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Comunicare è la prima capacità per il risk manager

Dialogare e comprendere, per poi misurare e fornire dati obiettivi è una delle caratteristiche più apprezzate nella gestione del rischio: i temi della comunicazione e della diversity sono stati al centro del convegno annuale di Anra

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Il tema della comunicazione per i risk manager è centrale al fine di saper dare una corretta valutazione alle informazioni raccolte: questo riguarda sia le notizie trasmesse da mezzi di comunicazione (o da fonti social), sia la più particolare raccolta di informazioni dagli stakeholder utili alla definizione del rischio aziendale. Dall’altra parte, c’è la necessità di comunicare in modo corretto i risultati delle informazioni raccolte a chi deve prendere le decisioni strategiche dell’azienda, ma anche alle compagnie assicurative che devono valutare nel modo più adeguato l’esposizione al rischio dell’impresa cliente. La cultura aziendale e la capacità di comunicare sono stati i temi portanti del 18° convegno annuale di Anra, l’associazione nazionale dei risk manager e responsabili assicurazioni aziendali, svoltosi il 19 e 20 settembre a Milano. Una "due-giorni" di approfondimenti per la professione alla quale si sono iscritti oltre 600 addetti ai lavori. “Ai risk manager è chiesto di cavalcare una cultura che permetta di integrarsi veramente nei processi aziendali e capirne le logiche, con competenze trasversali in diverse discipline”, ha sottolineato nella sua introduzione Alessandro De Felice, presidente di Anra, secondo cui “il risk manager e il processo di Erm sono fondamentali, perché contribuiscono alla governance dei decision maker, attraverso l’elaborazione di analisi basate su assunzioni valide e misurabili”.

L’informazione è la base della strategia
Il convegno si è aperto con la sessione introduttiva Il Top Management e la cultura del rischio alla quale hanno partecipato Stefano Cao, ceo di Saipem, e Fabio Romeo, chief strategy officer di Prysmian Group. Il confronto ha portato lo sguardo sull’importanza delle informazioni a livello globale per la definizione di una strategia aziendale, che tenga conto dei potenziali impatti degli eventi geopolitici e, parallelamente, agisca in maniera consapevole e mirata per la mitigazione dei rischi.
“In un’azienda, la quotidianità dei fatti influenza l’attività: la quantità, e soprattutto la qualità delle informazioni, sono fondamentali per avere una corretta visione d’insieme quando ci si muove a livello globale – ha detto Romeo – e la definizione di un frame condiviso da tutta la struttura aziendale è fondamentale per prendere decisioni armoniche a livello globale. La formazione interna ha il compito di creare una cultura condivisa”. Un'opinione condivisa anche da Stefano Cao: “abbiamo avviato una strutturazione dettagliata del frame nel 2013, e oggi anche le nostre decisioni di politica industriale dipendono dal sistema di Erm. È necessario che tutta l’azienda percepisca i processi arricchiti, come l’Erm, non come un peso ma come uno strumento di maggiore controllo” finalizzato alla migliore efficienza. La possibilità di comprendere i rischi equivale, per il top management, alla facoltà di decidere con maggiore consapevolezza sulle strategie di business aziendali.

La comunicazione nel processo di RM
Un tema chiave per la professione del risk manager è la capacità di comunicare dentro e fuori l’azienda con tutte le figure necessarie alla funzione di gestione e controllo del rischio: una moltitudine di referenti dal profilo a volte molto differente, e con una diversa sensibilità nei confronti del rischio aziendale. Questa capacità di approccio richiede l’utilizzo di linguaggi differenti: nella tavola rotonda La Comunicazione del rischio e la governance ne hanno parlato Mario Anolli, professore ordinario di Economia degli intermediari finanziari dell’università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Enrico Guarnerio, ceo di Strategica Group, Alberto Monti, ordinario di Diritto privato comparato presso la Scuola universitaria superiore Iuss di Pavia, Paolo Ribotta, head of global corporate & commercial del gruppo Generali, e Fabrizio Sechi, risk manager di Fastweb. Partendo dall’osservazione iniziale di Monti “il linguaggio condiviso è comprensibile tra iniziati, ma diventa una barriera se l’interlocutore non lo conosce”, Fabrizio Sechi ha spiegato come sia compito del risk manager “tradurre i diversi linguaggi dei propri interlocutori anche con l’utilizzo di strumenti specifici che aiutino, attraverso la misurazione, a equilibrare le percezioni soggettive” fornendo un quadro complessivo oggettivo. Un’affermazione che ha trovato il supporto di Paolo Ribotta: “tanto più l’azienda è in grado di rappresentare il frame dei propri rischi all’assicuratore, tanto più esso sarà in grado di supportarla adeguatamente”.

La reputazione come rischio chiave

Il filo rosso che collega la comunicazione al rischio è stato trattato anche nella sessione La gestione del rischio relazionale e reputazionale al tempo della social e sharing economy, nel corso della quale hanno portato la propria esperienza Monica Guarnieri, global brand strategy and corporate identity manager di  Saipem e Romina Colciago, direttore di Aon global risk consulting Italy, coordinate da Carlo Cosimi, corporate head of insurance e risk financing di Saipem. Secondo le relatrici, l’interconnessione globale ha reso più labile la differenza tra aziende b2b e b2c rispetto alla reputazione come valore riconosciuto dal mercato; oggi ogni rischio è in potenza un danno reputazionale, così come ogni scelta aziendale ha un riscontro di immagine; è necessario quindi attivare un attento monitoraggio. 

Diversi ma complementari
La seconda giornata di lavori è stata incentrata sul ruolo delle donne nel mondo del rischio, tema che è nell’agenda di Anra dalla primavera scorsa, con scelte precise anche a livello di quote rosa nel consiglio dell’associazione e con la decisione di condurre una ricerca specifica sul tema. La mattinata di confronto è iniziata con la testimonianza di Cristiana Scelza, Brazil Surf Bu director di Prysmian Group e responsabile progetto diversity aziendale, che ha sottolineato come “aumentare la presenza femminile a livello di top management introduce una nuova visione delle cose che può avere un impatto concreto sulle scelte di business”. Nicola Canessa, professore presso la Scuola universitaria superiore Iuss di Pavia, ha approcciato il tema dal punto di vista delle neuroscienze, evidenziando come gli studi confermino alcune diversità nell’attività cerebrale maschile e femminile che delineano attitudini tendenzialmente differenti. 
La ricerca, condotta da Anra tra i soci, è stata presentata e commentata da Valentina Paduano, Erm specialist di Prysmian Group, Alessandra Bossi, Insurance manager di Siemens, Rosangela Cesareo, esperta di comunicazione e blogger, Claudia Costa, corporate insurance manager e senior legal counsel del gruppo De’ Longhi, Barbara Falcomer, direttore generale di Valore D, Marina Salamon, presidente Doxa. La ricerca ha evidenziato come i risk manager italiani riconoscano delle attitudini di genere all’interno della professione, con prevalenza femminile nell’area emotivo-cognitiva e maschile nell’area pragmatico-decisionale, un equilibrio che diventa fonte di arricchimento per il team di lavoro.

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