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Le colpe del legislatore e la vitalità del diritto

La complessità del diritto tra leggi, giurisprudenza, dottrina, tabelle e principi costituzionali va intesa come una ricchezza che alimenta il dibattito e il confronto tra tutti i portatori di interesse. Per questo non è auspicabile un tentativo del legislatore di creare schemi di controllo

Le colpe del legislatore  e la vitalità del diritto hp_vert_img
In questi ultimi tempi esponenti del mondo assicurativo hanno puntato il dito contro l’inerzia del legislatore reo, secondo loro, di non essere intervenuto in alcuni ambiti nevralgici del settore. Ecco alcuni capi di accusa.
Nell’ambito contrattuale, ad esempio, si rimprovera al legislatore di non aver emanato una legge sulla clausola claims made volta a disciplinare tutti i contratti assicurativi in tale forma per evitare un controllo giudiziale troppo invasivo della giurisprudenza sul contenuto delle polizze.
Più in generale, si chiede al legislatore di intervenire per evitare che la giurisprudenza integri o modifichi le clausole contrattuali di tutte le polizze.
Un’altra doglianza mossa al legislatore ha per oggetto la mancata emanazione del decreto attuativo dell’articolo 10 della legge Gelli e, più in generale, di non aver modificato alcune criticità che questa legge ha evidenziato nella prassi.
Un altro addebito riguarda l’inapplicabilità dell’articolo 138 del Codice delle Assicurazioni in quanto non sono ancora stati emanati i decreti che avrebbero dovuto indicare i valori monetari per le invalidità dal 10% al 100%.
Anche nell’ambito del risarcimento del danno alla persona, al legislatore viene mosso un rimprovero per non avere emanato una disciplina sul danno da perdita o grave lesione del rapporto parentale, lasciando così ampi spazi alla giurisprudenza di applicare le tabelle elaborate dall’Osservatorio sulla Giustizia Civile del Tribunale di Milano o quelle elaborate dall’Osservatorio sulla Giustizia Civile del Tribunale di Roma o ancora quelle del Triveneto.
Un giurista ha addirittura auspicato che nell’ambito assicurativo (ma non solo in questo) sia necessario un “ritorno al diritto” nel senso di un ritorno alla centralità della legge come unica o principale fonte del diritto per contrastare l’incertezza conseguente alla molteplicità delle fonti oggi esistente.
Io non condivido questo auspicio e lo ritengo antistorico.

Il diritto è ordinamento: la lezione di Paolo Grossi
Basta, infatti, riandare ad alcuni scritti di Paolo Grossi, grande e compianto giurista e storico del diritto, per comprendere che il diritto è “ordinamento del sociale” e a quest’ordine contribuiscono molte fonti: il legislatore nazionale e comunitario ma anche la giurisprudenza comunitaria e italiana, le autorità indipendenti, la dottrina, gli avvocati e i notai (Ritorno al diritto, Laterza, 2018; Oltre la legalità, Laterza, 2020; Prima lezione di diritto, Laterza, 2003).
Nell’ambito contrattuale, ad esempio, sin dagli anni ‘90 del secolo scorso, con la sentenza “Fiuggi” della Corte di Cassazione del 20 aprile 1994 n. 3775, e successivamente con la sentenza n. 20106 del 18 settembre 2009 sull’abuso del diritto, le due note ordinanze della Corte Costituzionale del 13 ottobre 2013 e del 26 marzo 2014 sulla questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1385 c.c. e da ultimo la sentenza n. 22437/2018 della Cassazione sulla clausola claims made, si è affermato il principio che il giudice può integrare e correggere il contratto ritenuto iniquo e sproporzionato in forza della clausola generale di buona fede legata al principio di solidarietà sociale affermato dalla Costituzione all’articolo 2.
È inutile, dunque, confidare nella forza della legge in questo ambito di fronte a un potere del giudice sempre più ampio sul contenuto dei contratti.
E lo stesso discorso vale nella materia della responsabilità sanitaria.
La legge Gelli è intervenuta opportunamente per contrastare alcune derive giurisprudenziali punitive nei confronti di medici e strutture sanitarie. Ma i principi sul nesso di causa, sul concorso di cause umane e naturali, sul consenso informato sono frutto soprattutto dell’interpretazione giurisprudenziale.

Diritto e tabelle sul danno non patrimoniale
Un’ultima considerazione sulle tabelle elaborate dai vari Tribunali.
Come ci ha insegnato Paolo Grossi, ma pure riprendendo gli scritti di Giovanni Canzio, anche le tabelle elaborate dai gruppi di lavoro sorti nell’ambito degli Osservatori sulla Giustizia Civile dei diversi Tribunali (io ho esperienza di quelli che operano nell’Osservatorio di Milano nel quale tutti i gruppi di lavoro sul danno alla persona sono coordinati e diretti da Damiano Spera) creano diritto e sono il frutto della sapienza di avvocati, magistrati togati e non, professori universitari e medici legali.
Tutte le tabelle sul danno non patrimoniale alla persona elaborate dall’Osservatorio del Tribunale di Milano sono state applicati da quasi tutti i Tribunali e hanno permesso di rendere prevedibile l’esito di una controversia contribuendo anche a prevenirne moltissime.
Questi gruppi di lavoro hanno fatto anche una nomofilachia moderna che non proviene soltanto dalla Corte di Cassazione ma è il frutto della decisione dei giudici di merito e dell’opera del ceto dei giuristi e dei medici legali.
Il paesaggio giuridico è, dunque, molto più vasto rispetto al passato e va dalla legge all’interprete, dalla giurisprudenza alla dottrina, dalla consuetudine all’attività sapienziale di magistrati, avvocati, professori universitari e medici legali che operano all’interno dei gruppi di lavoro degli Osservatori sulla Giustizia Civile dei Tribunali.
Naturalmente tutte queste fonti del diritto hanno come loro stella polare i valori e i principi che sono affermati nella nostra Costituzione.
Il diritto, in conclusione, anzi, la bellezza del diritto, riprendendo il titolo di un racconto di Piero Chiara sulla bellezza del vivere, deriva oggi dalla complessità, molteplicità e ricchezza delle sue fonti.

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