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Gli italiani bocciano la sanità pubblica

Secondo il 45% della popolazione, situazione peggiorata negli ultimi due anni

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Non è un quadro positivo quello che emerge dall’indagine di Censis e Rbm Assicurazione Salute sulla situazione della sanità pubblica in Italia. Presentata a Venezia nel corso dell’evento Secondo pilastro sanitario e bilateralità territoriale nella prospettiva della riforma del titolo V della Costituzione, l’indagine mostra una crescente insoddisfazione nel tessuto della popolazione nazionale: secondo il 45% del campione, la sanità regionale è peggiorata negli ultimi due anni. Il dato è crescita del 2,4% rispetto quanto rilevato nel 2015.

La situazione appare particolarmente grave al Sud e nelle isole, dove il livello di insoddisfazione raggiunge quota 52,9%: seguono il Centro (49%), il Nord Ovest (39%) e il Nord Est (35,4%). A pesare sono soprattutto le lunghe liste di attesa, le code interminabili e la mancanza di coordinamento tra strutture, servizi e personale. Particolare stupore destano i dati relativi ai tempi di attesa per le visite specialistiche: per una mammografia ci vogliono 66 giorni, per una risonanza magnetica i tempi di allungano a 75 giorni, per una colonscopia si arriva all’incredibile cifra di 143 giorni. In questo contesto, la popolazione è costretta a ricorrere alla sanità privata per non correre il rischio che malattie gravi non vengano diagnosticate per tempo.

“In cinque anni, dal 2011 al 2016 – spiega Carla Collicelli, advisor di Censis – gli italiani che hanno rinunciato alle cure sono passati da 9 a 11 milioni. Questo ha fatto sì che assistissimo al boom della spesa sanitaria privata, arrivata a oltre 34 milioni di euro. Sono, infatti, 10,2 milioni gli italiani che hanno aumentato, rispetto a qualche anno fa, il ricorso al privato”.

Il problema rimane quello della spesa, perché non tutti hanno le disponibilità economiche di ricorrere alla sanità privata. “In Veneto, su 5 milioni di abitanti – ricorda Marco Vecchietti, consigliere delegato di Rbm Assicurazione Salute – 500 mila hanno rinunciato alle cure nell’ultimo anno per motivi economici. Ed è un dato inferiore rispetto a quello dell’Italia, che viaggia sul 18%”. La soluzione, secondo Vecchietti, è quello di affiancare “ a questo sistema, che è doppio in offerta, anche un sistema di finanziamento doppio, via fiscalità generale e uno che organizzi la spesa privata del cittadino, ottenendo una riduzione dei costi unitari delle prestazioni”. I risparmi sarebbero evidenti: “Chi si convenziona con noi – conclude – la stessa prestazione sanitaria che vende al cittadino, a noi la vende a un prezzo più basso. Ed è naturale, perché noi acquistiamo per 7 milioni di persone: è ovvio che non possa fare lo stesso prezzo che fa al singolo”.

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