Insurance Trade

Peste suina: che cos’è e come affrontarla

La variante africana di questa malattia è una grave infezione, che colpisce gli animali, ma che non risulta essere trasmissibile all’uomo. Eppure sono molti i problemi causati da questo virus, che ha conseguenze sia per la salute pubblica sia sul piano assicurativo - PRIMA PARTE

Peste suina: che cos’è e come affrontarla
Si sente molto parlare di peste suina e la preoccupazione riguardo a questa malattia, che colpisce suini selvatici e da allevamento, si diffonde sempre di più.  Ma di quale genere di pericolo parliamo, esattamente? La PSA, o peste suina africana, è una grave infezione, molto contagiosa per gli animali colpiti che, per fortuna, non risulta essere trasmissibile all’uomo. Questa malattia è causata da un virus della famiglia Asfaviridae, genere Asfivirus, che non è in grado di stimolare la formazione di anticorpi neutralizzanti, il che rende estremamente complicato approntare contro di essa un vaccino. Il nome deriva dall’essere stata scoperta in Africa nel 1921. 
L’infezione ha cominciato a essere segnalata in Europa dopo qualche decennio e fino alla fine degli anni ’90 ha rappresentato un fenomeno del tutto sottostimato. È stata nel frattempo eradicata da diversi territori, soprattutto in Europa occidentale e, al di fuori del continente africano, è rimasta endemica soltanto nella nostra Sardegna. 
Tuttavia, nel gennaio del 2022 il Centro di referenza nazionale per lo studio delle malattie da Pestivirus e Asfivirus dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Umbria e Marche ha confermato la positività alla PSA di un cinghiale trovato morto in Piemonte, nella zona di Ovada. Successivamente, casi di malattia sono stati riscontrati in provincia di Roma e sono poi state trovate alcune carcasse infette anche in Calabria e Campania. In provincia di Reggio Calabria sono stati coinvolti da questa infezione anche due piccoli allevamenti domestici.

COME SI DIFFONDE LA MALATTIA
Come si è accennato, la PSA è una malattia altamente infettiva: i suini la contraggono attraverso il contatto con animali infetti e dunque con gli animali che pascolano all’aperto, come i cinghiali selvatici. Si diffonde per ingestione di carni o prodotti a base di carne di animali malati, scarti di cucina e rifiuti alimentari contenenti carne infetta, incluse le frattaglie, ma anche attraverso il contatto con oggetti contaminati dal virus (come veicoli e attrezzature), e perfino attraverso i morsi di zecche infette, anche se il tipo di zecca che sembra sia causa del contagio non risulta essere molto diffuso in Europa. In pratica, la circolazione di animali infetti, i prodotti a base di carne di maiale contaminata e lo smaltimento illegale di carcasse sono le modalità più rilevanti di diffusione della malattia. 
I suini mangiano veramente di tutto, come sappiamo: l’espressione ingiuriosa mangiare come un maiale deriva proprio da questo. Dunque è molto facile che i cinghiali che vivono allo stato selvatico finiscano col nutrirsi di resti di animali infetti e diffondano il virus. Quest’ultimo è dotato di una buona resistenza e può rimanere vitale anche fino a cento giorni, sopravvivendo all’interno dei salumi per mesi e resistendo alle alte temperature.  

L’ESSERE UMANO COME VEICOLO DI TRASMISSIONE
Per fortuna, questa malattia non è trasmissibile all’uomo, né attraverso il contatto diretto con gli animali malati, né per ingestione di alimenti contaminati. L’uomo, però, può rappresentare un veicolo di trasmissione, attraverso la contaminazione di veicoli, indumenti, attrezzature e cibo contenente carne suina infetta. La malattia, pur non rappresentando un pericolo sanitario per noi, ha dunque un forte impatto sul piano socioeconomico, causando ingenti perdite nel settore zootecnico. 
Le norme europee, allo scopo di eradicare e controllare la diffusione della malattia, prevedono l’abbattimento dei suini domestici nei quali è stato riscontrato il virus e il blocco della commercializzazione delle loro carni al di fuori dell’area infetta, compresa l’esportazione dei prodotti provenienti dalle aree focolaio. 
La presenza del virus nel sangue dei suini dura dai quattro ai cinque giorni: esso circola nelle cellule sanguigne, causando sintomi che conducono inevitabilmente al decesso dell’animale, spesso in tempi rapidissimi. La malattia ha effetti devastanti, con una mortalità del 90% circa sugli animali colpiti. Quelli che riuscissero a superarla, comunque, possono restare portatori dell’infezione per quasi un anno e giocano un ruolo fondamentale per la persistenza del virus nelle aree endemiche e per la sua trasmissione. 

IL GIRO D’AFFARI E I POTENZIALI DANNI ECONOMICI
Rispetto alla peste suina classica, la peste suina africana è causata da un virus a DNA a doppia elica, mentre la prima è portata da un virus a RNA a singola elica, appartenente alla famiglia Flaviviridae, genere Pestivirus, assai meno letale. La sintomatologia nelle forme acute è uguale nelle due malattie e per tale motivo, se si dovessero riscontrare sintomi sospetti nei suini allevati, è necessario informare il servizio veterinario competente e procedere con gli opportuni accertamenti diagnostici. Nel nostro paese, il danno economico conseguente all’esportazione dei prosciutti e di altri salumi e insaccati, riconosciuti e apprezzati in tutto il mondo, può essere gravissimo. Soltanto in Emilia-Romagna esistono circa 1.200 allevamenti, con oltre un milione di capi e una produzione lorda stimata in oltre 300 milioni di euro. Nell’area territoriale veterinaria di Castelnovo ne’ Monti, che pare comprenda comuni con un’altissima presenza di cinghiali, esistono circa 14 allevamenti da ingrasso e otto da riproduzione.
I prodotti a base di carne Dop e Igp hanno un valore alla produzione di poco meno di due miliardi di euro e un valore al consumo pari a 4,98 miliardi. L’export vale circa 600 milioni di euro. Il 53% del fatturato nazionale relativo ai prodotti a base carne Dop e Igp derivante dalla filiera è attribuibile all’Emilia Romagna. Ora, a causa della chiusura di alcuni mercati si calcolano perdite per almeno 20 milioni al mese per le mancate esportazioni.

SICUREZZA: IL PIANO NAZIONALE E LA SORVEGLIANZA PASSIVA
È quindi fondamentale cercare di evitare che la malattia si diffonda negli allevamenti, rispettando le norme di sicurezza previste nel piano nazionale varato a questo scopo e la sorveglianza passiva, soprattutto a livello domestico. 
Il piano opera in particolare per combattere la possibilità di contatto con gli animali selvatici, che, come abbiamo visto, sono responsabili del mantenimento del virus nell’ambiente e della sua diffusione, anche perché i cinghiali sono in grado di coprire giornalmente distanze anche lunghissime. Sono inoltre estremamente importanti la pulizia e la disinfezione da effettuare nelle aziende colpite e una corretta gestione delle norme igienico-sanitarie del personale addetto. 
Il ministero della Salute raccomanda a tutti i cittadini di informare il servizio veterinario dell’Asl competente sul territorio o la Polizia Municipale, perché possano essere tempestivamente attivate le procedure diagnostiche e si proceda allo smaltimento sicuro delle carcasse che venissero rinvenute. È possibile contribuire a diffondere l’infezione involontariamente, lasciando rifiuti alimentari in aree accessibili ai cinghiali, ad esempio. Ed è inutile sottolineare come questi animali siano ormai presenti ovunque, anche nelle città e sulle spiagge.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Articoli correlati

I più visti