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Tutelare il principio di libertà sindacale

Corre voce insistente, peraltro confermata da ben cinque progetti di legge depositati in quest'ultima legislatura, che per molti parlamentari (e non), esista il desiderio di legiferare su una nuova rigida legge di "rappresentanza sindacale"!!!

Insomma, qualche candida manina sarebbe felice di spingere verso un progetto... frenante... nei confronti dei sindacati in generale, al di là di "chi e come" rappresentino i loro associati, una legge ad hoc, che vada a bloccare quei pochi diritti sopravvissuti agli tsunami messi in pista dai Governi negli ultimi venti anni.
Finendo di alienare lo Statuto dei lavoratori e tutti quegli altri Ccnl a tutela di lavoratori che aleggiano nei vari settori merceologici italiani. Desiderio, peraltro, mai sopito.
Forse anche per "merito" della recente sentenza della Corte Costituzionale, che trae spunto dalla durissima contrapposizione tra la Fiat e un ramo alieno del sindacato dei metalmeccanici, la Fiom. Tale sentenza è stata sufficiente a riaprire un dibattito, mai sopito tra le varie aziende italiane, sulla volontà dei Parlamenti (e dei loro lobbisti) che   hanno inutilmente tentato, da sessant'anni a questa parte, di imbavagliare i sindacati, a partire dal fatidico e mai dimenticato "progetto Rubinacci" di metà novecento, prendendo per pretesto la mai avvenuta attuazione dell'art. 39 della Costituzione.


L'attenzione di chi scrive è rivolta alla riapertura delle trattative per il possibile rinnovo dell'Accordo Imprese/Agenti, scaduto a dicembre del 2006, tra la Confindustria assicurativa (Ania) e le rappresentanze sindacali dell'intermediazione (Sna, Unapass e Anapa).
Il tavolo delle relazioni industriali è appena stato avviato per merito indiscusso del presidente dell'Ania, Minucci. Pare si sia ancora fermi ai convenevoli. Anche in questo settore le relazioni industriali tra agenti e compagnie, non sono idilliaci, anche se oggi fa capolino almeno il buonsenso.
Le imprese, da diversi anni arroccate verso un pericoloso "silenzio", negavano pretestuosamente qualsivoglia incontro... al quale si poteva rimediare solo... a determinate condizioni e cedimenti.
Nessun dialogo, quindi nessun incontro anche solo, responsabilmente, per affrontare le non poche modifiche legislative intercorse negli ultimi otto anni, che hanno, di fatto, stravolto le regole del gioco. È una pagina opaca delle relazioni industriali, che parrebbe però superata.
Anche questo comparto, a mio parere, troverebbe interessante la possibilità di una legge che possa incidere sul "modus operandi" dei vari sindacati. Pur tenendo ben presente che gli agenti di assicurazione "dovrebbero" essere imprenditori (così recita il Codice Civile).

Tutti siamo consapevoli di quanto questo concetto sia lontano dalla realtà. A malapena, guardando con obiettività le sottili pieghe di questa professione, è lecito definirli  "parasubordinati". E proprio per questa ibrida figura, è assolutamente necessario che gli agenti italiani siano supportati da rappresentanze sindacali che esprimano autorevolezza e fiducia.
Le continue forzature parlamentari su "eventuali modifiche", credo non sarebbero sgradite alla  Confindustria assicurativa  e non mi pare un pensiero malizioso. Ancor più in vista di ciò che sta elaborando l'Europa proprio per l'habitat assicurativo.

Come sciogliere i nodi storici e le diverse visioni fortemente contrapposte nella società moderna e civile, circa il ruolo e la funzione dei sindacati che operano nel terzo millennio, non è impresa facile. Se avessimo la possibilità di ripercorrere con serietà e senza pregiudizi quest'ultimo mezzo secolo, comprenderemmo il "perché" di tanto assenteismo legislativo, frutto, forse, di chi è stato sempre garante della giustizia, ma anche per placare coloro che prospettano un "comodo" e quanto mai atteso, intervento parlamentare. Per fortuna in Italia esiste una maggioranza di benpensanti e non sono molti coloro che ne sentono la necessità.
Malgrado ciò, è sotto gli occhi di tutti l'avanzata della corazzata "Liberismo"!!! 

Il gap tra le variegate visioni sindacali – oggi – è notevole: le visioni sono distanti e diverse. Trovo comunque sia legittimo ambire a obiettivi futuri diversi, anche se non sempre condivisibili. Le strategie messe in atto da alcuni vertici sindacali possono creare perplessità. La società italiana avanza, nel bene e nel male, e se così non fosse, saremmo ancora a una  Cgil unitaria, del 1950 e non avremmo potuto veder nascere Cisl e Uil. Le prime  prestigiose sigle che mi tornano alla mente.

Anche nel settore dell'intermediazione, un "sindacato" nasce nel 1919, come Ana – Associazione Nazionale Agenti, per volontà di un agente procuratore delle "allora" Assicurazioni Generali spa di Brescia, dr. Mannozzi, che nel corso della sua brillante carriera professionale ne è diventato, in seguito, direttore generale e ad Persona illuminata, aveva compreso, quasi un secolo fa, come fosse indispensabile una "rappresentanza"  degli agenti italiani, da contrapporre alle già allora robuste compagnie.
L'Ana diventa Sna (sindacato) nel 1975. Il percorso è stato unitario sino al 1986. Da quella data una scissione del 1986 crea Unapass e una seconda, nel 2012, fa sorgere Anapa.
Il pluralismo è utile anche nella contrapposizione tra sindacato di classe e sindacato di soci: questo oggi parrebbe il mercato che caratterizza il nostro peculiare sistema di relazioni industriali.

La Corte Costituzionale impronta il proprio intervento (vertenza Fiat/Fiom) nei limiti di quanto sostenuto dai Giudici di merito, al fine di puntualizzare un "principio" interpretativo al quale la Magistratura  dovrebbe ispirarsi. In altre parole, il legislatore non potrà negare, come ha tentato di sostenere Fiat, la capacità di singole autonome scelte, come quella di NON firmare nuovi contratti integrativi aziendali, ancor più se "imposti". Vado per affinità di argomento, ad  alcune rappresentanze di Gruppi Aziendali, che agiscono all'interno delle proprie imprese.
Di per sè la vicenda non può esaurire le articolate e multiformi relazioni tra sindacati e imprese; una legge sindacale non potrebbe stabilire cose diverse da quanto sostenuto dalla Consulta, che NON entra nel merito del mancato compimento dell'art. 39 della Costituzione, come sopra  accennato, ma indica semplicemente possibili future linee di intervento, qualora il Parlamento decidesse di affrontare l'argomento.

Valutare nel merito la reale utilità di un passo così importante, proprio in un momento tanto particolare del nostro paese, sarebbe arduo e rischioso, anche nei confronti degli equilibri del sistema "relazioni industriali".
Per il settore assicurativo andrebbero sottolineate tutte quelle possibili delicate sfaccettature rispetto a soluzioni legislative che non hanno, ad oggi, avuto grande successo. Con buona pace per quelle possibili risoluzioni che potrebbero attirare l'attenzione di alcuni addetti ai lavori, i quali volentieri vedrebbero la messa in competizione delle diverse anime del sindacato, finendo, questa è la verità, per indebolire la "rappresentanza" delle varie sigle, quali che esse siano. 

È importante tutelare il principio di libertà sindacale, che fonda le sue radici solo sulla legittimazione degli associati e il riconoscimento della controparte. Non certo su una rappresentanza legale imposta dall'alto (Parlamento), che svuoterebbe totalmente di significato l'atto della singola adesione o meno, a qualsivoglia "sigla", riducendo i sindacati a pura gestione burocratica.

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