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Insurtech: moda passeggera o realtà?

L’innovazione applicata al settore assicurativo sta conquistando spazi di mercato soprattutto come entry level per le giovani generazioni. Si può pensare che per questo motivo, a lungo termine, diventerà il sistema di sottoscrizione più praticato. Servono però budget e progetti dedicati

Watermark vert
Sono ormai diversi anni che alle porte del settore assicurativo si affacciano insurtech che promettono di creare profonde discontinuità con il passato: agili, non necessariamente piccole, in grado di sviluppare velocemente prodotti e servizi innovativi o nuovi modi di fruizione, hanno talvolta già consolidato la loro presenza sul mercato, portando i player tradizionali a profonde riflessioni. Ciò è molto vero per i mercati meno maturi (si pensi all’India) in cui la quota di Pil spesa per prodotti assicurativi è ancora limitata: in queste realtà, l’insurtech ha i maggiori tassi di crescita e contribuisce a educare i clienti che hanno limitate esperienze precedenti, se non addirittura nessuna.

In Italia crescita lenta 
Gli investimenti in insurtech sono reali: nel 2017 valevano circa 2,3 miliardi di dollari (657 milioni solo per le start up), con un Cagr del +42% dal 2012 e con più di 200 deal conclusi (Cagr del 35% dal 2012).  Gli Usa sono il Paese target principale di queste operazioni (62% dei deal), con nuovi Paesi emergenti (Uk, India e Francia in primis). Tra i deal più rilevanti spicca quello di Lemonade, insurtech specializzata nei predictive data, in grado di assicurarsi 120 milioni di dollari a dicembre 2017. Le assicurazioni tradizionali non sono rimaste a guardare e, con venture companies o in autonomia, l’anno scorso hanno fatto registrare un record di investimenti in aziende tecnologiche collegate al core business (120, + 14% rispetto al 2016). Ad esempio, Allianz Ventures ha partecipato a un round di finanziamento da 35 milioni di dollari per 1Qbit, specializzata nello sviluppo di software per il calcolo quantistico.
Non si può dire lo stesso per il nostro Paese: quello italiano è sicuramente un mercato maturo per le assicurazioni e in cui gli investimenti nell’innovazione, in tutti i settori, hanno volumi ridottissimi, anche solo rispetto ai nostri vicini europei. 
Di certo l’insurtech è sulla bocca di molti nel settore e alcune esperienze di sperimentazione si sono fatte notare: né tra gli operatori, però, si registra una sensazione di urgenza per reagire al fenomeno, né tantomeno la clientela pare esigere con forza profonde innovazioni nell’esperienza di fruizione. Ancora, dunque, le insurtech italiane si stanno concentrando su nicchie di mercato o su fasi specifiche del processo assicurativo: si pensi alle polizze temporanee o all’insurance P2P.
Ciò che accade a livello internazionale, però, non può lasciarci incuranti, ed è doveroso chiedersi come mai l’insurtech registri così tanto interesse e stia progressivamente prendendo piede sul mercato assicurativo.

I fattori critici di successo 
Tre sono, secondo noi, i principali driver di differenziazione delle insurtech: 
  • le profonde competenze in settori contigui; 
  • il rinnovamento delle logiche di copertura e degli schemi di pricing; 
  • la revisione dei modelli di servizio e della customer experience.
La capacità di gestione e utilizzo di una grande mole di dati è una competenza che non è più sufficiente e può essere definita quasi come un “fattore igienico”, per poter anche solo affacciarsi in questo mercato. Ai data scientist migliori, infatti, nelle insurtech si affiancano competenze profonde in settori contigui a quello assicurativo, ovvero attinenti ai contenuti più specifici delle polizze e assenti nelle strutture organizzative delle compagnie tradizionali. Queste consentono di guardare al rischio e ai dati sui sinistri in modo nuovo, sviluppando soluzioni innovative in grado di stupire il cliente perché più vicine al concreto dei suoi bisogni. Si pensi, ad esempio, ai team di meteorologi che agiscono nelle insurtech specializzate in rischi meteo.
Guardando invece alle nuove logiche di copertura, società come Trov offrono sistemi instant insurance, attivabili e disattivabili da smartphone in qualsiasi momento e su qualsiasi tipo di bene, e in grado di coprire il cliente solo per i momenti di reale bisogno. Anche gli schemi di pricing sono in profonda revisione e le compagnie che applicano schemi tradizionali rischiano di essere percepite incoerenti se non scorrette, anche solo per non premiare con un rimborso il cliente che non ha sinistri, come fanno molte insurtech (si pensi a Axieme in Italia o Otherwise in Francia). Wefox, ad esempio, ha sviluppato un sistema che presto sarà in grado di aggiustare in tempo reale il premio assicurativo sulla base di contextual data (si pensi al premio della polizza auto che varia in tempo reale in base alla località in cui si sta guidando).
Le insurtech stanno ridefinendo i modelli di servizio per venire incontro alle rinnovate esigenze dei clienti, oggi esposti a esperienze di acquisto o interazione eccellenti, assicurandosi costi di acquisition ridotti. La strategia di Lemonade, ad esempio, si focalizza sul segmento dei più giovani (96% degli assicurati ha meno di 35 anni), all’inizio del ciclo di vita assicurativo, poco o per niente contagiati dai meccanismi di vendita tradizionali e provenienti anche da basi clienti di partner (es. Gdo). Il pricing concorrenziale e il focus su un segmento poco redditizio (almeno all’inizio) comportano economics di breve non esaltanti ma, facendo leva su una customer experience distintiva, assicurano churn rate più bassi delle compagnie tradizionali e meccanismi di passaparola positivi, a garanzia dei risultati di medio-lungo termine. 

Accorciare e distanze dei grandi player
Quali implicazioni, quindi, per le compagnie assicurative? L’impostazione secondo cui le compagnie tradizionali gestiscono il business e, in parallelo, un budget IT diventa sempre meno sostenibile: la tecnologia deve diventare il core business. 
Se nei mercati emergenti questa trasformazione si fa sempre più urgente, in quelli maturi la rivoluzione è alle porte: da un lato vi sono le insurtech che competono con le compagnie assicurative lungo tutta la catena del valore, seppur con una crescita non dirompente: dai modelli di pricing personalizzati per bisogni specifici alla gestione automatizzata dei sinistri, dalle modalità di interazione con i clienti ai modelli distributivi non intermediati o privi di una rete fisica. Dall’altro lato, la minaccia più forte e, al momento, più credibile è quella dei giganti del web o altri grandi gruppi che hanno una clientela vastissima di cui conoscono esattamente i bisogni, le esperienze di consumo, di cui posseggono vasti insiemi di dati e che sono sufficientemente robusti da investire e essere compliant con la normativa europea. Lo scenario dell’ingresso sul mercato di attori come questi si fa sempre più realistico dopo i recenti annunci (ad esempio Amazon che entra nel settore della salute) e le compagnie più accorte non possono più stare alla finestra: per poter essere pronte alla rivoluzione, devono iniziare sin da oggi a cambiare pelle ed esercitarsi su modelli organizzativi più agili e snelli, abbandonando la logica a silos e aprendosi alla velocità e alla sintonia con consumatori sempre più esigenti.

Servono progetti e investimenti mirati
È qui che l’insurtech diventa un’opportunità da cogliere per integrarne le tecnologie e ridefinire la catena del valore delle assicurazioni: le insurtech possono fungere da partner strategici, innestandosi su pezzi della catena del valore e contribuendo al raggiungimento degli obiettivi di compagnia su un mercato nuovo, con nuove logiche di competizione. 
Le competition e le call for ideas dedicate alla start up non sono più sufficienti: il modello vincente prevede la collaborazione con i nuovi player, integrandone competenze e strumenti, e soprattutto la velocità e snellezza nel testare soluzioni. Per farlo, alle compagnie tradizionali non mancano le risorse finanziarie per acquisire competenze o addirittura intere insurtech, ma è il timing delle iniziative e il committment di tutte le business unit a determinarne il successo. La creazione di investment unit con un budget dedicato di risorse finanziarie per lo sviluppo digitale e cogliere le opportunità emergenti sembra un percorso fruttuoso: l’integrazione delle insurtech acquisite si basa sulla collaborazione con business unit, su progetti pilota con team multidisciplinari in mercati specifici prima di scalare la tecnologia su tutto il gruppo. In parallelo ci si struttura per sviluppare internamente le competenze e attirare talenti digital necessari per soddisfare appieno i propri clienti.

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