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L’onere della prova nella Med-Mal

Una sentenza della Cassazione ha ribadito il rispetto, anche formale, dei diversi ambiti tra attori e convenuti in caso di richiesta di risarcimento in sanità e il valore della ricostruzione complessiva dell’evento

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Il genitori di una bambina nata con gravi malformazioni agivano in giudizio contro il medico e la struttura presso la quale erano state eseguite le ecografie durante la gravidanza, sostenendo che la mancata diagnosi pre-natale della malformazione fetale avrebbe leso il diritto della coppia di genitori alla procreazione cosciente e responsabile.
Il Tribunale di Reggio Calabria accoglieva la domanda, condannando i convenuti al risarcimento dei danni patrimoniali in favore dei coniugi e del danno non patrimoniale in favore degli stessi e del fratello della figlia malformata.
La Corte di Appello, tuttavia, ribaltava la decisione, respingendo la domanda risarcitoria sul presupposto che gli istanti non avessero provveduto ad allegare in giudizio uno specifico inadempimento diagnostico pre-natale, imputabile ai convenuti e riferibile sul piano causale al danno concretamente dedotto in giudizio (la malformazione detta displasia setto-ottica).
La questione approda avanti alla suprema Corte di Cassazione ove, con la decisione segnalata (Cass. n. 26516 del 9 novembre 2017 – Pres. Travaglino, Est. Sestini), viene confermata l’assoluzione dei sanitari convenuti.

Un ambito di azione vincolato per l’attore
È interessante la decisione in argomento laddove consente di discernere in dettaglio la ripartizione degli oneri probatori, tra attori e convenuti, nel giudizio promosso per il risarcimento del danno da colpa medica. Nel caso specifico, infatti, si legge nella decisione che la Corte ritiene (in ciò aderendo alle premesse argomentative degli attori) che  in punto di estensione degli oneri di allegazione della parte attrice, è errato ritenere che sia necessario che l’allegazione degli attori abbia a oggetto specificamente l’inadempimento costituito dal mancato riscontro della displasia setto ottica e che, correlativamente, l’accertamento sulla sussistenza dell’inadempimento dovesse essere condotto avendo riguardo alla rilevabilità o meno di tale specifica patologia.

L’oggetto dell’accertamento

Deve ritenersi, infatti, osserva la Corte, che la necessità, affermata fin da Cass., S.U. n. 577/2008, dell’allegazione di un inadempimento qualificato, astrattamente idoneo a costituire causa del danno, non onera l’attore che agisca in ambito di responsabilità sanitaria della necessità di individuare specificamente la condotta omessa o l’errore commesso, essendo sufficiente che venga individuata la prestazione asseritamente mal adempiuta e che venga ipotizzato un nesso causale fra la stessa e il pregiudizio lamentato.
Nel caso specifico, quindi, quando venga dedotto il mancato riscontro di malformazioni fetali, l’accertamento giudiziale deve estendersi all’esame complessivo della prestazione sanitaria dedotta in causa (per valutarne la correttezza o meno e l’eventuale incidenza causale rispetto al pregiudizio lamentato), senza essere circoscritto alla rilevabilità di una specifica malformazione, dal momento che ciò che rileva è la possibilità di accertare una (qualsiasi) malformazione grave, in funzione dell’eventuale scelta abortiva.

Fondamento del giudizio è la ricostruzione dell’evento clinico
In buona sostanza – questo il punto di maggior rilievo della decisione – l’onere probatorio dell’attore di allegare un inadempimento qualificato non si deve estendere fino a indicare esattamente la patologia insorta e la sua portata menomante per la vittima, ma è sufficiente che l’istante deduca quale prestazione sia stata mal eseguita e quali possano essere (in astratto) le conseguenze di tale errata condotta. Spetterà poi al convenuto sanitario dedurre o l’inesistenza dell’errata tecnica lamentata dal paziente, ovvero l’assenza di alcuna incidenza della propria condotta rispetto al male lamentato.

Vale la congruità dell’operato
Ciò chiarito, la Corte ritiene che sia corretta la sentenza assolutoria dei sanitari perché nel caso concreto il giudice di merito aveva escluso, comunque, la possibilità di rilevare l’esistenza di una malformazione, tenuto conto delle conoscenze scientifiche dell’epoca, dei limiti tecnologici delle apparecchiature utilizzate e dell’assenza di linee guida convalidate.
In conclusione, la Corte con questa decisione richiama la diversificazione dei compiti tra l’asserita vittima di errore sanitario e il medico operatore, precisando che, se all’uno tocca la deduzione astratta dell’inadempimento e all’altro l’onere di liberarsi dall’imputazione di colpa, in ogni caso la ricostruzione scientifica della vicenda clinica e i suoi profili causali rispetto al danno lamentato restano il perno centrale dell’indagine, con l’introspezione verso l’effettiva imputazione al sanitario di una condotta concreta e certa, in assenza della quale lo stesso deve essere mandato assolto. 

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