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Dagli attuari una pagella al welfare italiano

Nel corso del XII congresso della categoria i “valutatori dell’incertezza” propongono un nuovo sistema assistenziale in partnership tra pubblico e privato

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Arrivano le pagelle di pensioni e assistenza. Ad assegnarle sono i professionisti impegnati in prima linea nei meccanismi di calcolo previdenziale: gli attuari. Nel corso del XII congresso nazionale della categoria, in corso di svolgimento a Roma presso lo Sheraton hotel & conference center, sono molti i temi trattati: dal welfare, al risk management, dai dati, al nuovo regolamento contabile Ifrs17. Una tre giorni di confronto sui progetti di sviluppo della professione, con confronti con la politica, il mondo delle imprese, la consulenza strategica, l’Ania e l’Autorità di vigilanza. Gli attuari sono 100 mila nel mondo, 23.500 in Europa. In Italia hanno superato da poco la soglia dei mille iscritti all’ordine (1.013). Nella professione, che si può svolgere da dipendenti come da liberi professionisti, la disoccupazione è praticamente inesistente: la richiesta supera costantemente la domanda. Nel mondo, anno dopo anno, gli attuari sono sempre sul podio delle classifiche delle figure più ricercate, spesso sul gradino più alto. Giampaolo Crenca, presidente del Consiglio nazionale della categoria, nell’intervento di apertura ha definito gli attuari “valutatori dell’incertezza”, delineandone un futuro sempre più manageriale legato alla gestione del rischio e alla partecipazione alle decisioni di Governo e imprese finanziarie e non. Previdenza e assistenza, assicurate ai cittadini con la combinazione di pensioni e sanità di base più forme integrative, sono parte determinante di un progetto di welfare integrato e allargato, fondato sulla collaborazione tra pubblico, privato e terzo settore, che gli attuari hanno presentato nel corso dei lavori.

La pagella del welfare italiano

Tornando al tema del welfare, nello specifico gli attuari hanno assegnato i voti partendo da un interrogativo: quando l’assegno pensionistico percepito alla fine di una carriera lavorativa si può definire sufficiente? La sufficienza si raggiunge con una copertura tra il 50% e il 70% dell’ultimo stipendio, ottenuta con la pensione base più eventuale assegno integrativo. Al di sotto ci sono l’insufficienza piena, quando la pensione non arriva complessivamente a superare il 30% dell’ultima retribuzione, e la quasi sufficienza, quando la percentuale è compresa tra il 30% e il 50%. La pensione si può valutare come “pienamente sufficiente” quando raggiunge una percentuale compresa tra il 70% e l’80% della retribuzione. Al di sopra dell’80% può essere decisamente definita ottima. Analogamente gli attuari hanno dato i voti al livello di copertura dei fondi sanitari, completando quella che si potrebbe definire la pagella del welfare italiano. Qui l’insufficienza corrisponde all’assenza totale di copertura sanitaria integrativa. Il voto “quasi sufficiente” viene attribuito alla semplice copertura di grandi interventi e di grandi eventi morbosi, ma solo per chi ancora lavora, più la copertura della non autosufficienza (Long term care) sia per i lavoratori attivi sia per i pensionati. Per meritare la sufficienza occorre che le stesse coperture per grandi interventi e grandi eventi morbosi siano estese anche ai pensionati, come la Ltc. Se a queste prestazioni si aggiunge la copertura dei ricoveri, il voto diventa “pienamente sufficiente”.

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