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Le assicurazioni che creano network

Le assicurazioni che creano network hp_vert_img
Ottimismo e voglia di crescere. È questa la percezione diffusa tra le aziende a livello globale. A certificarlo è la ricerca che Fidelity International ha condotto su un campione di 16mila realtà operanti in dieci settori, con un balzo del livello di fiducia che, da zero a 10, raggiunge 6,6 punti (+0,6 rispetto al 2017). 
Nonostante l’instabilità generale e la convinzione da parte di molti analisti che l’inversione del trend di espansione sia ormai alle porte, le imprese sembrano guardare al futuro con più leggerezza, forti della crescita di fatturato e profitti, a fronte di costi più controllabili rispetto al passato. 
Le incognite sono tante ma anche le opportunità da cogliere non mancano, a partire dal percorso di trasformazione che prende il nome di Industria 4.0, dove la tecnologia può diventare il fattore abilitante per la competitività. 
Ai progetti tecnologici si stanno inoltre affiancando, sempre più frequentemente, iniziative che parlano di maggiore attenzione alle risorse umane, in particolare sulla scia delle opportunità introdotte dalle misure in tema di welfare aziendale. 
Stando al Welfare Index Pmi presentato da Generali Italia, il 42,1% delle 4.014 aziende indagate ha scelto di puntare sul welfare perché consapevole di quanto sia ormai stretto il legame tra miglioramento del benessere, soddisfazione dei lavoratori e crescita della produzione aziendale. Tra le priorità individuate dalle imprese che hanno annunciato azioni in questo senso spiccano l’area della salute, con agevolazioni per l’accesso alle cure e alla prevenzione, e servizi di assistenza agli anziani e alle persone non autosufficienti. 
Si tratta quindi di una scelta che vede le aziende sostenere bisogni sociali sul territorio, interpretando un nuovo ruolo verso esigenze a cui il sistema pubblico non è da tempo in grado di fornire risposte adeguate. 
Un ruolo sociale delle aziende in cui il settore assicurativo deve porsi come “ponte” tra pubblico e privato, mettendo sul piatto competenze e capacità di formulare (e distribuire) prodotti e servizi mirati.
Ma il contributo delle compagnie di assicurazioni riguarda anche un più ampio intervento nel sostegno all’economia reale. Esempio eclatante è il peso che i Pir stanno ricoprendo per il finanziamento delle Pmi, con una raccolta di quasi 11 miliardi di euro contro i due inizialmente previsti (e l’annuncio di Borsa italiana di oltre 50 nuove quotazioni entro fine anno). Tanto da condurre Tommaso Corcos, presidente di Assogestioni, a richiedere al Governo di replicare il modello vincente dei Pir anche nel sistema previdenziale. 
Lo scenario in cui le aziende si muovono sembra quindi avere, almeno per il momento, un punto fermo: la volontà, la tenacia e l’ostinazione di resistere alla crisi. Nonostante il bagno di sangue in cui sono scomparse negli ultimi anni microimprese o grandi aziende. La sfida a cui puntare resta allora, soprattutto per il settore assicurativo, quella di rivolgersi non solo al segmento sano dell’imprenditoria italiana, ma anche a quelle aziende che ancora resistono e che possono farcela attraverso la ricerca di nuovi canali, alternativi a quello bancario: nuovi percorsi in cui gli imprenditori possono crescere e aprirsi a soggetti esterni, imparando a dialogare anche con investitori e con il mercato. In questo spazio, ancora tutto da costruire, il settore assicurativo dovrà inserirsi con più decisione (o trovare le modalità per farlo), e contribuire alla creazione di network tra più opzioni di offerta e servizio. Dando così risposte più efficaci alle aziende e, in modo più esteso, ai cittadini. 

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