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Addio “contratto nazionale”!

Stanno andando in pensione tutti i vecchi paletti su orario di lavoro e mansioni: un colpo mortale al contratto nazionale, che è stato invece la struttura portante delle relazioni industriali per qualche decennio. Ha avuto un passato glorioso, non privo di gravi lacerazioni.


Questo nuovo “accordo” è stato sottoscritto dopo lunghi mesi di faticose trattative. Infine è arrivata la conclusione: le parti sociali hanno sottoscritto la fatidica intesa sulla “produttività”, sempre e solo alla ricerca di linee programmatiche che la vedano crescere. L’Istat informa le parti interessate che la nostra produttività è ferma da circa un ventennio. Con buona pace di coloro che hanno governato la nazione!


La lista delle “firme” apposte sull’accordo è lunga (Abi, Ania, Confindustria, Lega Cooperative, Rete Imprese Italia, Cisl, Uil, Ugl). Come si può notare manca all’appello la firma di Susanna Camusso, Cgil.


I sottoscrittori del patto “anti” contratto nazionale dichiarano l’obiettivo del rilancio della crescita produttiva. Il Governo, soddisfatto, benedice il protocollo. Condivide tutto… e il Parlamento lo ha approvato nella legge di stabilità, che ha ottenuto il via libera il 21 novembre, mettendo a disposizione oltre due miliardi di euro, denaro che servirebbe  per detassare i salari. Manca il Senato, ma  il voto positivo è scontato.


Testo e risorse sono pronte. Nella sostanza, vengono riscritte le regole della contrattazione sociale, che andranno a riscaldare gli animi nell’ennesimo accordo che separa – di fatto – i sindacati. Lavoratori, quindi, sempre più deboli. Infatti, l’intesa andrebbe ad assegnare maggiore importanza alla trattativa di secondo livello, alla possibile flessibilità che questi “nuovi accordi”  territoriali ed aziendali, andrebbero ad introdurre su orario e mansioni lavorative.


Tutti coloro che hanno sottoscritto il patto, soddisfatti, magnificano lo stesso come concreto inizio di un nuovo modo di plasmare e placcare il mondo del lavoro. Tutti si attendono maggiore occupazione e sviluppo! Personalmente, non lo valuto positivamente, anzi, lo trovo un accordo scellerato.


Pur mancando la firma della Cgil il Governo sostiene che lo stesso è: “…omissis… completo, condiviso, autosufficiente e rappresenta un buon impiego del denaro pubblico”!   La risposta di Susanna Camusso è che l’accordo sottoscritto “non va bene né nel merito, né nel metodo”.


Tutto questo bailamme porterà pericolosamente alla ribalta il “contratto aziendale” e territoriale nelle piccole e medie imprese, che poi rappresentano il 90% del totale in Italia. 


Non vi sono dubbi che questo sistema sia particolarmente insidioso per la legalità e la trasparenza. Abdicare alla trattativa sindacale, per lasciare nelle mani di pseudo “commissioni interne”, facilmente manipolabili per le ovvie ragioni che tutti possiamo supporre, i cambiamenti che il protocollo prevede come – ad esempio – gli aumenti salariali LEGATI ESCLUSIVAMENTE alla produttività, cambio di orari, mansioni, ecc. Quindi un vero “de profundis” per tutti quegli automatismi che le regole precedenti prevedevano. Dalla scala mobile (anni ’70 e ’80) all’indice IPCA (prezzi al consumo depurati dal presso dei prodotti petroliferi) che ci hanno fatto compagnia sino a questo momento. 


Si punta al cambiamento. Un’altra pagina si apre verso un  mondo del lavoro che, obiettivamente, lascia molto perplessi. Le incognite sono tante. Non vanno dimenticate, né svendute, tutte le conquiste sindacali che, piano, piano, articolo 18 compreso, stanno scivolando in un limbo sempre più anonimo.  E’ veramente possibile sottovalutare che i futuri “accordi” verranno sottoscritti   senza   l’approvazione del maggiore sindacato nazionale? E le nuove regole entreranno in vigore subito o restano in stand by sino alla prossima tornata contrattuale?


Proviamo a dare uno sguardo ai contratti nazionali delle varie categorie. L’intesa parrebbe sostenere la salvaguardia del potere d’acquisto delle retribuzioni ma, contemporaneamente, è stato cassato l’indice IPCA, che dal 2009 vincolava gli aumenti salariali. La nuova formula è molto più contorta e complessa, ma anche meno stringente. Recita l’accordo: “...omissis… dovranno essere coerenti (gli aumenti) con le tendenze dell’economia e gli andamenti specifici del settore”!  Quindi, perché i lavoratori  abbiano risultati positivi… dovranno attendere anni. Bisognerà, certamente, vedere il Pil crescere... e sino ad allora?... E se non cresce per altri tre/quattro anni?


I “paletti” saranno fissati  da ciascuna categoria e  vinceranno  solo coloro che sapranno dimostrare la forza sufficiente per resistere alla riesumazione di una sorta di “padrone delle ferriere” e lo sappiano dimostrare. 


Tanto per chiarire il concetto, all’interno delle singole aziende, gli addetti al contratto cosiddetto “aziendale”, potranno modificare orari di lavoro, retribuzioni, modi e tempi per gli straordinari, mansioni.  E non si esclude la possibilità di utilizzare nuovi strumenti tecnologici per controllare (spiare?) i posti di lavoro. Per tutte quelle persone che guardano alla realtà odierna, con gli occhi di coloro che hanno lottato per ottenere lo Statuto dei lavoratori, dignità e rispetto dell’uomo di qualsivoglia cultura e grado professionale, turni di riposo, ferie, maternità e tante altre conquiste che avevano contribuito a rendere il mondo dell’occupazione più umano, è una vera debacle!  


Sicuramente sono argomenti di grande delicatezza. Un flou di cristallo, fragilissimo. Senza sottovalutare i vincoli imposti dal Codice Civile a dallo stesso Statuto dei Lavoratori. Vertenze sindacali a non finire? Tutto ciò potrebbe anche ipotizzare un “demansionamento”, oggi non praticabile. Ipotesi che andrebbe, nella sostanza, a modificare in pejus le mansioni di un dipendente e, quasi certamente, lo stipendio.


Per le banche, ma anche per l’Ania, questo è un argomento ghiotto, appetitoso, in quanto sono alle prese, ormai da anni, con l’ infinito processo di ristrutturazioni per le quali, oggi, non possono più ricorrere ai prepensionamenti in virtù della neo legge Fornero.


E il comparto assicurativo? Che ne sarà dell’Accordo Imprese/Agenti che l’Ania insiste nel considerare defunto? Il secondo livello, in questo settore, sarebbero i Gruppi Aziendali? Avranno la forza di resistere alle “tentazioni”?


Mala tempora currunt per il mondo del lavoro. Il terzo millennio si apre all’insegna del degrado morale, civile e istituzionale. Alla dilagante corruzione, anche psicologica. Il fascino del “più forte” ha sempre un suo ascendente! A una finanza, non di rado malata e priva di scrupoli, che ha condotto l’intero pianeta sull’orlo del baratro. Con il tacito assenso del mondo che conta.


Avranno gli italiani ancora la voglia di difendersi?


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