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Attivi unit e index linked: Ivass promette la revisione delle regole

Nei chiarimenti applicativi sul Regolamento 24/2016 risultano centrali, e urgenti, provvedimenti che riducano il gap competitivo tra le imprese italiane e quelle comunitarie, favorite da autorità di vigilanza caratterizzate da un approccio maggiormente “market friendly”

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In data 29 dicembre scorso, Ivass, ha pubblicato alcuni chiarimenti interpretativi riguardanti, tra l’altro, la valutazione delle riserve tecniche dei contratti unit e index linked.
In particolare, i chiarimenti, resisi necessari con l’entrata in vigore lo scorso giugno del Regolamento Ivass n. 24/2016 in materia di investimenti e di attivi utilizzabili a copertura delle riserve tecniche, riguardano le modalità con le quali le imprese devono valutare gli attivi a copertura delle riserve tecniche e prevedono, nello specifico, che:
(a) le imprese valutino le riserve tecniche dei contratti unit e index linked secondo quanto disposto dall’articolo 41 del d. Lgs. n. 209/2005 (Codice delle Assicurazioni Private);
(b) gli attivi dei contratti previdenziali siano valutati coerentemente con le riserve tecniche da coprire;
(c) non vengano predisposti nuovi registri (oltre a quelli già costituiti ai sensi della previgente normativa) per le attività a copertura delle riserve tecniche del lavoro indiretto.
Al di là, forse, dei registri assicurativi, non pare tuttavia che i chiarimenti forniti siano andati oltre al ribadire principii già noti agli operatori.
Di maggiore interesse, invece, è l’affermazione con la quale l’Autorità di vigilanza si impegna a effettuare una revisione della regolamentazione alla prima occasione utile.
Su quest’ultimo punto è senz’altro opportuno ricordare che la disciplina degli attivi impiegabili a copertura delle riserve tecniche delle polizze unit e index linked è ferma alla Circolare Isvap n. 474/2002 e che, a oggi, tale testo regolamentare non ha subìto praticamente alcuna modifica, sebbene il settore sia stato attraversato da cambiamenti epocali.
In particolare, la Sezione 3 della predetta Circolare (che trova applicazione unicamente nei confronti delle imprese domestiche), nell’elencare le tipologie di attivi nei quali le imprese Vita possono investire, enumera una serie limitata, e in parte datata, di strumenti finanziari non più attuali rispetto alle evoluzioni compiute dagli stessi mercati finanziari.
Per non parlare dei limiti di concentrazione agli investimenti che, sebbene ispirati alla logica della diversificazione (elemento centrale anche nei mutati assetti di Solvency II), rischiano tuttavia di limitare oltre modo il già ristretto novero degli strumenti finanziari considerati eligible.

Un rimedio allo svantaggio competitivo
C’è da chiedersi quando sarà colta “la prima occasione utile” indicata da Ivass per la revisione della regolamentazione, dal momento che l’agenda regolamentare, oltre a non essere ancora del tutto sgombra dall’implementazione di Solvency II, prevede per i prossimi mesi un’intensa attività che dovrà necessariamente contemplare il recepimento della nuova direttiva in materia di distribuzione assicurativa (Idd) e il travagliato processo di implementazione della regolamentazione di settore relativa ai Priips, al momento posticipata.
È auspicabile che, nel momento in cui si metterà mano alla revisione della regolamentazione, si consideri lo svantaggio competitivo accumulato in tutti questi anni dalle imprese italiane rispetto a quelle comunitarie, favorite da autorità di vigilanza caratterizzate da un approccio maggiormente market friendly. Svantaggio che, nonostante la centralità (anche nella direttiva Solvency II) riservata al contraente di polizze unit e index linked, dovrebbe essere più facile poter colmare, considerati i mutati scenari introdotti da tale nuova direttiva di self assessment da parte delle imprese dei propri rischi e degli strumenti finanziari idonei a coprirli, con il conseguente venir meno dell’indicazione delle macro-categorie di attivi nei quali investire, e dei relativi limiti di investimento.

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