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Risarcimento diretto e pluralità di veicoli: la Cassazione va oltre la Card

La Suprema Corte afferma un principio tutt’altro che ovvio e che, anzi, era disatteso dalla prassi quotidiana della liquidazione dei sinistri. Il commento dell’ordinanza del 7 febbraio scorso dell'avvocato Maurizio Hazan, managing partner dello Studio legale Taurini-Hazan

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PRIMA PARTE)

La procedura di risarcimento diretto è ammissibile anche in caso di collisione che abbia riguardato più di due veicoli, con esclusione del solo caso in cui, oltre ai primi due, siano coinvolti ulteriori veicoli responsabili del danno. Questo principio è stato affermato, senza incertezze, dalla terza sezione civile della Corte di Cassazione con un’ordinanza, la numero 3143 del 7 febbraio 2017, resa ai sensi dell’articolo 375 del Codice di procedura civile, attesa la manifesta fondatezza della questione sollevata dai ricorrenti. Questi ultimi si dolevano del fatto che il tribunale di Taranto, in veste di Giudice d’Appello, avesse ritenuto inapplicabile la procedura d’indennizzo diretto, e dunque inammissibile la domanda, per il solo fatto che nell’incidente era rimasto coinvolto, oltre al veicolo dell’attore e quello assicurato presso l’impresa debitrice, anche un terzo veicolo.

VEICOLI RESPONSABILI O NO
Rileva, al riguardo, la Suprema Corte che, contrariamente a quanto sbrigativamente concluso nella sentenza impugnata, la testuale formulazione dell’articolo 1, comma 1, lettera d) del dpr 254 del 18 luglio 2006 non dà luogo a equivoci, disponendo che la procedura sia applicabile in caso di “collisione avvenuta nel territorio della Repubblica tra due veicoli a motore identificati e assicurati per la responsabilità civile obbligatoria dalla quale siano derivati danni ai veicoli o lesioni di lieve entità ai loro conducenti, senza coinvolgimento di altri veicoli responsabili”.
Il lemma responsabili circoscrive l’ambito dell’esimente, consentendo, a contrario, l’applicazione dell’indennizzo diretto nel caso in cui siano coinvolti altri veicoli non responsabili. Il giudice del merito, onde escludere la proponibilità della domanda, avrebbe dunque dovuto accertare l’eventuale coinvolgimento nel sinistro di un ulteriore veicolo responsabile, “e non semplicemente quello di un ulteriore veicolo, come invece ha fatto”.
Tale conclusione è, a parere di chi scrive, assolutamente ineccepibile. In tal senso, del resto, ci eravamo espressi già all’indomani dell’entrata in vigore della disciplina di legge (si veda: M. Hazan, Guida all’indennizzo diretto e alle altre procedure liquidative, Milano, 2007, 195 e ss).

UNA POSIZIONE NON OVVIA
Rimane il fatto che, per quanto ineccepibile, la soluzione sancita dalla Cassazione non era affatto ovvia, in quanto, al contrario, sostanzialmente disattesa nella prassi. E invero, le imprese aderenti alla Card (Convenzione tra assicuratori per il risarcimento diretto) tendono normalmente a respingere sic et simpliciter le richieste svolte in via d’indennizzo diretto (e quindi a rinviare il danneggiante davanti all’impresa assicuratrice del responsabile civile), ogni qualvolta si tratti di casistiche in cui i veicoli coinvolti sono più di due; e lo fanno in automatico, senza in alcun modo verificare se tutti i mezzi riguardati dal sinistro vi abbiano, o meno, contribuito causalmente. Tale prassi, peraltro, non sorge dal nulla, trovando appiglio proprio in quanto predicato dalla stessa Card, secondo la quale (norma operativa, articolo 15), “in presenza di un terzo veicolo non responsabile e identificato coinvolto nella collisione” la procedura non si applica.  
Ecco, dunque, che la Suprema Corte prende una posizione apparentemente ovvia ma, in concreto, destinata a impattare sulla quotidiana operatività delle imprese aderenti alla Convenzione per il risarcimento diretto.
(continua a pag. 3)
(continua da pag. 2)
CARD: UN METORDO PER SEMPLIFICARE,
NON UNA SEMPLIFICAZIONE
Vien da chiedersi, allora: perché la Card aveva preso una tale posizione? In primo luogo per ragioni di semplificazione operativa: subordinare l’ammissibilità del risarcimento a una previa, e ulteriore, verifica di responsabilità (nei confronti di un soggetto estraneo alla procedura e di una compagnia assicurativa non coinvolta nei relativi flussi, non trattandosi né di debitrice né di gestionaria) rischia di rallentare la liquidazione del danno, in spregio alle esigenze di celerità presidiate dall’indennizzo diretto.
Secondariamente perché, all’epoca in cui la prima edizione della Card vide la luce, autorevole dottrina sosteneva quella tesi assolutista (due veicoli e non più di due), ritenendo di poter superare il dato testuale del dpr 254 del 2006. Ci riferiamo a quanto era stato scritto a proposito del fatto che il sistema dell’indennizzo si fonderebbe “sul presupposto che ciascuno degli assicuratori tenuto al pagamento (quello della vittima in prima battuta e quello del responsabile in via di rivalsa) abbiano assicurato almeno un veicolo coinvolto nel sinistro e che non vi siano altre partite di danno da sistemare. Diversamente, infatti, il sistema si complicherebbe paurosamente se ad esempio si ammettesse la praticabilità dell’indennizzo diretto anche se nel sinistro sia coinvolto un pedone, l’assicuratore del responsabile si vedrebbe esposto a due azioni: l’una in via diretta, da parte del pedone danneggiato; l’altra in via recuperatoria da parte dell’assicuratore dell’altro automobilista che abbia riportato danni, il che impedirebbe la unitaria e contestuale definizione di ogni rapporto tra danneggiati ed assicuratore del danneggiante”. (Marco Rossetti, L’azione diretta del danneggiato nei confronti dell’impresa assicuratrice per la Rca e di altri soggetti legittimati, Incontro di studio presso il Csm sul tema: Il codice delle assicurazioni private, Roma, 12-14 marzo 2007).

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