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L’idoneità allo scopo è un principio guida

In base all’articolo 145 del Codice delle assicurazioni, la domanda giudiziale può essere ritenuta procedibile anche se la richiesta di risarcimento inviata all’assicuratore è parzialmente priva di specifici elementi prescritti dalla legge

L’idoneità allo scopo è un principio guida hp_vert_img
Da sempre la legge sulla assicurazione obbligatoria dei veicoli e dei natanti si pone l’obbiettivo di agevolare l’incontro tra danneggiato e responsabile del danno (inteso come l’assicuratore, ovvero il soggetto tenuto a risarcirlo), in un’ottica di collaborazione e riavvicinamento necessaria a evitare l’inutile propagarsi del contenzioso di settore e, soprattutto, proprio per agevolare il danneggiato stesso che deve avere il risarcimento nel minor tempo possibile.
Una chiave di volta per questo duplice obiettivo venne identificata, ancora dal legislatore della legge n. 990 del 1969, nella dettagliata disciplina della richiesta danni, ovvero imponendo delle precise formalità alla prima manifestazione all’impresa assicuratrice della volontà del danneggiato di chiedere il risarcimento. 
Solo la massima chiarezza espositiva e di allegazione nel rapporto tra danneggiato e assicuratore consente a quest’ultimo di bene istruire il sinistro e procedere, in tempi rapidi, alla sua liquidazione. 
Dunque, la richiesta di risarcimento che il danneggiato di un sinistro stradale deve inviare all’assicuratore del responsabile, a pena di improponibilità della domanda giudiziale ex art. 145 del Codice delle assicurazioni, è idonea a produrre il suo effetto in tutti quei casi in cui contenga gli elementi necessari e sufficienti affinché l’assicuratore possa accertare la responsabilità, stimare il danno e formulare l’offerta. 
A stabilirlo è stata da ultimo la VI Sezione Civile della Corte di Cassazione con la pronuncia n. 36142 del 23 novembre 2021. Gli ermellini di Piazza Cavour sono stati chiamati nuovamente a pronunciarsi a distanza di soli quattro mesi dalla precedente decisione (Corte di Cassazione, Sez. VI, - 3 Ordinanza n. 15445 del 3 giugno 2019) sulla incompletezza della richiesta risarcitoria che la vittima di un sinistro stradale deve rivolgere alla compagnia d’assicurazione. 

L’ITER PER LA RICHIESTA DI RISARCIMENTO
Com’è noto, il procedimento per il risarcimento del danno da sinistro stradale è quello regolamentato dall’articolo 148 del Codice delle Assicurazioni, il quale contiene delle prescrizioni precise relative alle formalità necessarie affinché l’assicurazione possa ottemperare al suo obbligo risarcitorio, differenti a seconda che esso riguardi danni materiali o lesioni personali.
In particolare, per quanto concerne i sinistri con soli danni a cose, nella richiesta di risarcimento devono essere indicati, oltre ai dati idonei a individuare gli aventi diritto al risarcimento, anche il luogo, i giorni e le ore in cui i beni danneggiati sono messi a disposizione dell’assicurazione affinché quest’ultima possa provvedere all’accertamento dell’entità del danno.
Nel caso in cui dal sinistro siano derivate lesioni personali o, addirittura, il decesso della vittima, la richiesta di risarcimento va presentata dal danneggiato o dagli aventi diritto, i quali dovranno indicare il proprio codice fiscale oltre ai dati relativi all’età, all’attività del danneggiato, al suo reddito e all’entità delle lesioni subite. 
La richiesta deve altresì essere corredata dall’attestazione medica comprovante l’avvenuta guarigione con o senza postumi permanenti. Nella richiesta di risarcimento vanno inoltre descritte le circostanze nelle quali si è verificato il sinistro e la dichiarazione con la quale il danneggiato dimostri di non avere diritto ad alcuna prestazione da parte di istituti che gestiscono assicurazioni sociali obbligatorie o, in caso di decesso, dallo stato di famiglia della vittima.
In forza di quanto previsto, l’impresa di assicurazione è tenuta a formulare una congrua e motivata offerta di risarcimento o a comunicare i motivi per i quali non intende provvedervi nel termine massimo di 60 giorni per i danni materiali e nel termine di 90 giorni nel caso di lesioni personali.
Se la richiesta di risarcimento presentata dal danneggiato o dall’avente diritto è incompleta, l’impresa di assicurazione, ai sensi dell’articolo 148 del Codice delle assicurazioni, è tenuta a richiedere al danneggiato le necessarie integrazioni entro 30 giorni. La summenzionata procedura contiene, dunque, delle prescrizioni precise la cui violazione comporta l’improponibilità dell’azione per il risarcimento dei danni causati dalla circolazione dei veicoli e dei natanti. Non è dello stesso avviso la Suprema Corte, la quale, con una recente ordinanza, ha abbracciato un’interpretazione più “morbida” della disposizione in esame.

IL CASO: UNA RICHIESTA DI RISARCIMENTO NON COMPLETA
Con sentenza n. 1409/2020, il Tribunale di Trani dichiarava inammissibile la domanda di risarcimento danni proposta dal danneggiato di un sinistro stradale, a causa della carenza nella richiesta risarcitoria avanzata in sede stragiudiziale ex art. 148 d.lgs. n. 209/2005 degli specifici elementi prescritti dalla legge.
Avverso la summenzionata sentenza, il danneggiato proponeva ricorso in Cassazione, evidenziando da un lato l’irrilevanza della denunciata incompletezza della richiesta risarcitoria, dal momento che la compagnia assicuratrice aveva rifiutato di formulare l’offerta non certo per tale ragione, bensì per la (asserita) assenza di responsabilità in capo al proprio assicurato; dall’altro, quand’anche la richiesta fosse stata incompleta, la compagnia avrebbe avuto l’obbligo di pretenderne l’integrazione, senza possibilità, in caso contrario, di eccepirne ex post l’incompletezza.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso, e con una interpretazione “di sostanza” della norma sottoposta al suo vaglio ha sancito che “la richiesta di risarcimento che la vittima di un sinistro stradale deve inviare all’assicuratore del responsabile, a pena di improponibilità della domanda giudiziale ex art. 145 del Codice delle assicurazioni, è idonea a produrre il suo effetto in tutti i casi in cui contenga gli elementi necessari e sufficienti perché l’assicuratore possa accertare le responsabilità, stimare il danno e formulare l’offerta, essendo pertanto irrilevante, ai fini della proponibilità suddetta, la circostanza che la richiesta sia priva di uno o più dei contenuti previsti dall’art. 148 del Codice delle assicurazioni, qualora gli elementi mancanti siano superflui ai fini della formulazione dell’offerta risarcitoria da parte dell’assicuratore”.

L’OBIETTIVO PRIMO DELLA DOMANDA È FAVORIRE LA TRATTATIVA
In sostanza secondo le motivazioni addotte, il Supremo Collegio afferma che qualsiasi minimo scostamento tra i contenuti della richiesta stragiudiziale concretamente inviata all’assicuratore del responsabile di un sinistro stradale, e i contenuti prescritti dall’art. 148 del Codice delle assicurazioni, renda di per sé la suddetta richiesta efficace, qualora l’atto abbia comunque raggiunto il suo scopo, e cioè favorire una trattativa con l’auspicio di addivenire a una soluzione conciliativa stragiudiziale; pertanto, anche se la richiesta di risarcimento danni è incompleta, ma efficace, la domanda giudiziale è procedibile. 
In particolare, gli ermellini hanno evidenziato la necessità di evitare interpretazioni che favorirebbero capziosità e cavillosità, tenuto conto: 
(a) della collaborazione tra danneggiato e assicuratore che nella fase stragiudiziale impone correttezza (art. 1175 C.c.) e buona fede (art. 1375 C.c.); 
(b) della circostanza che il nostro ordinamento è permeato da un assetto teleologico delle forme, in virtù del quale sia in ambito sostanziale che in ambito processuale nessuna nullità o invalidità è “predicabile” quando l’atto abbia comunque raggiunto il suo scopo.
Nel caso in esame, difatti, rileva il Collegio, a seguito della richiesta stragiudiziale inoltrata dalla danneggiata, la compagnia assicuratrice non solo non si attivava per la richiesta delle integrazioni ritenute necessarie ai fini della formulazione dell’offerta risarcitoria, ma recisamente negava la sussistenza del fatto dannoso denunciato dalla danneggiata, rendendo, dunque, palesemente superflua la mancanza (nella richiesta stragiudiziale) degli elementi “indispensabili” ai fini della proponibilità del ricorso.
Con detta pronuncia, dunque, la Suprema Corte ha condiviso ancora una volta l’orientamento già seguito in passato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo il quale “il combinato disposto degli arrt. 145 e 148 del Codice delle assicurazioni va interpretato alla luce del principio della validità degli atti comunque idonei al raggiungimento dello scopo, e pertanto è sempre idonea al raggiungimento dello scopo la richiesta stragiudiziale di risarcimento quando sia priva di elementi che, pur espressamente richiesti dalla legge, siano nel caso concreto da ritenere superflui al fine di accertare le responsabilità e stimare il danno” (Cass. Sez. VI -3 Ordinanza n. 19354/2016; Cass. Sez. VI- 3 Ordinanza n. 15445/2021). 

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