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Principi costituzionali e contratti assicurativi

Pur in presenza di una normativa specifica, sempre più spesso il giudizio, anche ordinario, si rifà ai grandi temi della Costituzione per una più ampia possibilità di valutazione. È quanto avvenuto anche circa l’immeritevolezza di alcune clausole assicurative

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In un recente libro dal titolo Un diritto incalcolabile, Natalino Irti, nell’indagare la crisi del contratto e, più in generale, del diritto come fattispecie e garante di razionale calcolabilità, individua, tra le varie cause, lo spostamento delle decisioni giudiziarie dalle leggi ordinarie e dal Codice Civile ai principi costituzionali, (Irti Natalino, Un diritto incalcolabile, Giappichelli, 2016). 
E questi principi costituzionali, secondo il noto giurista, non sono altro che i valori supremi che si celano e si calano all’interno della nostra tavola costituzionale. Questo orientamento giurisprudenziale si fonda su una dottrina dominante nella nostra cultura giuridica denominata “neocostituzionalismo” o “costituzionalismo principialista” secondo la quale la Costituzione rappresenta un insieme di principi/valori e il giudice deve valutarli e bilanciarli scegliendo quello o quelli che sono più adatti a risolvere il caso sottoposto al suo vaglio. 
In effetti, leggendo molte sentenze, vengono richiamate poco le norme e i giudici si soffermano spesso sui principi costituzionali i quali non hanno bisogno di una intermediazione legislativa, e possono essere applicati ovunque essi siano invocati. 

I principi più richiamati
Il principio/valore più utilizzato ha per oggetto la solidarietà prevista dall’art. 2 della Costituzione, ma ce ne sono anche altri che vengono spesso utilizzati. Pensiamo, ad esempio, al principio del giusto processo (art. 111 della Costituzione), a quello sulla tutela del risparmio (art. 38 della Costituzione) o a quello dell’incentivo delle forme di previdenza (art. 47 della Costituzione). 
Va precisato, però, che l’applicazione di tali principi è stata effettuata nell’ambito del giudizio di meritevolezza effettuato dalla giurisprudenza sulla clausola claims made ex art. 1322, comma 2, del Codice Civile.
La prima sentenza è la numero 10.506 del 2017 della Corte di Cassazione, la quale ha affermato la nullità per immeritevolezza della clausola claims made contenuta in un contratto di assicurazione della responsabilità civile di una struttura sanitaria pubblica che aveva una retroattività triennale ma non contemplava una postuma. 

La valutazione è sull’equilibrio del rapporto
Ebbene, la Suprema Corte, dopo aver premesso che la meritevolezza non è un giudizio sul contratto in sé ma sul risultato che la pattuizione contrattuale atipica intende perseguire, rileva che se tale risultato è in contrasto con il principio di solidarietà e di non prevaricazione che il nostro ordinamento pone a fondamento dei rapporti privati in forza dell’articolo 2 della Costituzione, non può che conseguirne la nullità di tale clausola per immeritevolezza. Secondo la Corte di Cassazione, dunque, il modello della clausola claims made senza postuma attribuisce all’assicuratore un vantaggio ingiusto e sproporzionato, e pone l’assicurato in una posizione di soggezione rispetto all’assicuratore, sicché tale modello è immeritevole. 
Il drastico giudizio di immeritevolezza della clausola si fonda, dunque, su un’approfondita valutazione dei rapporti tra assicurato e assicuratore e, come detto, sul risultato che, secondo la Suprema Corte, la clausola intende perseguire. Ma ciò che si intende evidenziare è che il fondamento di tutte le fini argomentazioni della Suprema Corte è rappresentato dal principio costituzionale di solidarietà previsto dalla nostra Carta Costituzionale. È questo principio che porta alla declaratoria di nullità della clausola per immeritevolezza. 

“Immeritevolezza” anche per la giurisprudenza di merito
L’irrompere dei principi costituzionali (e in particolare del principio di solidarietà) nelle sentenze per affermare la nullità della clausola claims made senza postuma si può ricavare anche dall’esame di una sentenza della giurisprudenza di merito. 
La sentenza n. 7149/2016 del tribunale di Milano ha affermato l’immeritevolezza della clausola claims made senza postuma contenuta in un contratto che assicurava la responsabilità civile di un architetto e la sua conseguente nullità per contrasto con il dovere di solidarietà sancito dall’articolo 2 della Costituzione, posto che tale dovere costituisce “supremo principio costituzionale, esprime cooperazione e si caratterizza per una valenza etica identificandosi con un ideale di partecipazione piena all’altrui vicenda che non può non assumere aspetti di reciprocità”.
Ebbene, analizzando a fondo la clausola in parola e, più in generale, il rapporto negoziale tra assicurato e assicuratore e il premio pagato da esso assicurato (peraltro, molto contenuto) nonché l’asimmetria del rapporto contrattuale, il giudice è giunto alla conclusione che tale clausola è contraria al principio di solidarietà stabilito dalla nostra tavola costituzionale e, come tale, è immeritevole di tutela e, quindi, nulla. 

Libertà contrattuale e contraddizioni
In attesa che le Sezioni Unite si pronuncino sull’immeritevolezza della clausola claims made senza postuma, quello che mi preme sottolineare è che il richiamo sempre più frequente che la giurisprudenza fa ai principi costituzionali per modificare/integrare o per dichiarare la nullità di una clausola o di un contratto, si pone in contrasto con un altro principio fondamentale del nostro ordinamento che è la libertà contrattuale. Sono d’accordo con la dottrina qualificata che afferma che non si deve mitizzare il principio della libertà contrattuale (Alpa Guido, I contratti, Giuffrè 2014) ma è giusto mettere in evidenza i rischi legati a una continua ricerca della giustizia contrattuale da parte della giurisprudenza. 
Ricordiamoci che il legislatore prevede in molteplici norme (per primo nel Codice Civile), strumenti che tutelano i consumatori, gli assicurati, i risparmiatori e altri soggetti che si trovano in una posizione di asimmetria rispetto al contraente forte. E sono proprio queste norme che dovrebbero essere applicate dalla giurisprudenza per affermare la vessatorietà di una clausola o la nullità di una pattuizione contrattuale per immeritevolezza, non principi/valori costituzionali.

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