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Assicurazioni e metaverso: sogni ad occhi aperti

Cresce l’interesse per questo nuovo modello di realtà virtuale, spinto anche dalla pandemia, che ha limitato i contatti sociali. Il settore assicurativo dovrebbe approfittarne

Assicurazioni e metaverso: sogni ad occhi aperti hp_vert_img
Alla faccia di quel furbastro di Mark Zuckerberg e dei nerd cresciuti a pane e Internet nella Silicon Valley, divenuti poi miliardari, il primo a parlare di metaverso trent’anni fa fu un autore di libri di fantascienza, l’americano Neal Stephenson. 
Nel suo romanzo Snow Crash, scritto appunto nel 1992, Stephenson racconta il metaverso come una realtà parallela popolata da avatar che, al posto delle persone reali, possono muoversi, condividere esperienze e interagire tra loro in uno spazio tridimensionale. Una vera e propria premonizione fantascientifica, trenta anni fa, oggi divenuta di grande attualità e in grado di ben rappresentare se non l’ultima, certamente la più audace frontiera della connessione sociale. 
La crescita dell’interesse per il metaverso ha subito una forte accelerazione durante la pandemia: le costrizioni imposte dal distanziamento sociale e il tempo passato isolati a casa durante i lockdown hanno scatenato un forte bisogno di prossimità e di interazione tra individui fisicamente distanti. 

Come nei videogiochi
Durante la pandemia è stato naturale immaginare di trasferire queste possibilità di connessione sociale in altri ambiti della vita quotidiana, creando mondi virtuali aperti in cui gli utenti possano operare come fanno nel mondo fisico. Dalla premonizione di Stephenson a oggi la vera accelerazione a lavorare sul metaverso lo ha dato poi il settore dei videogiochi, che vanta due miliardi di utenti in tutto il mondo e ricavi praticamente inarrestabili. 
L’accelerazione del digitale, in particolare i progressi della tecnologia blockchain, ha spinto i programmatori di gaming a creare piattaforme di gioco sempre più complesse e accattivanti. Su queste piattaforme partecipano e interagiscono milioni di persone che possono creare avatar unici di sé stessi per giocare, socializzare, esplorare, effettuare acquisti e pagamenti. Perché dunque non pensare anche a un’interazione cliente-agente-compagnia di assicurazione? 

Una nuova strategia distributiva?
A muovere questo mondo oggi non ci sono più solo gli scrittori di romanzi, ma anche i programmatori di videogiochi: secondo fonti autorevoli, il mercato globale del metaverso potrebbe superare il trilione di dollari nei prossimi tre anni e gli importanti investimenti delle big tech funzioneranno da moltiplicatore. 
Microsoft, ad esempio, potrebbe integrare il suo metaverso, Vortex, nella piattaforma Teams, con una funzionalità chiamata Mash per consentire agli utenti di partecipare alle riunioni tramite il proprio avatar. Non male, considerando che a oggi gli utenti di Teams sono oltre 200 milioni al giorno.
Sebbene le regole e i potenziali scenari siano tuttora in divenire, ormai è chiaro che anche il mondo assicurativo come quello finanziario e bancario non potranno più esimersi dal considerare il metaverso come uno dei canali possibili nella definizione della propria strategia distributiva.  

Incontrarsi nel metaverso
Il metaverso, oltre ad essere rilevante per attrarre le nuove generazioni di clienti, gli attuali venti-quarantenni, potrebbe fornire opportunità di crescita per il mondo assicurativo che il mondo reale, limitato dalle disponibilità di risorse, non può più permettersi.
C’è chi immagina che gli italiani, tramite i loro avatar, possano incontrarsi nel metaverso con gli omologi avatar degli agenti delle compagnie assicurative e che di conseguenza il mercato della protezione possa evolvere e crescere in modo esponenziale.   
Sperando che non sia pura fantascienza e di non dover aspettare trent’anni perché il mercato si evolva, intanto possiamo sognare a occhi aperti.

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