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Attenti a dove si mettono i piedi

Va bene la responsabilità del custode nel mantenere sicure strade e marciapiedi, ma il pedone è tenuto a vigilare sulla propria sicurezza, soprattutto se l’ostacolo è visibile. Una sentenza della Cassazione rigetta con questa motivazione una richiesta di risarcimento

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Nella nostra rassegna delle decisioni giurisprudenziali di merito e legittimità più recenti, ci imbattiamo ancora una volta in una decisione ove la suprema Corte di Cassazione è stata chiamata a dirimere una controversia sorta per l’ennesima vicenda legata da una caduta di un pedone in una buca stradale (Cass. 3° Civile, Ord. n. 12032 del 16 maggio 2018, pres. Amendola, rel. Cirillo).
È questa, come sappiamo, un’evenienza tutt’altro che infrequente, specie in ampi agglomerati urbani, almeno stando alle cronache giornalistiche e alle vicende riferite più o meno clamorose o grottesche. 
Meno nota è, di contro, la percezione collettiva di come la giurisprudenza si muova in questo contesto, e se ogni buca costituisca sempre una colpa del gestore dell’area stradale, oppure se vi siano limiti ed elementi in fatto da verificare. 
In verità, sul piano giuridico, si scontrano due principi di diritto entrambi rilevanti nel nostro ordinamento: l’uno, attiene agli oneri del custode della rete stradale o dei marciapiedi, ad esempio, e deriva dall’art. 2051 del Codice Civile, in base al quale chi abbia il governo della cosa ne deve garantire l’incolumità per le persone.
Di contro, l’articolo 1227 dello stesso Codice prevede che chiunque debba prestare attenzione e cura tanto nell’evitare di incorrere in situazioni per sé pregiudizievoli, quanto di aggravare il danno subito. 

Comportamento colposo del danneggiato
Così, per esempio chiaro di quanto appena detto, nella decisione qui segnalata la domanda era stata proposta da un pedone che lamentava di essere caduta a causa della presenza di una buca, esistente sul manto stradale in un’area di accesso al pubblico all’interno di un ospedale.
Contro la sentenza della Corte d’appello di Lecce di rigetto della domanda risarcitoria, il pedone ricorreva in Cassazione. 
La Corte, si legge nella motivazione con la quale, confermando la decisione assolutoria per la struttura, definitivamente chiude il caso, osserva che i giudici di merito, con un accertamento in fatto non suscettibile di riesame in sede di legittimità, hanno affermato che dai fotogrammi allegati era emerso che la buca in questione era di dimensioni e profondità non trascurabili, con un bordo frastagliato e una tonalità di grigio differente rispetto a quella dell’asfalto circostante. 
Tuttavia, essendo l’incidente avvenuto in pieno giorno (ore 10 del mattino), la buca era pienamente visibile, al punto che un comportamento più attento dell’infortunata avrebbe consentito di evitarne la caduta. 
A fronte di una simile ricostruzione, non vale l’assunto della ricorrente, la quale insisteva ricordando la natura della responsabilità del custode di cui all’art. 2051 Cod. Civ. (che gli impone la prova liberatoria del così detto caso fortuito), perché come più volte affermato dalla stessa giurisprudenza dell’alta corte, il caso fortuito idoneo a fare venire meno la responsabilità del custode può essere costituito anche dal comportamento colposo del danneggiato; il che è esattamente ciò che la Corte di merito ha riconosciuto nel caso di specie.

Vige la regola della convivenza sociale
Quella della caduta accidentale è, come detto, una casistica assai frequente e numerose sono, conseguentemente, le decisioni che occupano l’attività di giudici di merito e di legittimità.
Vero è però che l’orientamento costante dei giudici è sempre stato quello di una particolare severità non solo nel giudicare gli oneri di attenzione e manutenzione del custode, ma anche e forse più, nel valutare la condotta degli utenti della strada che devono comunque e sempre prestare una particolare attenzione e prudenza anche nelle azioni più semplici, come entrare in un portone o camminare per strada.
È, insomma, questa una regola banale di convivenza sociale per la quale ogni membro della collettività è destinatario di un obbligo primario che consiste nella individuazione di un parametro di prudenza e attenzione che deve caratterizzare ogni nostra azione del vivere comune. 

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