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Risk off-risk on

Per la propria esperienza professionale, gli intermediari assicurativi e bancari non hanno in genere la forma mentis più adatta per convincere i clienti a investire il capitale liquido del conto corrente. Hanno però tutte le competenze per proporre la sottoscrizione dei prodotti di protezione

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Immaginiamo due bottoni, uno verde e uno rosso: quello verde disinnesca il rischio e quello rosso lo innesca, ma non si tratta di un ordigno esplosivo, bensì del potenziale enorme che ha la proposizione congiunta di prodotti di protezione e di investimento.
Gli italiani lasciano sui conti correnti quantità enormi di denaro, soprattutto per far fronte a eventuali necessità o bisogni in caso di emergenza.
Se analizziamo le possibili emergenze, scopriamo che tutte sono coperte da assicurazioni: casa, incendio, furto, malattia, vita. Eppure, salvo eccezioni, chi propone polizze assicurative, disinnescando così gli effetti negativi di un sinistro, difficilmente propone poi di investire quella parte di liquidità infruttifera accantonata in caso di bisogno.
Proporre protezione è un’attività agli antipodi rispetto alla proposizione di investimenti finanziari, che hanno insito il concetto di rischio. Rischio di perdita parziale o totale del capitale investito, rischio di illiquidabilità nei tempi e nei modi auspicabili dagli stessi sottoscrittori. 
Pochi associano il rischio alla perdita del valore di acquisto, diretta conseguenza dell’inflazione che ha ripreso a mordere da marzo in modo significativo.
In mercati ancora guidati dai professionisti, le loro competenze e le loro attitudini commerciali sono determinanti.
Così come è complesso che un gestore corporate, abituato a dare denaro, diventi un buon consulente finanziario, che il denaro deve chiederlo, ottenerlo e saperlo investire, così difficilmente un agente assicurativo si sentirà a suo agio nel proporre un investimento finanziario.
Può essere però vero il contrario: un buon gestore bancario o un buon consulente finanziario potrebbero usare il tema della protezione per disinnescare il timore di investire i propri risparmi e lasciarli in liquidità infruttifera.

Serve saper scardinare le obiezioni reali
In altre parole, in un mondo ideale e razionale, chi riesce a trasmettere al proprio cliente un senso di protezione da eventuali rischi per i quali tiene il denaro sul conto corrente, logicamente dovrebbe riuscire nell’arduo compito di convertire questo in risparmio gestito. 
La realtà, sappiamo, è molto differente e le motivazioni sono molteplici. Ancora una volta, volendo semplificare, potremmo dire che ci sono tre fattori che frenano i comportamenti più virtuosi.
Il primo fattore è correlato al rendimento e alle performance degli investimenti. Facciamo un esempio di cosa dire a chi, con un’inflazione al 7%, ha investito i suoi risparmi che dopo sei mesi segnano un -12% in conto capitale.
Se ha un orizzonte temporale corretto, ad esempio per un investimento azionario almeno cinque anni, non dovrebbe temere, ma solo aspettare. Il vero quesito è proprio questo: quanti hanno stabilito un orizzonte temporale al momento della sottoscrizione? 
Il secondo fattore è correlato al costo dei prodotti e a come viene comunicato. Se si propone un investimento per la gestione della liquidità che ha un costo dell’1%, va spiegato quanto costerebbe non investire. 
Il terzo e ultimo fattore riguarda la fiducia, vero propulsore sia per le banche che per le assicurazioni. La fiducia si costruisce nel tempo e sulla base di esperienze positive. 
Se sommiamo questi tre fattori (performance, costi e fiducia), scopriamo che il pallone è nella metà campo dell’offerta e che solo i migliori faranno gol senza falli o fuorigioco.

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