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Welfare, un patto generazionale da (ri)scrivere

Chiude il 12 maggio la Giornata nazionale della previdenza a Napoli. Ecco cosa è emerso, tra interventi istituzionali, proposte a sostegno dei giovani e richieste per agevolare il mercato del lavoro nel nostro Paese

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Lavoro e pensioni sono due temi indissolubili. D’altronde senza lavoro non c’è previdenza, come recita il claim della Giornata nazionale della previdenza e del lavoro (Gnp), organizzata da Itinerari Previdenziali, che si svolgerà fino al 12 maggio. La rassegna ha preso il via ieri, a Napoli, con la sesta edizione aperta da un messaggio del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. “La previdenza sociale – ha esordito il capo dello Stato – incide profondamente sulla convivenza civile e rappresenta un indicatore sulla organizzazione socio-economica di ogni Paese avanzato”. Negli ultimi anni “numerose sfide hanno investito il sistema previdenziale: la crisi finanziaria, i mutamenti demografici, le difficoltà occupazionali”, ha proseguito Mattarella aggiungendo che: “le riforme introdotte negli ultimi decenni sulla strada di una piena sostenibilità del sistema di welfare, sollecitando sempre di più la responsabilità dei singoli”, evidenziano “la necessità di evitare parimenti ogni confusione fra il sistema previdenziale di assicurazione obbligatoria e le prestazioni garantite a ogni cittadino, in ossequio al sistema di sicurezza sociale sostenuto tramite il prelievo tributario”.

IL PATTO POSSIBILE TRA GENERAZIONI 
Con la crisi in atto, la globalizzazione e la saturazione dei mercati, i temi di previdenza e impiego vengono oggi declinati in termini di scontro generazionale: i giovani non avranno le stesse garanzie dei loro padri. Da qui sorgono alcuni interrogativi. “Le domande che ci siamo posti – sottolinea Alberto Brambilla, presidente del Comitato organizzatore – sono: se questo scontro può essere il principale punto di vista; se è poi possibile, allungando l’età pensionabile, pagare le somme aggiuntive quando il lavoratore entrerà in pensione; e inoltre chi le pagherà: ancora i giovani? A cui lasciamo sulle spalle un mostruoso debito pubblico?” E proprio qui sta la notizia: “oltre il 65% del nostro debito pubblico è prodotto dalle pensioni e dall’assistenza, e ogni anno spendiamo oltre 75 miliardi per pagare gli interessi”. L’Italia figura agli ultimi posti tra i Paesi Ocse per occupazione femminile e giovanile (20-29 anni). Di contro, sulla speranza di vita è nelle posizioni di vertice (al quinto posto). Significa, quindi, che vi è un’aspettativa di vita notevole. Appare ovvio, pertanto, bilanciare il tempo da attivo con quello da pensionato, altrimenti si rischia di scaricare sui giovani oneri e debito pubblico.

“Dobbiamo aumentare l’occupazione degli under 29 e degli over 55”, sintetizza Brambilla, che avanza tre proposte in merito. In primis, ricavare nel mondo della previdenza le risorse necessarie per finanziare il sistema dell’occupazione attraverso un contributo di solidarietà, ovvero un fondo prodotto dallo stesso sistema pensionistico. Questo conviene non solo ai giovani ma anche ai pensionati che hanno bisogno di questi contributi in più per il pagamento delle pensioni, “senza dire che questo risolverebbe il patto intergenerazionale”, aggiunge Brambilla. In secondo luogo occorre ripensare l’organizzazione del lavoro adeguandosi all’Europa: le mansioni devono essere correlate all’età. Infine, riprogrammare l’invecchiamento attivo della popolazione attraverso una riqualificazione degli anziani e del loro valore economico: ad esempio, in molti Paesi europei gli anziani mettono al servizio della città il loro operato. 
Per il mondo delle casse professionali, la proposta di Brambilla è stata accolta dal presidente di Adepp, (Associazione delle casse di previdenza dei professionisti), Alberto Oliveti, che condivide l’idea del contributo di solidarietà per la tenuta del patto intergenerazionale, purché preveda “il sostegno al reddito del lavoro professionale e soprattutto la consapevolezza, vero presupposto di scelte tempestive, sia per il giovane sia per la tenuta generale del sistema”. Apertura anche dal segretario confederale della Cisl, Maurizio Petriccioli, alle proposte di Brambilla, con una serie di osservazioni però: “è necessario individuare risorse che possano dare adeguatezza alle future pensioni ed ecco spiegata l’idea del fondo di solidarietà. Ma, a mio avviso, si potrebbe intervenire con un’azione fiscale e attraverso la lotta all’evasione”.

DISOCCUPAZIONE GIOVANILE, CAMBIARE IL TREND 
Vedere il lavoro come staffetta tra padre e figlio pare oggi una concezione anacronistica. “Il nostro vero problema è il tasso di disoccupazione dei giovani. Se non facciamo aumentare la base occupazionale non risolveremo mai la questione intergenerazionale”, evidenzia Maurizio Del Conte, tra gli estensori del Jobs act, e presidente della nuova Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (Anpal). Oggi il 40% dei giovani è disoccupato rispetto all’11% di disoccupazione media. E anche il tasso di occupazione femminile è bassissimo. “Creando un’agenzia nazionale – rileva Del Conte – la scommessa è stata l’assunzione di responsabilità da parte di tutti i soggetti coinvolti (chi cerca lavoro, le imprese, lo Stato, i privati che collegano domanda e offerta di lavoro)”.
Fino a oggi, ha spiegato ancora, “non abbiamo mai avuto una politica nazionale perché pensavamo che bisognasse agire a livello provinciale e cosi abbiamo delegato le province a creare servizi per il lavoro, ma questo vuol dire che un aspirante lavoratore non ha una panoramica delle offerte a livello nazionale”. E questo deve cambiare: “l’agenzia nazionale del lavoro – conclude – ha lo scopo di aumentare l’efficienza e l’efficacia del mercato del lavoro dove abbiamo molti più problemi rispetto al resto d’Europa”.

INVECCHIAMENTO ATTIVO 
In chiusura dei lavori è arrivato il video messaggio del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Giuliano Poletti, che ha ribadito l’importanza e l’utilità delle misure pensate per favorire l’invecchiamento attivo facendo, infine, anche un breve passaggio su alcuni temi caldi dell’agenda di governo, quali uscita flessibile e part time agevolato. “Fino a un anno fa – ha rimarcato – l’85% dei contratti era a tempo determinato e precario. La riduzione dell’Ires e le ultime misure hanno prodotto una situazione occupazionale positiva (295 mila nuovi occupati, di cui 280 mila con contratto a tempo indeterminato)”. Poletti ha poi ricordato che è stato riaperto il tema delle ricongiunzioni onerose seppure non sia ancora stato risolto. “Poi – ha rimarcato – ci stiamo impegnando, ma molti elementi devono essere verificati per garantire equità ai cittadini e trovare un punto di equilibrio con il bilancio dello Stato e gli accordi con l’Europa”. Infine, un cenno all’invecchiamento attivo: “dobbiamo adeguare questo periodo di vita con nuove mansioni e dando uno scivolo per dare più tempo libero al lavoratore e al contempo un trattamento economico che non pesi in modo significativo”.

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