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I rami elementari non vanno. Che fare?

I risultati delle imprese nell’anno trascorso, ci dicono grosso modo in quanti centimetri d’acqua naviga il settore sul fronte squisitamente assicurativo/produttivo e su quello finanziario. Le opinioni, a dir la verità, sono discordanti. Alcuni sostengono sia stato un anno buono, altri meno, altri ottimo.
I giornalisti, a secondo delle singole vedute e dell’esperienza, hanno la capacità di modificare i contenuti.
C’era un assicuratore vero, operatore del settore, ad di un’importantissima e vecchia compagnia, grande conoscitore del mercato, tutt’ora in pista, che sosteneva, a mio parere con ragione, che bilanci bisogna saperli leggere… Essi si modificano, miracolosamente, a seconda dell’interpretazione che gli si vuole dare.

L’Ania ha reso noto i dati consuntivi relativi alla raccolta premi 2015. Il dato complessivo della raccolta segna un andamento positivo (+3%), e un fatturato di oltre 155 miliardi di euro. Di questi, ben 118 sono classificabili sotto la voce rami vita che, a fronte di un’economia in profonda crisi, ha fatto comunque registrare un +4,5% rispetto all’esercizio precedente. Escludendo le due compagnie specializzate che occupano la prima posizione, Poste Vita (+17,6%) e Intesa Sanpaolo Vita (-1,3%), la prima compagnia generalista a comparire nella classifica è Generali, che ha aumentato la propria raccolta dello 3,5%; segue UnipolSai che però ha dovuto registrare un -7,5%. Nelle prime 10 posizioni, che raccolgono il 59,4% del totale del mercato, compaiono tre compagnie della galassia Generali che raccolgono circa 20.000 milioni di euro contro i 18.145 milioni dei Poste Vita.

Nei rami danni le compagnie incassano 38 miliardi di euro con un segno negativo dell’1,5%. Sul gradino più alto del podio troviamo UnipolSai che dichiara un pesante decremento (-13,1%); a seguire Generali con un -3,9%. Allianz avanza come un bulldozer verso importanti performance un po’ su tutti i fronti, non solo sul piano del puro incremento economico, ma anche organizzativo, dell’innovazione digitale, trasformando piano piano l’intero settore. I risultati per la compagnia tedesca sono di consistente segno positivo (+13,4%).
Non è dato sapere quanto pesi il -13,1% di Unipol e il +13,4% di Allianz: conseguenza dell’operazione di cessione di una parte della rete ex Fonsai? Teoricamente, le due performance di segno opposto dovrebbero essere estranee a operazioni di travasi, visto che ambedue le parti si erano impegnate a evitare la cannibalizzazione dei portafogli per un lungo periodo. Potrebbe trattarsi (è solo un’ipotesi) di scosse di assestamento. Certo che tutti i cambiamenti di UnipolSai degli ultimi venti mesi non pare abbiano giovato all’immagine della compagnia. A tutto questo, va anche aggiunto il cambiamento tout court del management: mi riferisco al grande assente, Franco Ellena, la cui conoscenza dell’azienda e degli uomini che ne facevano parte era pari a quella di casa sua. Forse da qui nasce la prima falla.

Nelle posizioni a seguire troviamo un’altalena di segni negativi e positivi: Cattolica -4,5% (con le controllate Tua e Fata, che segnano rispettivamente un +5,9% e un -5,2%, praticamente mandano quasi a pareggio i dati); Vittoria (+3,5%) che prosegue nella sua politica aggressiva della stariffazione quasi sistematica;  Genialloyd (decimo posto della classifica) +9%; Aig Europe +16%.
Intesa Sanpaolo Assicura dichiara un importante +36% e una raccolta di 284 milioni di euro. Interessante il dato di AmTrust Italia (+35,5%) con 260 milioni di euro.

Una visione d’insieme dei due macro rami evidenzia come nel vita si presenti, per quasi tutte le compagnie, un segno positivo; fanno eccezione quelle compagnie che hanno dismesso accordi di partnership con banche o che hanno deciso di uscire dal ramo.
Diversa la situazione nei ramo danni. Performance di tutto rispetto, se rapportati ad altri risultati, sempre bassi, tenendo conto a tutt’oggi la carenza, ormai cronica, degli assicurati italiani nei rami elementari, anche per i prodotti meno  complessi, il cui risultato dà sempre un segno in rosso.
Evidente che vi è un grande fermento, un importante movimento di portafogli che migrano da una compagnia all’altra; si pensi che nei primi 50 posti della classifica (dove troviamo le compagnie che raccolgono premi dai 100 milioni in su e rappresentano il 94% del totale), 26 compagnie dichiarano un segno positivo (11 con incrementi a due cifre).

Quali considerazioni si possono trarre da tutto questo?
Certo non ottimistiche. Il pensiero corre inesorabilmente al ddl Concorrenza, e al voler vietare il tacito rinnovo per i contratti danni non auto. A mio parere sarà, nell’arco di un quinquennio, una debacle.
Il ramo vita rimane saldamente in mano alle banche, se si fa eccezione per Generali e, oltre la decima posizione, UnipolSai e Allianz.
I rami danni, invece, restano patrimonio degli intermediari tradizionali e incomincerà a diventare un vero problema se anche il loro modus operandi non andrà modificandosi, velocissimamente, con l’immancabile aiuto delle loro mandanti. Gli intermediari devono svecchiare il loro modo di vedere questo loro mondo, l’organizzazione interna, la gestione, il capitale umano di cui si servono.
Ad esempio, l’up-selling è una tecnica di vendita che mira a offrire al consumatore qualcosa di maggior valore rispetto alla sua scelta d’acquisto iniziale. Il cross-selling consiste nell’aumentare il valore dello scambio, mettendo a disposizione prodotti e servizi in qualche modo collegati con la scelta d’acquisto iniziale, rendendola più completa. Semplici tecniche di vendita, tanto care al marketing vero.
Potrà mai crescere il settore dei rami elementari con il solo sistema retail, abbastanza scarno, immodificabile, e privo di quelle vere garanzie che possono inderogabilmente tutelare i potenziali assicurati, aggiungendo quel quid in più che  personalizzerebbe la  polizza? Tutti sappiamo che oggi gli utenti, sono più preparati.
Le imprese hanno coscienza che anche il loro futuro è nelle mani delle reti di vendita?
La responsabilità di questo rosso è degli agenti e broker o, viceversa, delle imprese che non solo non comprendono la potenzialità delle loro reti ma, cosa ancor più grave, non le sanno istruire in chiave moderna? Tutti autodidatti, anche le eccellenze. Non si può risolvere la vera formazione con quattro prodotti non di rado lacunosi.

Per quanto riguarda il resto del mercato, pochissime le compagnie che hanno un segno più: tra queste Genialloyd (+8,2), Tua (+9,3) e poche altre eccezioni.
In mezzo a tutto questo, se le compagnie comunque dichiarano utili stratosferici (malgrado i decrementi?), gli intermediari soffrono e non sono pochi quelli che stanno meditando di cambiare professione o di passare alla sezione E, almeno nella speranza di ridurre drasticamente i costi di gestione che, di contro, lievitano costantemente. È un problema così difficile da risolvere?


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