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Quando a pagare è la collettività

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Quando a pagare è la collettività hp_vert_img
Il terremoto del 24 agosto ha riaperto una piaga che, sempre più frequentemente, ci presenta il conto in termini di vite umane, annientamento delle fatiche e dei beni di migliaia di persone, devastazione del territorio.
E, con le notizie che quotidianamente ci provengono dai Comuni colpiti dal sisma, riceviamo aggiornamenti sull’entità dei danni che, ancora una volta, non si sa chi pagherà e quando.
Le forze messe in campo con l’emergenza hanno dovuto verificare l’agibilità di oltre 8.000 edifici privati, più di 600 edifici scolastici, e portato assistenza a quasi 3.300 persone (dati della Protezione Civile al 22 settembre).
Un’attività frenetica, che non ha impedito al Governo Renzi di chiarire una questione che da anni, troppi, si sente rimbalzare in sedi più o meno istituzionali: la polizza sull’abitazione, a copertura dei danni catastrofali, non diventerà un obbligo (cioè una tassa da pagare per gli italiani). Perché lo Stato non intende arretrare o rinunciare al ruolo di tutela della popolazione, e dunque la risposta ai tanti gap che disegnano un’Italia in affanno è stata data attraverso il progetto Casa Italia.
Ma per quanto possa essere organizzata ed efficiente l’esecuzione di un’idea che, da sola, ha l’ambizione di risolvere, una volta per tutte, le debolezze e i rischi di catastrofi in un Paese come il nostro, restano comunque aperti interrogativi che non sfuggono a nessuno. Primo tra tutti, il tema delle tempistiche e degli anni che dovranno essere impiegati per poter parlare di adeguata prevenzione e messa in sicurezza di tutto il territorio nazionale.
Sempre ammesso che tutto fili liscio (trascurando il rischio corruzione, con i relativi scandali sempre pronti a maturare in tali circostanze), e ipotizzando che l’attuale legislatura abbia lunga vita e capacità di continuità decisionale e operativa.
Al momento ciò che abbiamo sono le immagini di distruzione, di vite spezzate e di impoverimento, con la certezza che i cittadini dovrebbero essere meglio informati sui rischi che corrono, e sulle scelte possibili per aumentare il proprio livello di sicurezza.
Ma qual è il reale ruolo del settore assicurativo, delle associazioni di categoria, delle compagnie, degli intermediari (e dei rappresentanti dei consumatori?) per sensibilizzare gli italiani?
Forse servirebbe far comprendere meglio, a ciascuno di noi, che è più utile (e giusto) investire contro questi rischi, anche all’insegna della mutualità, e per il bene di tutti. L’alternativa, del resto, è quella di continuare a destinare continuamente fondi per la gestione delle emergenze. Dove a pagare è, comunque, l’intera collettività.


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