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È un diritto la qualità del vivere quotidiano

Una decisione della Cassazione sui danni da immissioni nocive, attesta che il danno non patrimoniale può sussistere anche se non misurato quando incide sul benessere e sulla qualità della vita privata

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Una vicenda giudiziale per una lite da immissioni nocive tra una famiglia e un esercizio aperto al pubblico porta a una sentenza della suprema Corte di cassazione sulla quale è interessante fare una riflessione. 
Una famiglia siciliana chiedeva in una lite che il giudice ordinasse la immediata rimozione di una canna fumaria apposta lungo la facciata di un edificio, al fine di eliminare i fumi, il calore e gli odori prodotti dall’attività di ristorazione posta al piano terra. 
All’esito di una Ctu disposta dal Tribunale di Agrigento, il giudice adito ordinava all’esercizio pubblico l’immediata rimozione della canna fumaria e la sua collocazione in altro sito, con l’osservanza delle norme vigenti in materia di distanze.

Un danno che non incide sulla salute
Disatteso il reclamo proposto dal ristorante, i ricorrenti introducevano il giudizio di merito anche al fine di conseguire il risarcimento dei danni che assumevano subiti per l’illegittima attività della convenuta.
Il Tribunale di Agrigento accoglieva nel merito le domande attoree, confermando l’ordine di rimozione della canna fumaria e disponendo la condanna della convenuta al pagamento della somma di 5.000 euro a titolo di ristoro del danno non patrimoniale in favore di ognuno dei richiedenti.
La vicenda approda infine in Cassazione sul ricorso della parte condannata al risarcimento, la quale denuncia la violazione degli articoli 2043 e 2059 C.C., nella parte in cui la decisione di merito aveva ritenuto sussistente il danno non patrimoniale in re ipsa in assenza della dimostrazione di un danno attuale e concreto effettivamente patito dagli istanti e nonostante lo stesso giudice avesse escluso la presenza di un danno alla salute per gli inquilini dell’appartamento.

Un diritto per la Convenzione europea  
La Corte di Cassazione, con decisione in commento (Sez. II Civile, n. 23754 del 16 ottobre 2018) disattende le ragioni di censura, confermando la condanna al risarcimento del danno da immissione.
Osserva la Corte di avere già, in materia di danno non patrimoniale da immissioni, di recente affermato (Cass. S.U. n. 2611/2017) che l’assenza di un danno biologico documentato non osta al risarcimento del danno non patrimoniale conseguente a immissioni illecite, quando siano stati lesi il diritto al normale svolgimento della vita familiare all’interno della propria abitazione e il diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, quali diritti costituzionalmente garantiti, nonché tutelati dall’articolo 8 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, la prova del cui pregiudizio può essere fornita anche con presunzioni. 
Nel corso del giudizio di merito l’istruttoria aveva infatti potuto accertare che, a causa delle permanenti immissioni nocive, era emerso “un quadro sufficientemente chiaro e completo dei disagi sofferti dagli istanti, con i trasferimenti fuori di casa, le assenze da scuola dei figli e le altre circostanze sopravvenute in dipendenza della difficile vivibilità della casa”.
Il riconoscimento del danno non patrimoniale quale conseguenza delle immissioni illecite prodotte dalla condotta della convenuta, lungi poi dal ristorare un danno in re ipsa, costituisce il frutto di un apprezzamento dei concreti e rilevanti disagi prodotti in danno dei convenuti, che hanno visto in tal modo gravemente compromesse le abitudini di vita quotidiana, disagi che, come detto, giustificano la risarcibilità del danno subito ex art. 2059 C.C..

La quiete prima del Santo Patrono
Sul tema del danno da immissioni illecite si era già espressa la Corte di Cassazione, addirittura a Sezioni Unite nella citata decisione n. 2611 del primo febbraio 2017: nel caso specifico, la Suprema Corte aveva riconosciuto la responsabilità del Comune, per mancato esercizio dei poteri di vigilanza, avendo autorizzato la posa di un palco in occasione della festa del Santo Patrono a meno di un metro dalle abitazioni civili durante i festeggiamenti, e di non averlo successivamente rimosso, configurando così una turbativa della vita domestica conseguente a immissioni sonore e luminose (in senso conforme si veda anche Cassazione n. 20927/2015).
Si tratta dunque, essenzialmente, di inquadrare i profili soggettivi di disagio e di grave compromissione degli aspetti della quotidianità esistenziale delle vittime, e di collocare tali disagi non in un contesto di modesta incidenza lesiva, bensì riferito alla lesione di un diritto primario e personale, che veda nel modo di esplicarsi all’esterno la realizzazione esistenziale di detti profili soggettivi tutelati.  
Una volta ben delimitato il pregiudizio soggettivo all’ordinaria condotta esistenziale delle persone, con lesione di diritti primari e assoluti, quali la serenità familiare e il libero godimento della proprietà, non resta che determinare il danno in senso materiale, processo che, nel caso, specifico si è tradotto in un versamento della misura di 5.000 euro per ogni membro del nucleo familiare esposto al fenomeno infiltrativo. 

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