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La cultura protegge dai rischi

Circa 260 persone hanno partecipato all’evento annuale di Insurance Connect sul tema, che si è tenuto ieri a Milano. Si è parlato dei tanti cambiamenti in atto sui diversi fronti di attività delle imprese. Al settore assicurativo il compito di accompagnare la società in un percorso che unisca conoscenza, consapevolezza e adozione di soluzione adeguate a coprire minacce sempre più complesse e interconnesse

La cultura protegge dai rischi
Secondo l’economista austriaco Peter Drucker, “nella vita ci sono rischi che non possiamo permetterci di correre e rischi che non possiamo permetterci di non correre”. Milioni di imprenditori, grandi e piccoli, si trovano ogni giorno di fronte alla necessità di dover fare delle scelte per provare a mitigare le conseguenze di eventi nefasti. Le possibilità che si verifichi una calamità naturale, di essere vittime di un attacco informatico o di finire nell’occhio del ciclone mediatico dal punto di vista reputazionale, devono essere analizzate imparando a conoscere le minacce di cui si ha paura. E l’unica strada percorribile per poterlo fare è quella di creare cultura. Questo concetto chiave è stato al centro del convegno Rischi, il valore della conoscenza, organizzato ieri a Milano da Insurance Connect e interamente moderato da Maria Rosa Alaggio, direttore di questa testata. I circa 260 partecipanti hanno potuto assistere a un’intensa giornata dedicata a questi temi, in un evento ormai diventato un appuntamento fisso che coinvolge ogni anno aziende di svariati settori produttivi e, ovviamente, il mondo assicurativo nel suo complesso (compagnie, periti, intermediari, fondazioni e centri studi).

CONOSCERLI PER EVITARLI

La cultura del rischio è strettamente connessa con la capacità di gestire l’azienda. Lo ha ricordato nel suo intervento di apertura il presidente di Anra, Alessandro De Felice, il quale ha definito la cultura come l’insieme di valori, credenze, conoscenze e comprensione condiviso da un gruppo di persone con uno scopo comune. La cultura esiste a diversi livelli dell’azienda e si forma attraverso l’atteggiamento e il comportamento, principii che si trasferiscono poi sul risk management. La cultura del rischio sta tra ciò che si percepisce e ciò che noi crediamo, ma dev’essere pienamente allineata con le strategie di risk management, osservando comportamenti e percezione.

DISTINGUERE IL PERCEPITO DAL REALE: IL VALORE DEL DISCERNIMENTO

I rischi vanno gestiti in un contesto sociale, economico, politico, che influenza l’azione delle aziende e il modo di vivere e di valutare i livelli di sicurezza in cui ci muoviamo. Per questo occorre essere capaci di interpretare le evoluzioni della società. Su questo punto, una bussola orientativa è stata offerta da Nadio Delai, presidente di Ermeneia, secondo cui stiamo attraversando un cambiamento d’epoca: le persone chiedono più sicurezza perché vedono la fine delle certezze che erano abituate a osservare. In questo è fondamentale riuscire ad avere discernimento, per individuare i rischi veri, e non quelli ansiogeni, distinguendo il percepito dal reale. Perché la realtà mostra, ad esempio, un’economia che non va male come la percezione comune vorrebbe far credere.

UNA PROPOSTA PER LE CATASTROFI NATURALI

Anche il rischio catastrofi naturali sconta una distorsione nella percezione tra quanto sia reale tale minaccia e quanto sia poco annoverata tra le paure degli imprenditori. Luigi Pastorelli, valutatore del rischio, risk manager presso aziende private e pubbliche amministrazioni, docente incaricato di teoria del rischio presso diverse sedi universitarie e direttore tecnico del gruppo Schult’z. Pastorelli ha riportato all’attenzione dei presenti i dati relativi al trend delle catastrofi naturali, e ha suggerito un nuovo approccio lanciando la sua proposta per assicurare i rischi da catastrofe naturale, coinvolgendo i gestori delle utenze. L’idea prevede, tra le altre cose, che il premio assicurativo sia integralmente deducibile dall’Irpef o dall’Ires, e che ogni assicurato all’atto dei versamenti periodici dei premi ottenga un tax credit correlato al valore dell’importo del premio.

DALLA CULTURA DEL RISCHIO ALLA GESTIONE DELL’AZIENDA

Tornando al punto di vista delle aziende, il confronto della prima tavola rotonda ha evidenziato la necessità di avvicinarsi con più decisione al mondo dei rischi, in una fase in cui la loro valutazione sarà sempre meno legata a un semplice indicatore di un rischio di credito. Marco Manzoni, già presidente dei giovani imprenditori di Confindustria Bergamo, ha osservato che tra i rischi più sentiti nel suo territorio spicca quello del passaggio generazionale delle aziende a gestione familiare, laddove la mancanza di una cultura manageriale all’interno dell’impresa mette a repentaglio il futuro dell’attività. È importante quindi supportare le aziende nel loro percorso di evoluzione culturale. Un lavoro che da tempo è portato avanti da Asseprim – Confcommercio, come ha ricordato il vice presidente nazionale (con deleghe per finanza e assicurazioni) Francesco Saverio Losito. Secondo Luigi Di Falco head of life, welfare and non life non motor di Ania in Italia non si è ancora sviluppato un approccio di gestione del rischio, che si riflette nella sottoassicurazione di privati e imprese. Per Di Falco si dovrebbe pensare al rischio non come a una sciagura ma come a un’attività da prendere in carico. La soluzione proposta da Massimo Michaud, neopresidente di Cineas, è quella di fare sistema creando luoghi di incontro, basandosi sul principio che la formazione non nasce solo dalle lezioni in cattedra ma anche dal confronto di esperienze: fondamentale risulta quindi il coinvolgimento dei vertici delle aziende, che possono portare il loro prezioso contributo. Tuttavia, come ha evidenziato il presidente di Aipai, Aurelio Vaiano, in Italia ci sono ancora troppi imprenditori che concentrano sulla propria persona troppe responsabilità, e soprattutto c’è poca percezione per i rischi da interruzione di attività e per i danni indiretti. In questo dovrebbe essere in primis l’intermediario a orientare l’imprenditore nell’individuazione delle aree di rischio, ma la realtà si scontra con alcuni limiti. Uno di questi, individuato dal presidente di Aiba, Luca Franzi De Luca, è la scarsa intelligibilità dei contratti e le correlazioni tra i rischi non sempre ben evidenti. L’altro limite, citato dal presidente di Acb, Luigi Viganotti, è quello di un mercato ancora non sufficientemente aperto. Viganotti osserva nella direttiva Idd un’opportunità per far evolvere la figura del broker attraverso la consulanza. Su questo punto, però, non si è detto concorde Franzi De Luca, il quale ha sottolineato che l’attività consulenziale non è una novità per il broker e che la direttiva europea con la sua burocrazia, al contrario, rischia di sottrarre tempo alla consulenza.

TRA TERREMOTI E INQUINAMENTO

Il convegno ha anche visto tre momenti di approfondimento  su altrettanti specifici rischi: il terremoto, l’inquinamento eil terrorismo. Per quanto riguarda gli eventi sismici, è intervenuto Paolo Augliera, direttore della sezione di Milano dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, il quale ha fatto chiarezza sul tema. In particolare, ha evidenziato il concetto di esposizione al rischio sismico, che non è connesso all’evento in sé quanto alla quantità di costruzioni e di attività umane presenti in un determinato territorio. In Italia, ha ricordato Augliera, c’è poca memoria storica degli eventi verificatesi nei secoli scorsi e una enorme sottovalutazione del rischio. L’attenzione si è poi spostata sul rischio ambientale, di cui ha parlato Lisa Casali, manager di Pool Inquinamento, che anche relativamente a questa minaccia ha evidenziato una sottovalutazione del rischio. L’Italia, ha spiegato, è uno dei Paesi che punisce più severamente questo tipo di danni, eppure per la prevenzione si fa ancora poco perché si scontano vari pregiudizi, in primis il fatto che siano solo le aziende di un certo tipo (ad esempio quelle chimiche) a essere esposte. Per quanto riguarda il rischio terrorismo, di cui ha parlato Marco Di Liddo responsabile geopolitico del CeSi, l’attenzione deve restare alta. Non siamo più di fronte a strutture logisticamente organizzate. Oggi vengono lanciati dei segnali di propaganda raccolti da soggetti vulnerabili (sia sotto il profilo sociale sia sotto quello psicologico) che li raccolgono mettendo in pratica azioni solitarie: in questo campo, è evidente che la prevenzione può essere messa in atto solo da una scrupolosa attività di intelligence.

PREVENZIONE E RIPARAZIONE

La parola è poi tornata agli imprenditori che hanno portato all’attenzione la loro percezione del rischio. Secondo MauroGattinoni, direttore dell’Associazione piccola industria Lecco e Sondrio, nelle Pmi manca una percezione aggregata sul rischio: gli imprenditori fanno fatica a capire che quel sinistro avvenuto in casa d’altri può accadere anche alla propria azienda. Il tema è stato approfondito attraverso il racconto del caso concreto di un sinistro, quello subito quattro anni fa dalla Cartiera di Cologno di Giacomo Masotina. L’imprenditore ha spiegato come è stato gestito il danno, come è stato possibile ripartire e quali azioni sono state messe in campo per evitare analoghi sinistri in futuro. Determinante, in quell’occasione, è stato l’apporto del perito Marco Valle, consigliere di Aipai, che ha sottolineato l’importanza nel suo lavoro di agire solo dopo aver riflettuto con freddezza su come affrontare l’emergenza.

I PROBLEMI, LE ESPERIENZE E LE INIZIATIVE

La giornata si è conclusa con una tavola rotonda dedicata alle iniziative messe in campo dalle aziende per creare una vera cultura del rischio. Si è partiti dai risultati di una ricerca di PwC, illustrati dall’advisor della società di consulenza, Marco Porcelli. Lo studio ha individuato i rischi più percepiti a livello mondiale dalle aziende: in cima alla lista c’è l’impatto delle nuove regolamentazioni, seguite dal rischio geopolitico e dal cyber risk. È quindi fondamentale investire sul fronte della sicurezza, come ha sottolineato il risk manager di Unieuro, Claudio Marchionni. Tuttavia esistono anche rischi non immediatamente tangibili, come hanno ricordato l’ad del gruppo Fecs, Olivo Foglieni, e il risk manager di Iren, Paolo Cova, i quali hanno individuato nel rischio reputazionale una delle minacce più pericolose. Che però, secondo il risk manager di Fastweb, Fabrizio Sechi, non deve essere vista come una minaccia ma come un fattore critico di successo da cogliere come opportunità di miglioramento, perché la diffusione di una cultura del rischio è un argomento che deve toccare la sensibilità di ciascun componente dell’azienda. Dal punto di vista della domanda e dell’offerta di credito, ha spiegato Sandra Bassi della direzione area Brescia nord e valli di Cassa Padana, le difficoltà consistono nel far emergere le potenzialità future delle piccole aziende, osservandole in prospettiva nella loro potenzialità e nella capacità di gestire i rischi. Un ambito in cui, secondo Nicola Cattabeni, presidente di Ugari, le piccole imprese hanno ancora moltissima strada da fare in termini di competenze. Come sempre, il convegno è stato reso possibile anche grazie all’aiuto degli sponsor, alcuni dei quali hanno presentato le proprie case history durante la giornata. Un ringraziamento per la presenza e il contributo decisivo va quindi a Chubb, Das, Dual, Munich Re, Acb, Afi Esca, Qbe e XL Catlin.

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