bene giuridico, costituzionalmente garantito, ovvero il diritto alla salute e alla integrità fisica del soggetto che gli viene affidato. 
Gestori e istruttori dei centri sportivi sono quindi tenuti a organizzare le attività sportive, vigilando sull’osservanza delle regole di sicurezza, al fine di evitare il superamento del limite del rischio tipico correlato alla normale pratica sportiva. 
La Cassazione, in tema di responsabilità di allenatori e istruttori di attività sportive, aveva d’altronde già sancito il seguente principio: “L’allenatore di una disciplina sportiva è titolare di una posizione di garanzia, ai sensi dell’art. 40 Cod. pen., comma 2, a tutela della incolumità degli atleti, sia in forza del principio del neminem laedere, sia, quando ci si trovi di fronte a una attività da qualificarsi pericolosa, ai sensi dell’art. 2050 Cod. civ. Ne discende che l’omessa adozione di accorgimenti e cautele idonei al suddetto scopo, in presenza dei quali l’incidente non si sarebbe verificato o avrebbe cagionato pregiudizio meno grave per l’incolumità fisica dell’atleta, costituiscono altrettante cause dell’evento. I principi enunciati in sentenza valgono anche per l’istruttore della palestra che, indipendentemente dal fatto che sovraintenda ad attività pericolose o no, è tenuto a vigilare circa lo svolgimento in piena sicurezza delle stesse e in ambienti idonei ove non vi siano fonti di pericolo” (cfr. Cass. Civ., Sez. IV Pen. – sentenza 18 luglio 2014, n. 31734).

La lettera di esonero dalle responsabilità non ha valore legale
In conclusione, da un lato, il gestore del centro sportivo deve garantire la sicurezza dei locali, degli attrezzi e genericamente degli impianti messi a disposizione degli utenti del centro; dall’altro, al pari e unitamente all’istruttore/personal trainer, deve vigilare sull’esercizio delle attività al fine di salvaguardare l’incolumità dei soggetti che si affidano al centro. Con riferimento poi a quest’ultimo aspetto, v’è da rammentare che la lettera liberatoria o di esonero da responsabilità per danni alla salute che possano riportare i clienti durante l’esercizio dell’attività, non avrebbe valore legale in quanto contraria a quanto affermato dagli artt. 5 e 1229 C.c.. In linea con tali previsioni, non potrebbe esservi alcuna tutela a priori per eventuali fatti dolosi o colposi che potrebbero verificarsi in capo a un soggetto che svolge una attività sportiva organizzata da un terzo individuo che per legge è obbligato a osservare obblighi specifici. Tra questi, deve certamente ricomprendersi l’idoneità dei luoghi in cui si svolge l’attività sportiva, delle attrezzature utilizzate e della salute psicofisica degli sportivi. In merito a quest’ultimo aspetto, è dovere inderogabile della struttura richiedere a chiunque frequenti a vario titolo, allenamenti o lezioni, una idonea certificazione medica.

Responsabili anche a distanza
Tornando al tema di interesse, quindi, e supponendo che gli allenamenti a distanza vengano resi fruibili dalla palestra solo nei confronti di soggetti tesserati che abbiano consegnato idonei certificati medici per l’attività sportiva, non si ritiene che possa escludersi la sussistenza di un obbligo di vigilanza in capo agli istruttori, che saranno comunque tenuti a presidiare la sicurezza degli utenti, proponendo delle attività compatibili con lo svolgimento nel contesto domestico e comunque adatte a una moltitudine di persone, aventi livelli di preparazione differenti tra loro. Ciò per evitare il verificarsi di infortuni come conseguenze di condotte imprudenti. La violazione di tali accortezze da parte del personale qualificato di un centro sportivo, potrebbe certamente essere in astratto fonte di responsabilità.
Al contrario, sotto il profilo della responsabilità da cose in custodia gravante in capo al gestore del centro sportivo – per quei danni che, durante le attività svolte presso i centri sportivi, possano derivare da attrezzi, o impianti utilizzati per l’esecuzione degli esercizi – l’obbligo di vigilanza deve ritenersi certamente attenuato nel caso di svolgimento di attività a distanza. 
D’altronde, la Cassazione ha da tempo sancito il principio generale per cui l’utilizzatore di una cosa, che non abbia su di essa l’effettivo potere di ingerenza, gestione e intervento, non può essere considerato custode e, pertanto, non è responsabile del danno cagionato dalla cosa a terzi (Cass. Civ., Sez. III, 10 febbraio 2003 n. 1948).

L’impatto sulla tutela assicurativa
Così delineato il regime di responsabilità, dal punto di vista assicurativo si impongono alcune considerazioni. Anzitutto, alcune polizze di Rc per l’ambito in esame sono prestate a copertura della responsabilità civile derivante all’assicurato dall’esercizio e/o proprietà di impianti sportivi e dunque di quei luoghi appositamente dedicati allo svolgimento di attività sportiva in condizioni di igiene e di sicurezza per tutti gli utenti.
Il richiamo tiene conto, infatti, della definizione fornita dalla normativa di riferimento, e segnatamente dall’articolo 2 Dm 18/3/1996 – modificato da Dm 6/6/2005 che identifica gli impianti sportivi come: “Insieme di uno o più spazi di attività sportiva dello stesso tipo o di tipo diverso che hanno in comune i relativi spazi e servizi accessori preposti allo svolgimento di attività sportive”. La copertura, in questi casi, sembra dunque intendersi riferita solamente a quei luoghi appositamente dedicati allo svolgimento di attività sportiva in condizioni di igiene e di sicurezza per tutti gli utenti.
Non solo. Il più delle volte sono proprio le Cga di polizza a escludere la garanzia per i danni “derivanti dalla proprietà di fabbricati e dei relativi impianti fissi diversi da quelli in cui si svolge l’attività assicurata”.
Infine, molte di queste polizze non comprendono “la responsabilità civile personale degli istruttori sportivi”. In questi casi, quindi, sembra potersi affermare che gli obblighi di vigilanza inclusi nella copertura debbano riferirsi principalmente agli eventuali danni che possano derivare da attrezzi, o impianti utilizzati per l’esecuzione degli esercizi. Come detto, tuttavia, nel caso di attività sportiva svolta nel contesto domiciliare mediante piattaforme “a distanza”, e dunque al di fuori del centro sportivo, non potrà configurarsi una responsabilità per cose in custodia ex art. 2051 in capo al gestore della palestra, mancando il potere di ingerenza, gestione e intervento, da parte di quest’ultimo, che quindi non potrà essere considerato custode e, conseguentemente, responsabile del danno cagionato dalla cosa a terzi. 

Opportuna una revisione dei testi di polizza
Dovrebbe quindi desumersi che sia le conseguenze dannose riportate dagli utenti per lo svolgimento di attività inadeguate o non accompagnate da un’idonea sorveglianza, sia le conseguenze derivanti da un errato utilizzo di attrezzi o impianti, non possano ricondursi nei perimetri di tali tipologie di copertura, che da un lato escludono la responsabilità personale dei personal trainer/istruttori, dall’altro appaiono limitate ai danni verificatisi negli spazi appositamente predisposti e organizzati per le attività sportive di riferimento dai centri sportivi.
Fermo quanto sopra esposto, in termini generali potrebbe forse prospettarsi un problema di coerenza per quei prodotti assicurativi che escludono dal perimetro di copertura le responsabilità degli istruttori, specie allorché si riferiscano all’attività svolta presso la palestra. Una polizza così strutturata coprirebbe infatti solo una parte della responsabilità, ossia quella inerente alla conduzione del bene (impianto sportivo) e all’attività che il cliente del centro svolge autonomamente allorché vi si reca, rimanendo invece escluse dalla garanzia tutte quelle attività di vigilanza e conduzione dei corsi poste in essere dai soggetti qualificati ivi operanti, nei confronti proprio della clientela del centro. Potrebbe perciò essere opportuna, nella costruzione dei futuri prodotti, una rivisitazione di natura prudenziale che comporti l’inclusione nella copertura assicurativa dell’intera attività riferibile al contesto considerato. Una previsione in questi termini, infatti, risulterebbe coerente con le esigenze dell’assicurato al momento del materiale collocamento della polizza, poiché il prodotto sarebbe strutturato ab origine in modo razionale e tale da soddisfare sostanzialmente, almeno in astratto, gli interessi di copertura o di protezione del mercato di riferimento per il quale è stato concepito.

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