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Investimenti e nuove regole per l'Europa del 2019

L'incertezza del nuovo anno impatta su un Continente chiamato alla svolta: servono riforme per favorire l'integrazione economica e lo sviluppo del territorio. Una comunione di intenti fra impresa e finanza che emersa nella giornata inaugurale del Rome Investment Forum 2018 della Febaf

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Il 2019 dell'Unione Europea si aprirà con lo stop definitivo al quantitative easing. Proseguirà con la Brexit e culminerà a maggio con le più incerte elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo degli ultimi anni. Poi chissà, le incognite non mancano. E si sommano a nodi irrisolti del panorama internazionale: guerre commerciali, rallentamento della crescita mondiale, globalizzazione e flussi migratori. Senza dimenticare la minaccia del terrorismo, tornato alla ribalta delle cronache con il recente attentato di Strasburgo. Insomma, anche per il 2019 il pensiero è sempre lo stesso: il prossimo anno sarà decisivo, questa volta non possiamo sbagliare.
E la chiave per superare queste sfide è la stessa di sempre: investire per favorire la crescita. È quanto emerso nella giornata inaugurale del Rome Investment Forum 2018, tradizionale appuntamento per addetti ai lavori promosso dalla Febaf, che si è tenuta lo scorso 14 dicembre a Roma. “Ci sarà bisogno di aggiungere risorse per la crescita e l'inclusione sociale, oltre che del famoso balzo in avanti dell'integrazione politica”, ha affermato in apertura Luigi Abete (nella foto), presidente della Febaf. L'Europa appare a punto di svolta, a un rinnovamento necessario per favorire crescita e investimenti. E di cose da migliorare, in Europa, ce ne sono. A cominciare da un'effettiva unione economica e monetaria. I progetti di riforma sono già sul tavolo delle istituzioni: si parla di creare una rete di sicurezza per il fondo di risoluzione unico delle banche in crisi, di istituire un accesso facilitato alle linee di credito precauzionali del fondo salva-Stati, di incrementare la cooperazione fra Esm e Commissione Europea. Un eventuale accordo, ha detto Abete, “non passerà alla storia come la grande riforma dell'Eurozona, ma è pur sempre un passo avanti”.

IN CERCA DI UNA SVOLTA
L'alternativa alle riforme è lo status quo, ossia l'incertezza. E per superarla, secondo Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria, è necessario “ripartire dai fondamentali dell'Europa: pace, protezione e prosperità”. È in quest'ottica che va letta l'iniziativa dell'associazione degli industriali italiani, insieme alle consorelle tedesca e francese, di “stilare un manifesto per l'Europa, che auspichiamo di presentare con una conferenza stampa in contemporanea in tutte le capitali del continente”. Per Boccia non si tratta di dire sì o no all'Europa, ma di interrogarsi su come si possa “fare un salto in una nuova stagione riformista” che ci consenta di competere alla pari con Stati Uniti e Cina. La chiave sta tutta in una maggiore integrazione economica e finanziaria, raggiungibile attraverso meccanismi come la creazione di un'assicurazione sui depositi bancari o l'istituzione di un vero bilancio dell'Eurozona.
Sulla stessa linea anche Gian Maria Gros-Pietro, presidente di Intesa Sanpaolo, il quale ha messo l'accento sull'assenza di un level playing field che possa consentire una maggiore integrazione e quei tanto auspicati consolidamenti cross-border. “Vi posso assicurare – ha affermato – che non ci sarà nulla di rilevante finché la regolamentazione non sarà pareggiata a livello europeo, al massimo ci potranno essere acquisizioni di istituti comunitari da parte di banche non europee”.

INVESTIRE NELLE INFRASTRUTTURE
L'obiettivo delle riforme è creare un contesto idoneo a gestire investimenti e, di conseguenza, a stimolare la crescita. “Abbiamo di fronte sfide come l'innovazione, i cambiamenti demografici e climatici, la globalizzazione e i flussi migratori”, ha detto Maria Bianca Farina, presidente dell'Ania. “Per superarle – ha aggiunto – abbiamo bisogno di investimenti che sono un ponte fra presente e futuro”. E soprattutto di investimenti in infrastrutture, attività di lungo periodo e dall'approccio assai prudenziale che ben si adattano agli obiettivi di investitori istituzionali come la compagnie assicurative.
“In Europa – ha specificato Farina – le assicurazioni hanno effettuato investimenti per 11mila miliardi, 850 miliardi di euro solo in Italia”. Cifre elevate ma non sorprendenti, vista la fame di investimenti e infrastrutture che c'è in Europa e, in particolare, in Italia. Per Farina è ora necessario un cambio di passo: il piano Juncker ha mobilitato risorse per 360 miliardi di euro, il nuovo progetto InvestEu si propone di portare la cifra a 650 miliardi. Ma si può sempre fare di meglio, ha aggiunto Farina, incrementando “il numero e la dimensione di progetti”. In questo contesto, l'impegno dell'Ania è noto: lo scorso ottobre l'associazione ha annunciato l'intenzione di attivare un fondo per finanziare progetti infrastrutturali. “Stiamo andando avanti, al momento siamo impegnati nella selezione della società di gestione che ci affiancherà nel progetto”, ha affermato Farina a margine del suo intervento. “Il nostro obiettivo – ha chiosato – è di presentare ufficialmente il fondo nei primi mesi del 2019”.

PROTEZIONE E CREDITO PER LE PMI
Parlare di crescita e investimenti, in Europa e soprattutto in Italia, significa parlare di piccole e medie imprese. Il tema è sentito, a cominciare da bisogni di protezione che attendono ancora di essere soddisfatti. La successiva tavola rotonda si è focalizzata sulla questione delle catastrofi, particolarmente sensibile in un'Italia che è ciclicamente attraversata da terremoti, alluvioni e altri disastri ambientali. “In media, dal 1944 al 2009, le catastrofi hanno avuto un costo di 3,5 miliardi di euro all'anno”, ha illustrato Daniela D'Andrea, ceo di Swiss Re Italy. La penetrazione del sistema assicurativo resta bassa, limitandosi a “coprire appena il 7% dei danni”. Tutto il resto è a carico della comunità generale. E ripropone, come ha osservato Luigi D'Angelo, direttore operativo per il coordinamento delle emergenze della Protezione Civile, il tema dell'obbligatorietà o meno di una polizza contro le catastrofi. La percezione della copertura come un nuovo balzello, ha detto D'Angelo, “ha per adesso mantenuto l'assicurazione su base volontaria”, però qualcosa bisognerà pur fare. Anche perché una copertura può avere effetti positivi sul business. Ne è convinto Roberto Paciotti, country manager di S&P Global Ratings Italy, il quale ha evidenziato come l'esposizione diretta alle catastrofi incide inevitabilmente sul merito di credito. “Il ricorso ad assicuratori e riassicuratori – ha affermato – può invece consentire un più rapido ritorno alle attività e avere chiari benefici sulla società nel suo complesso”.
C'è poi tutta la questione del credito alle imprese, ancora troppo legato a finanziamenti bancari. “La crisi finanziaria ha dimostrato quanto può essere rischioso affidarsi a un'unica fonte di finanziamento”, ha affermato Giulia Bertezzolo, segretario generale della Consob, in apertura della prima tavola rotonda pomeridiana. Servono dunque canali alternativi, nonché innovative modalità di finanziamento. Ed è con questa filosofia che nasce illimity. “Ci focalizzeremo – ha detto il fondatore e ceo Corrado Passera – su imprese di dimensioni intermedie, non micro e non grandi, che presentano buone performance ma non dispongono ancora della forza necessaria per fare il salto di qualità”. Si tratta, ha aggiunto, di “un segmento che le banche tradizionali tendono a ignorare e che noi vogliamo intercettare con nuove competenze e con il contributo delle nuove tecnologie”.

VERSO UNA NUOVA EIOPA
Se l'Europa è chiamata al cambio di passo, le norme sulle assicurazioni non fanno certo eccezione. Ne è convinto Gabriel Bernardino, presidente di Eiopa, il quale ha voluto evidenziare tre temi: regolatory framework, attività di vigilanza e servizi ai cittadini. Intervenuto in una delle tavole rotonde conclusive, Bernardino ha sottolineato in particolare la necessità sulla necessità di fornire nuovi strumenti per chi svolge l'attività di vigilanza. “Ci sono compagnie – ha detto – che hanno un business cross-border e non sono soggette a una supervisione adeguata: alcuni casi di fallimento non sono stati gestiti in maniera appropriata”. Il risultato sono fiumi di “lettere che arrivano ai nostri uffici da parlamentari di diversi Paesi: ci chiedono come sia stata possibile, perché non sono stati salvaguardati i consumatori”.
Bernardino ha auspicato quindi una nuova Eiopa, un “processo evolutivo e non rivoluzionario” che preservi le basi del sistema e limi qualche dettaglio. Altrimenti, ha chiosato, “ci sveglieremo un giorno e troveremo i mercati interni distrutti dalla perdita di fiducia”.

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