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La responsabilità della PA nel danno da cose in custodia

Nel valutare un caso di sinistro stradale la Cassazione equipara la violazione delle norme del codice della strada a un comportamento “abnorme e imprevedibile” tale da interrompere il nesso causale tra custodia e danno

La responsabilità della PA nel danno da cose in custodia hp_vert_img
Con la sentenza 3739 dell’8 febbraio 2023 la Suprema Corte di Cassazione affronta il tema della responsabilità del custode ex articolo 2051del Codice civile in relazione alla condotta di guida degli utenti della strada, concludendo per una esimente da responsabilità in favore della Pubblica amministrazione. La vicenda concerne l’azione risarcitoria promossa da una compagnia assicuratrice della responsabilità civile che convenne in giudizio l’ente comunale per ottenere, in surrogazione dei diritti del proprio assicurato, il pagamento della somma corrisposta ai terzi trasportati, danneggiati a causa di un sinistro verificatosi allorquando il conducente del mezzo, nel percorrere una strada a doppio senso di circolazione con divieto di sorpasso, stante la doppia linea continua, aveva effettuato un sorpasso non consentito. Invadendo la corsia opposta, il conducente si era imbattuto in un cantiere aperto dove si trovava un tombino anch’esso aperto, che gli faceva perdere il controllo del veicolo e la cui presenza era segnalata solo per gli utenti provenienti dalla direzione opposta, ai quali detta corsia era riservata. Rigettata la domanda in primo e secondo grado, l’assicuratore promuoveva ricorso per cassazione adducendo che la Corte di merito aveva errato nel confermare la decisione del giudice del primo grado, che aveva sostenuto che il sinistro fosse imputabile esclusivamente alla condotta incauta dell’automobilista: questi, effettuando un sorpasso vietato ad alta velocità ed occupando illegittimamente l’opposta corsia non percorribile in quel senso di marcia, aveva avuto incidenza causale autonoma e assorbente recidendo il nesso causale tra la custodia della cosa, che aveva carattere inerte e il fatto generatore di danno. In particolare, il ricorrente denunciava che la manovra vietata di sorpasso non integrasse gli estremi del fortuito atto a interrompere il nesso causale tra la custodia del bene e il danno.

UN PERICOLO VALUTATO “A SENSO UNICO”
Gli Ermellini ritengono infondato il ricorso sulla scorta del succinto ragionamento: nel caso di specie, non poteva addossarsi al custode l’obbligo di prevedere l’altrui comportamento imprudente e contrario alle disposizioni del Codice della strada, costituendo esso un evento del tutto imprevedibile e inevitabile come tale idoneo a interrompere il nesso causale tra la cosa in custodia e l’evento dannoso; inoltre, non vi era alcuna esigenza di porre ulteriori cartelli di avviso della presenza del cantiere, anche sul lato opposto della carreggiata di percorrenza dei veicoli, in quanto non vi sarebbe stata alcuna esigenza di segnalazione prevalendo l’affidamento sulla diligenza degli utenti della strada in relazione al citato divieto di sorpasso.
Conclusivamente, si ritiene doversi affermare l’esclusiva colpa dell’automobilista, in quanto la situazione dei luoghi non poteva dirsi pericolosa per chi percorreva la via poiché nella relativa corsia di pertinenza il tombino aperto era adeguatamente segnalato, mentre era pericolosa per chi percorreva quel tratto di strada contromano in violazione delle regole del codice della strada e, in particolare, del divieto di sorpasso.

UN PRECEDENTE CON ESITO DIVERSO
La motivazione sembra però liquidare la vicenda un po’ troppo frettolosamente.
La Corte di Cassazione giustamente richiama il principio madre che sta alla base della responsabilità per custodia ex art. 2051 C.c., secondo cui per integrare la responsabilità è necessario e sufficiente che il danno sia stato “cagionato” dalla cosa in custodia, assumendo rilevanza il solo dato oggettivo della derivazione causale del danno dalla cosa, sicché il danneggiato ha il solo onere di provare l’esistenza di un idoneo nesso causale tra la cosa e il danno, mentre al custode spetta di provare che il danno non è stato causato dalla cosa, ma dal caso fortuito nel cui ambito sono compresi, oltre al fatto naturale, anche quello del terzo e dello stesso danneggiato. Purtuttavia la Corte sembra non avere tenuto conto di altre circostanze dirimenti relative al caso concreto.
Invero è la stessa Corte nelle proprie motivazioni a effettuare un richiamo alla pronuncia Cass. n. 15761/2016, concernente una fattispecie analoga a quella in commento: il teatro dell’accaduto era rappresentato da un manto stradale sconnesso, con buche, rappezzi e persino un cartello che faceva divieto di transito ai mezzi pesanti per “rischio di crollo”. 
In questo caso la Corte di merito aveva ritenuto la “disattenzione” del danneggiato, essendo le sconnessioni del manto ben evidenti, tale da sola a interrompere il nesso causale.
Il ricorso per cassazione del danneggiato viene però accolto.

GLI OBBLIGHI NELLA CUSTODIA DELLE STRADE
Anche in detto caso la Suprema Corte, richiamato il principio fondamentale in materia di custodia ex art. 2051 C.c., approfondisce quali siano gli obblighi gravanti sulla Pubblica amministrazione in materia di custodia delle strade.
In particolare si precisa come, secondo i principi acquisiti nella giurisprudenza della Corte, l’art. 2051 C.c. postula la sussistenza di un rapporto di custodia della cosa e una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa, tale da consentire il potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa. 
In secondo luogo, resta a carico del custode la dimostrazione positiva del caso fortuito, cioè del fatto estraneo alla sua sfera di custodia, avente impulso causale autonomo e carattere di imprevedibilità e di assoluta eccezionalità.
Inoltre, con specifico riferimento alla responsabilità degli enti pubblici in relazione a sinistri riconducibili all’assetto della sede stradale, sussiste un obbligo generale di adottare, nonostante la discrezionalità della Pubblica amministrazione, misure atte a scongiurare situazioni di obiettivo pericolo ed è configurabile la responsabilità ex articolo 2051 C.c., dell’ente pubblico proprietario, una volta accertato che il fatto dannoso si è verificato a causa di una anomalia della strada stessa, salvo che quest’ultimo non dimostri di non avere potuto far nulla per evitare il danno. 
In particolare, l’ente proprietario supera la presunzione di colpa quando la situazione che provoca il danno si determina non come conseguenza di un precedente difetto di diligenza nella sorveglianza della strada, ma in maniera improvvisa, atteso che solo quest’ultima, al pari della eventuale colpa esclusiva dello stesso danneggiato in ordine al verificarsi del fatto, integra il caso fortuito previsto dall’articolo 2051 C.c., quale scriminante della responsabilità del custode. Infine, in particolare, per ottenere l’esonero dalla responsabilità, il custode deve provare che il fatto del terzo abbia i requisiti dell’autonomia, dell’eccezionalità, dell’imprevedibilità e dell’inevitabilità e che sia, quindi, idoneo a produrre l’evento. Più condivisibilmente in questa pronuncia gli Ermellini ritengono che la disattenzione del danneggiato non possa da sola integrare quei caratteri di eccezionalità e imprevedibilità richiesti per elidere il nesso di causa, ma semmai rappresentare solamente un elemento tale da integrare un concorso colposo ex art. 1227 C.c. del danneggiato.

ANDREBBE PREVISTO IL COMPORTAMENTO SCORRETTO DEGLI AUTOMOBILISTI
Il principio chiave quivi richiamato è quello per cui la condotta della vittima assume efficacia causale esclusiva, soltanto ove possa qualificarsi come abnorme, e cioè estranea al novero delle possibilità fattuali congruamente prevedibili in relazione al contesto, salvo in caso contrario rilevare ai fini del concorso e nella causazione dell’evento, ai sensi dell’articolo 1227 C.c. Orbene, tornando al caso in commento, si ritiene che una manovra di sorpasso vietata per la presenza della doppia linea continua di mezzeria, non rappresenti una condotta abnorme, imprevedibile, eccezionale ed estranea al novero delle possibilità fattuali congruamente prevedibili. Oltre a essere una manovra alla quale assistiamo costantemente, potremmo dire vietata ma abitualmente praticata, basti considerare che l’automobilista potrebbe anche, per ipotesi, doversi trovare a invadere l’opposta corsia di marcia per eseguire una manovra di emergenza atta a scongiurare un evento sinistroso.
A ciò si aggiunga che la stessa Corte riconosce comunque che il tombino aperto in questione rappresentava una situazione di pericolo. Dal canto suo invece la Pubblica amministrazione non poteva affermare di avere evitato tutte le situazioni di pericolo atte ad escludere i terzi dal contatto con la cosa, come avvenuto nel caso di specie, e il dare prevalenza all’affidamento sulla diligenza degli utenti della strada in relazione al citato divieto di sorpasso non può che rappresentare una leggerezza imputabile alla sola Pubblica amministrazione che ben avrebbe potuto adottare maggior cautele semplicemente apponendo ulteriori cartelli di avviso della presenza del cantiere.
Concludendo si ritiene che, data per acquisita la pericolosità dei luoghi e la mancata adozione di ulteriori e possibili cautele da parte della Pubblica amministrazione atte a scongiurare eventi rientranti nel novero delle possibilità fattuali prevedibili, il contributo causale del conducente dovesse essere stigmatizzato solamente in termini di concorso colposo ex art. 1227 C.c. 

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