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Intrecci applicativi dell’invalidità biologica temporanea

Tra le questioni che rallentano l’iter normativo per il varo delle tabelle uniche nazionali di valutazione delle macrolesioni c’è il valore giornaliero della liquidazione del danno biologico temporaneo e permanente

Intrecci applicativi dell’invalidità biologica temporanea hp_vert_img
Il tema torna d’attualità in tempi recenti, considerato che oggi lo schema di tabella unica nazionale sulle macrolesioni proposta dal Mise si è bloccato proprio nelle consultazioni istituzionali di rito, in occasione delle quali sono state sollevate alcune obiezioni sul testo, tra cui l’assenza dell’indicazione, e quindi della stima, del valore giornaliero dell’invalidità temporanea.
E pensare che per volontà proprio del legislatore tale problema neppure dovrebbe sussistere. Invece pare essere un vero e proprio impasse, che per ora paralizza l’adozione delle tanto agognate tabelle uniche nazionali sul danno alla persona, attese da anni e anni. La nozione di danno biologico, frutto di elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, viene per la prima volta definita dal legislatore (art. 3 della legge n. 57/2001) come “la lesione dell’integrità psicofisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale”.
Al riguardo sussistevano dubbi di natura logica sulla possibilità di liquidare autonomamente il danno biologico permanente e il danno biologico temporaneo.
Appariva improprio distinguere il danno biologico da invalidità temporanea e il danno biologico da invalidità permanente, poiché si trattava di un’unica voce di danno, consistente nella lesione del diritto alla salute, indipendentemente dalla capacità di produzione del reddito e che, come tale, “non può che essere liquidato globalmente dal giudice in denaro, ricorrendo necessariamente al potere equitativo riconosciutogli dall’art. 1226 c.c.” (App. Milano, 3 gennaio 1995, n. 18; App. Milano, 12 marzo 1996, n. 750).
La normativa ha poi superato tali osservazioni e ha imposto al giudicante, quantomeno per le micropermanenti, la liquidazione separata della invalidità temporanea e della invalidità permanente con riferimento al danno biologico da micropermanente.

NELLE TABELLE LE BASI PER ARRIVARE A UNA DEFINIZIONE
Ancora oggi l’art. 138 del codice delle assicurazioni non prevede l’adozione del valore giornaliero della invalidità temporanea. Tuttavia, nel silenzio normativo, la soluzione pare alquanto semplice, tenuto conto che le coordinate per la quantificazione della temporanea sono già state previste dal legislatore nell’art. 139 cod. ass. sulle microlesioni. L’art. 1 così recita: “b) a titolo di danno biologico temporaneo, è liquidato un importo di euro quarantasei virgola ottantotto per ogni giorno di inabilità assoluta; in caso di inabilità temporanea inferiore al cento per cento, la liquidazione avviene in misura corrispondente alla percentuale di inabilità riconosciuta per ciascun giorno”. 
In tale situazione di stasi, diremmo ingiustificata, della tabella sulle macrolesioni, si pone ancora una volta un nodo tra previsioni legislative (inattuate) e tabelle milanesi difficile da sciogliere (nel mio precedente articolo sul danno sofferenziale/morale parlavo anche della personalizzazione, che il legislatore ha inteso solo per il danno biologico, mentre la tabella milanese sul complessivo danno non patrimoniale).
Perché se da un lato il legislatore è tanto preciso quanto categorico riguardo la terminologia utilizzata per comporre gli artt. 138 e 139 cit., dall’altro la tabella milanese sembra tuttavia più adeguarsi razionalmente alle specifiche peculiarità della situazione giuridica del danneggiato. Ebbene, secondo il legislatore, il valore dell’invalidità temporanea giornaliera è determinato in modo identico, sia che si tratti di una microlesione che di una macro. Il valore è dettato dall’art. 139 cod. ass.. Non solo: la temporanea comprende solo la componente biologica dinamico-relazionale, nulla più, dunque il cosiddetto non poter (più) fare pro tempore: si parla di danno biologico temporaneo.
L’aspetto sofferenziale morale integra dunque solo la permanente.
La tabella milanese prevede invece un valore maggiore e ben differente (euro 99) dell’invalidità temporanea nelle macrolesioni, peraltro prevedendo anche la componente morale (i valori indicati nella tabella del 2021 sono sbinati, ovvero viene indicato euro 72 a titolo biologico ed euro 27 per il morale).
Da un lato si ritiene di apprezzare ancora una volta la soluzione tabellare milanese, tenuto conto che un non poter più fare temporaneo che precede una microlesione è ben più lieve rispetto all’attesa di una macrolesione, magari importante.
È altrettanto evidente che anche nel comparto della temporanea vi sia una possibile stima della sofferenza, se non altro quella patita durante il ricovero al nosocomio, per esempio, e certamente di gradi differenti: nel primo caso sopra citato certamente meno impegnativa della seconda riguardo le macro.

QUANDO STABILIRE IL PASSAGGIO DA TEMPORANEA E PERMANENTE
Ma è altrettanto vero, su base di alcuni interventi rilevanti dottrinari, che quanto alla stima in termini di valore della temporanea, anche la tabella milanese commette lo stesso errore del legislatore, tenuto conto che la tabella citata prevede sia micro che macro (non scordiamoci che ha inizio dal valore dell’1% di IP), al netto della medesima quantificazione giornaliera della temporanea. La questione interpretativa non è finita qui.
Perché l’invalidità temporanea si pone anche quale parametro di calcolo per la corretta stima della lesione permanente.
Ad oggi per prassi, sin da calcolatori noti su internet, la lesione permanente è legata al calcolo dell’età a partire dalla data dell’illecito! Una prassi errata e molto pericolosa, che muove alla deriva dai saldi principi regolatori della materia.
Invero, vale la pena di ricordare che il dies a quo della invalidità permanente va calcolato a partire dal giorno di cristallizzazione della lesione, che diviene da temporanea a permanente, e non dal giorno del sinistro.
Calcolare entrambe le poste, temporanea e permanente, a partire dal giorno del sinistro determinerebbe, e determina, una ingiustificata duplicazione risarcitoria. 
Questo, nella pratica, per rilevare che nel caso in cui sia maturata una invalidità temporanea di due anni dal sinistro, l’età della vittima per il calcolo della permanente dovrà essere valutata nei due anni a seguire dal sinistro, e non alla data dell’avvenimento. Così con orientamento tralatizio la Corte di Cassazione, nella liquidazione del danno biologico permanente, occorre fare riferimento all’età della vittima non al momento del sinistro, ma a quello di cessazione dell’invalidità temporanea, perché solo a partire da tale momento, con il consolidamento dei postumi, quel danno può dirsi venuto a esistenza. Ne consegue che il danno biologico di natura permanente deve essere determinato solo dalla cessazione di quello temporaneo, giacché altrimenti la contemporanea liquidazione di entrambe le componenti comporterebbe la liquidazione dello stesso danno (sentenza n. 3806/2004, confermata con sentenze nn. 3121/2017).
Concludendo, ci si augura che l’intervento del legislatore possa maturare in tempi brevi, e che questo periodo di tempo di attesa possa essere frutto di importanti riflessioni per la determinazione dell’invalidità temporanea, per nulla di importanza secondaria rispetto alle lesioni permanenti, ma anzi propedeutica alle stesse.
Per nulla da scartare la soluzione sancita in veste para-normativa dall’osservatorio meneghino: d’altro canto, la temporanea che precede le macrolesioni merita una previsione più articolata, e con possibilità di parametrarsi più al singolo caso concreto (range di valori di riferimento e componente sofferenziale), tenuto conto che precede lesioni permanenti ben più gravi rispetto alle microlesioni.

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