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Too big to fail

S.I.F.I. – acronimo di "Sistemically Important Financial Istitution", istituto che ha un suo peso specifico all'interno delle istituzioni finanziarie, compagine di interesse sistemico. In altre parole organismo che a partire dal "crack" della Lehman Brothers, si interessa di valutare e monitorare società che sono considerate troppo grandi per fallire, come si dice in gergo "too big to fail"!


Parliamo di banche e imprese di assicurazione che, date le dimensioni "XXL", provocherebbero – fallendo – una sorta di effetto domino nei mercati, ovviamente devastante, per tutto il sistema economico finanziario mondiale.


A metà luglio di quest'anno, la "FSB" (Financial Stability Board), organismo internazionale preposto a monitorare (rigidamente) la stabilità dell'intero sistema finanziario del pianeta, ha dichiarato che sono nove le compagnie assicurative nel mondo "too big fail", e ha pubblicato la lista dei Gruppi assicurativi di importanza sistemica. Tra queste fa bella mostra di sé Generali. Unitamente al Leone di Trieste, si affiancano altri otto colossi: Allianz, AIG, Aviva, Axa, MetLife, Ping AnInsurance, Prudential Financial, Prudential. Questo elenco dei "magnifici" nove Gruppi, fanno il paio con le 29 SIFI bancarie: unico istituto di credito italiano a ben figurare, è Unicredit.


Ma quale è il concreto significato di questa lista? Intendo precisare, a puro titolo di cronaca e per chi non lo sapesse, che questa – oggi – è solo una prima mappa di ricognizione; l'elenco definitivo dovrebbe essere pubblicato entro il novembre 2017. Per le assicurazioni e banche i controlli seri estringenti partiranno nel 2019 e andranno a verificare la concreta stabilità finanziaria di ogni singolo Gruppo.


Sei anni di attesa non sono pochi, soprattutto se vogliamo dare uno sguardo a ciò che il recente passato ci ha propinato, forse proprio per la carenza di controlli: disastri economici e finanziari a tutti ben noti. Tanti occhi semichiusi da parte di coloro che avrebbero dovuto e potuto vedere e, quindi, intervenire. Troppi gli interessi sul piatto della bilancia. Leggi che non c'erano e quelle poche, presenti, non hanno risposto all'appello. Tutto è stato gestito con la "compiacenza" dei potentati finanziari dei vari Stati, che hanno lasciato andare alla deriva, a un passo dal fallimento globale, l'intera economia mondiale, apparentemente senza grandi rimorsi e con deprecabile lassismo.


Come per le banche, anche al settore assicurativo viene "imposta" l'adozione di discipline ancora più rigorose. Tra le varie regole prescritte ci sarà quella di disporre di "più alti requisiti  di assorbimento delle perdite", i cui dettagli saranno resi noti entro il 2015.


Riguardo alla metodologia con cui  FSB  è arrivata a queste prime conclusioni, valgono le dimensioni, l'attività globale, ossia su quali territori il Gruppo agisce e in che percentuale rispetto ai ricavi, le interconnessioni (derivati, turnover e riassicurazione), nonché le attività  non core, ma anche i premi per specifiche linee di business.


Sistema che ha già acceso discussioni presso l'Associazione delle imprese, europea e internazionale, puntando l'attenzione sulle "liste". In particolare "Insurance Europa" che rappresenta circa 5.500 imprese assicuratrici, ha fatto presente che i "grandi" Gruppi hanno un giro di affari particolarmente diversificato, non solo geograficamente e che, questo fatto, li rende particolarmente impermeabili ai fenomeni di crisi. Sempre l'associazione specifica che impone e ai Gruppi requisiti ancora più stringenti, reputa non sia la strada appropriata per evitare rischi sistemici. Meglio sarebbe stato partire da un diverso presupposto, andando a indicare ai singoli Gruppi quali sarebbero le reali attività nelle quali si individua un'alea di rischio.


La stessa Generali "ha ritenuto doveroso specificare sul tema che gli assicuratori tradizionali, quale il Leone di Trieste, rappresentano un fattore di stabilità per l'intero sistema economico e agiscono come "shock-absorber, grazie all'approccio di lungo termine con cui operano".


La presenza della nostra compagnia di bandiera, Generali, nella lista, si potrebbe ricondurre all'oggettivo peso che le attività non core hanno all'interno della compagnia. Un peso che, come anticipato più volte dall'ad Greco, deve essere ridimensionato. Uscirà allora dalla lista?


Allianz si "dichiara" molto solida, l'attività assicurativa non comporta rischi sistemici, convinta anche di disporre di un "modello di business ampiamente diversificato e resistente; possiede capitali e redditività sostenibile", oltre a tutte le appropriate e giuste credenziali, per restare all'interno della lista.


Del resto, dare uno sguardo ai "titoli" di questi Gruppi saldamente "magnifici", ci si rende conto che hanno corso parecchio. Sui 12 mesi (chiusura 18/7/2013) questi i risultati: Axa +62,5%, Prudential Financial +61,4%, Generali +45,4%, Allianz +45,6%, Metlife +57,8%. Unica eccezione PingInsurance Company of China che ha perso il 18,8%. Aviva esce praticamente invariata -0,3%.


Possiamo piacevolmente constatare che, al di là della crisi economico/finanziaria che sta attanagliando l'intero pianeta, le assicurazioni, sotto tutte le latitudini, hanno avuto ottime performance, sia in Europa che a Wall Street.


Riusciranno a replicare?

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