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Le famiglie, prima rete sociale in Italia

Presentata la quarta edizione del rapporto Assimoco sul neo welfare

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Sono diversi anni ormai che due fenomeni preoccupanti gettano un’ombra sul futuro del nostro Paese: la grande fuga all’estero dei giovani che non trovano opportunità di carriera in Italia, e la progressiva diminuzione della natalità. Problemi noti da tempo e piuttosto complessi. Ma un primo passo per iniziare ad affrontarli consiste nel creare le condizioni affinché le giovani coppie possano diventare genitori, senza dover andare a cercare altrove condizioni di vita che dovrebbero essere garantiti da un Paese civile: salari adeguati, asili nido accessibili, flessibilità oraria per poter stare vicini ai propri figli. Per intraprendere questo cammino occorre immaginare un nuovo sistema di welfare per la famiglia, ripensando alle modalità con cui garantire un buon meccanismo di protezione sociale alla luce delle grandi trasformazioni in corso. È quello che da quattro anni prova a fare Assimoco attraverso il Rapporto sul neo-welfare, che è stato presentato in anteprima a Milano, e successivamente a Roma, presso la Camera dei Deputati.

Non è un Paese per giovani


L’indagine 2017 ha un titolo eloquente: “Proteggere e accompagnare i figli nella vita adulta: una questione di cooperazione”. È stato il direttore generale di Assimoco, Ruggero Frecchiami, a inquadrare il tema spiegato che “il cuore del problema va riscontrato in politiche sociali che da sempre favoriscono la protezione dei padri rispetto a quella dei figli, con una spesa elevata per il sistema pensionistico e poche risorse per le famiglie e per le esigenze di cura dei figli lungo il loro intero ciclo di vita”. Un sistema che, come osserva giustamente Frecchiami, non è più sostenibile “visti i mutamenti che hanno inciso fortemente sul modello tradizionale di famiglia, generando numerose tipologie di nuclei: allargati, monogenitoriali, ricomposti”.

Mille euro al mese per diventare adulti

Il rapporto, redatto da Ermeneia, ha voluto indagare a fondo i rapporti e le relazioni familiari tra generazioni, accendendo un faro, in modo particolare, sulla correlazione tra il passaggio alla vita adulta e la formazioni di nuovi nuclei familiari. “una società che non supporta concretamente queste due fasi – ha sottolineato Frecchiami – ha poche chance di svilupparsi in maniera armoniosa”. E una delle condizioni importanti per diventare autonomi è in primis quella di vere un reddito continuativo da lavoro. Oltre il 60% degli italiani colloca questo reddito tra i 1.000 e i 2.000 euro netti al mese, ma, pur di avviarsi concretamente al lavoro il 19% dei giovani si accontenta anche di 1.000 euro netti al mese, dato che allontana di molto l’immagine di choosy che negli anni scorsi si è voluto appiccicare addosso alle nuove generazioni di italiani.

Il welfare fai da te


Il rapporto ha intervistato e analizzato tre campioni rappresentativi nazionali, costituiti dai capifamiglia tra i 18 e i 60 anni (idealmente i genitori), dai giovani di età compresa tra i 18 e i 34 anni ( i figli) e dalle persone tra i 61 e i 75 anni (i nonni). Dai risultati emersi, spicca la persistenza, di uno scambio significativo di aiuti reciproci tra le diverse generazioni, connesso al tradizionale accudimento prolungato dei figli, alla debolezza delle politiche sociali rivolte ai giovani e alle famiglie e all’impatto della crisi. Numeri alla mano, lo scambio di aiuti economici, nella direzione genitori/figli ammonta a 30,5 miliardi di euro nell’anno 2016, e sale a 38,5 miliardi se si sommano gli aiuti ricevuti dai nonni, bisnonni o da altre persone anziane. Esiste poi lo scambio di aiuti non in denaro, ossia di cibo, vestiti, device tecnologici, ma soprattutto servizi di assistenza e di sostegno quotidiano, che possono interessare più del 60% dei giovani intervistati, secondo quanto questi ammettono di aver ricevuto dai genitori.  Questo trend va osservato alla luce del complessivo quadro europeo: l’età media di uscita dei giovani dalla famiglia risulta pari a 30,1 anni contro una media europea di 26,1: ma l’Italia è in buona compagnia con la Grecia (29,4 anni) e con la Spagna (29,0 anni), ma contemporaneamente lontana dalla situazione della Germania (23,8 anni) e ancora di più da quella della Svezia (19,7 anni).

C’è voglia di consulenza

Alla luce di questo scenario, occorre fare una riflessione su come organizzare il passaggio culturale in corso. Secondo il presidente di Ermeneia, Nadio Delai, “ci sono elementi che stanno cambiando l’antropologia assicurativa degli italiani”. L’indagine, infatti, ha evidenziato anche che esiste una propensione significativa a investire una quota dei risparmi familiari in favore della protezione dei rischi dei figli e della promozione della loro autonomia tramite la sottoscrizione di piani di accumulo di capitale. Nel dettaglio, si guarda a un maggiore investimento in polizze di previdenza integrative (sempre in favore dei figli) per coprire i periodi di lavoro precario oppure per l’eventuale disoccupazione (35,9% della popolazione italiana tra 18 e 60 anni) oppure nel riscatto degli anni di laurea dei figli (32,3%), o ancora in polizze di assicurazione per proteggere gli eventuali periodi di disoccupazione dei figli (32,6%). Secondo Delai il sistema assicurativo è un colonna portante del concetto di neo-welfare. “C’è una richiesta di consulenza che entra nel merito.  Le persone – ha osservato – sono alla ricerca di soluzioni assicurative, a patto un professionista esperto le aiuti e le indirizzi, analizzando le proprie aree di fragilità da proteggere e studiando soluzioni capaci di sostenere il futuro dei propri figli”. Questa, tenenza, ha sottolineato Delai, è emersa in modo molto chiaro per almeno un terzo del campione di indagine. 

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