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La lunga strada dei Pepp

Un convegno promosso dall’Ania ha analizzato prospettive e criticità dei nuovi prodotti pensionistici individuali paneuropei

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Attorno ai Pepp, acronimo inglese per prodotti pensionistici individuali paneuropei, gravitano ancora parecchie incognite. E non potrebbe essere altrimenti, visto che il cammino del nuovo strumento previdenziale con passaporto comunitario è appena iniziato: secondo alcune indiscrezioni, soltanto nei primi mesi del 2019 si potrà arrivare a un testo unitario a firma del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’Unione Europea.
Le aspettative tuttavia non mancano, come emerso nel corso del convegno La nuova previdenza integrativa e la sfida dei Pepp, promosso dall’Ania e tenutosi questa mattina negli spazi della Torre Allianz a Milano. Un tema non secondario, visto che in Italia, ha ricordato Maria Bianca Farina durante l’apertura dei lavori, appena il 21% dei lavoratori ha aderito a una qualche forma di previdenza complementare. “Le adesioni, al netto delle duplicazioni, si fermano a otto milioni: mancano all’appello 18 milioni di persone, soprattutto fra le fasce più deboli come giovani, donne e lavoratori del Sud”, ha affermato il vertice dell’Ania. E in Europa le cose vanno meglio, ma neppure così tanto: in mezzo a casi di eccellenza come il 90% della Germania, soltanto il 27% dei lavoratori europei di età compresa fra 25 e 60 anni ha aderito a forme di previdenza complementare.
Molti fattori incideranno sul successo (o meno) dei Pepp. A cominciare dal trattamento fiscale, tema su cui hanno concordato Mario Padula, presidente della Covip, Fausto Parente, executive director di Eiopa, e Riccardo Cesari, consigliere dell’Ivass, nella successiva tavola rotonda: l’auspicio, come si legge anche in una raccomandazione della Commissione Europea, è che il regime fiscale dei Pepp possa essere equiparato al trattamento previsto per gli altri strumenti previdenziali, se non addirittura alleggerito.
Conclusione della mattinata affidata agli addetti ai lavori, all’interno di un confronto che ha visto la partecipazione di Giacomo Campora, amministratore delegato e direttore generale di Allianz Italia, Giancarlo Bosser, chief life &employee benefits officer di Generali Italia, Andrea Lesca, responsabile relazioni reti e welfare aziendale di Intesa Sanpaolo Vita, e Fabio Galli, direttore generale di Assogestioni: al centro del dibattito, questa volta, l’importanza della standardizzazione e il ruolo della consulenza nel presentare questa soluzione alla clientela.

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